Coop: basta con gli antibiotici nelle carni e nelle uova

Coop: basta con gli antibiotici nelle carni e nelle uova

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Garantire che sugli scaffali del supermercato si trovino d’ora in poi solo carne e uova senza antibiotici: è l’obiettivo della campagna della Coop Alleviamo la salute, messa in atto per contrastare la cosiddetta «antibiotico-resistenza», causa di almeno 700 mila morti nel mondo ogni anno (e con previsioni di un vertiginoso aumento: fino a 10 milioni nel 2050). L’iniziativa, realizzata in collaborazione con il ministero delle Politiche agricole e forestali, è stata presentata ieri a Roma alla presenza del ministro Maurizio Martina, dei vertici della Coop e delle principali aziende fornitrici del colosso della grande distribuzione, chiamate tutte a collaborare.

La campagna Alleviamo la salute coinvolgerà ogni anno più di 1600 allevamenti e 14 milioni di capi, con l’obiettivo di migliorare la qualità delle carni e dei prodotti animali presenti sugli scaffali dei 1.110 punti vendita Coop, destinati ai suoi 8,5 milioni di soci e ai clienti quotidiani.

«I primi risultati di questo impegno – ha spiegato la Coop presentando la campagna – sono già presenti in alcuni prodotti sugli scaffali dalla fine del 2016. Ora è la volta di una nuova linea di pollo, con 10 milioni di capi, mentre a giugno arriveranno le uova provenienti da 1,3 milioni galline allevate a terra senza antibiotici. Un impegno imponente che oltre al pollame coinvolgerà le filiere bovine e suine».

La farmaco-resistenza, e in particolare la resistenza dei batteri agli antibiotici, è già presente in natura, spiega un rapporto di un’equipe di accademici – «Antibiotico resistenza e uso razionale degli antibiotici nelle filiere zootecniche» (coordinato dai professori R. Pascarelli e C. Faenza) – realizzato per conto della stessa Coop. L’uso che se ne fa negli allevamenti, però – spesso non solo per contrastare le malattie, ma anche per stimolare la crescita (pratica vietata nella Ue fin dal 2006, ma non in altri paesi da cui magari rischiamo di importare carni) – rafforza le resistenze, e questa caratteristica passa dagli animali all’uomo. E così, mangiando carni e uova di animali cresciuti ad antibiotici, noi stessi possiamo sviluppare una resistenza agli antibiotici: con conseguenti rischi, facilmente comprensibili, quando poi li utilizziamo per curarci.

Non si può pensare di eliminare completamente l’uso degli antibiotici dagli allevamenti – e non è nemmeno auspicabile, perché se usati correttamente servono a curare gli animali ammalati – ma bisogna ridurli al minimo. Per farlo, si devono creare quelle condizioni di bio-sicurezza (a partire dall’igiene e dalla cura costante degli allevamenti, con giusta aerazione e spazi adeguati) che evitano il diffondersi dei batteri e delle malattie.

Si potrà assicurare così, spiegano alla Coop, che l’animale e il prodotto che arriva sullo scaffale sia «privo di antibiotici», «riservando l’uso di farmaci ai soli animali che poi non finiranno nella catena alimentare destinata all’uomo».

«Partiamo dagli allevamenti – ha spiegato il presidente di Coop Italia, Marco Pedroni – perché generando azioni virtuose su questi si arriva a prodotti migliori a scaffale e quindi al consumatore. Riduciamo l’antibiotico-resistenza per mantenere l’efficacia delle cure mediche sull’uomo».

Allevamenti con telecamere per controllare da remoto il benessere degli animali, stop ai mangimi ogm. Galline allevate tutte a terra. Pratiche che la Coop ha deciso negli anni di avviare, e che vengono puntualmente segnalate in etichetta e nelle campagne pubblicitarie. Scelte che, in termini di maggiori costi tra controlli e certificazioni, valgono oltre 13 milioni di euro ogni anno.

«La politica di Coop è sempre stata quella di avere al suo fianco fornitori consapevoli e coinvolti in processi produttivi e gestionali rigorosi», ha spiegato Maura Latini, direttrice generale Coop Italia. Stefano Bassi, presidente Ancc-Coop (l’associazione delle Cooperative di consumatori) ha segnalato l’iniziativa «Allevamenti Aperti», che i soci Coop potranno visitare.

«È un progetto virtuoso che deve diventare “contagioso”, per questo invitiamo altre realtà a fare anche di più», ha commentato il ministro Martina, ricordando che sono già undici le regioni che lavorano in ambito dei Psr (Piani di sviluppo rurale) per innalzare lo standard del benessere animale, muovendo 150 milioni di euro di risorse.

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