Donald Sassoon: «Il successo di Corbyn, nonostante tutti»

Donald Sassoon: «Il successo di Corbyn, nonostante tutti»

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LONDRA. Abbiamo chiesto a Donald Sassoon, professore emerito di storia europea comparata al Queen Mary College, University of London, raggiunto telefonicamente in Francia, di condividere le impressioni a caldo sulla straordinaria nottata di giovedì.

Cosa pensa di quest’esito elettorale?
È il miglior risultato che realisticamente ci si potesse aspettare. Era fuori discussione che il Labour potesse conquistare una maggioranza assoluta. È straordinario che la campagna di Corbyn abbia avuto successo nonostante lui avesse contro quasi tutto il gruppo parlamentare del partito, che ha “approfittato” della sconfitta di David Cameron al referendum per votare una mozione di sfiducia nei confronti del segretario. Poi gli hanno mandato un candidato sconosciuto contro, che la base ha rifiutato immediatamente. Poi è descritto da tutta la stampa come un trotzkista mezzo pazzo. Ha avuto un risultato positivo nonostante tutto questo. Si è proposto come una figura alternativa. Certo, ha 68 anni. Potrebbero sì esserci le elezioni fra sei mesi, non sappiamo, ma qualora fossero fra cinque anni, deve creare il suo successore, qualcuno che per il momento è ancora sconosciuto. E che possa succedergli entro i prossimi due anni: non è pensabile che una persona di quell’età, diventi premier nel 2022.

E i Tories sono di nuovo nel caos.

Theresa May va alle elezioni anticipate con un vantaggio che secondo la maggioranza dei sondaggi e di ben venti punti, che equivalgono a più di 100 seggi di maggioranza; lo fa con molta esitazione perché prudente, dopo aver detto che non avrebbe convocato elezioni anticipate. E con lo slogan ripetuto incessantemente della leadership «forte e stabile» per poter negoziare con l’Ue. Invece il governo Tory di oggi è debolissimo. E questo potrebbe voler dire che si barricherà in una posizione di hard Brexit per un anno e mezzo. Il Paese resterebbe senza un accordo. May si troverà a negoziare in una posizione di minoranza e con i conservatori senza una direzione precisa. I laburisti e gli altri continueranno a chiederne le dimissioni, mentre la fronda interna dei conservatori non potrà che aumentare.

Magari usando l’Evening Standard diretto da Osborne come organo ufficiale.

Diciamo ufficioso, visto che il buon George non le perdonerà tanto facilmente di averlo fatto fuori.

Com’è possibile che questo partito che ha espresso in sequenza ravvicinata i due peggiori leader del secondo dopoguerra continui a essere il primo partito?

Dipende dal sistema elettorale. Se ci fosse il proporzionale, sarebbe un partito di minoranza. È anche vero che i laburisti hanno perduto la Scozia che era la loro roccaforte e lì la partita è fra loro e il Snp. Senza la Scozia il laburisti non avrebbero mai potuto formare un governo dopo il 1945, sarebbe un po’ come se il Pci avesse perduto 30 anni fa Emilia, Umbria e Toscana. I Tories hanno conquistato pezzi della Scozia non nazionalista, e recuperato il voto Ukip. Ma la cosa più preoccupante è a lungo termine, cosa che i politici non considerano mai: il voto giovanile. Ormai non si ragiona più in termini di classe ma di generazioni e regioni. Se i giovani che non volevano la Brexit avessero votato come gli anziani, la si sarebbe evitata. Dunque nel lungo periodo il cambiamento demografico farà si che i conservatori non abbiano più molte chances. Direi anche che la distribuzione dei seggi favorisce i laburisti. Se ci fosse – e con ogni probabilità ci sarà – una riorganizzazione dei collegi elettorali questo giocherà a favore del Labour.

L’uninominale secco ha prodotto due parlamenti senza maggioranza. Vede possibile una riforma costituzionale che introduca il proporzionale?

Fino a oggi avrei detto che è improbabile giacché per cambiare il sistema bisognerebbe che i due maggiori partiti che godono proprio dei vantaggi del sistema attuale decidessero contro i propri interessi impedendo che un unico partito conquisti la maggioranza. È stato sempre questo l’ostacolo più grande. Sono sempre stati partiti piccoli avere questo interesse. Se uno considera che i Verdi hanno ottenuto un unico seggio con 500.000 voti… ma se dovesse esserci un clima di instabilità cronica non solo questa ma anche la prossima volta si potrebbero aprire spiragli verso un sistema meno sproporzionato di quello di oggi.

Con i Tories spietati e avidi di potere potrebbe esserci il regicidio di May.

In questo sono specializzati, ma si troverebbero di fronte a un compito difficilissimo se eliminassero May. Si torna alle urne tra sei mesi con un nuovo leader? Boris Johnson potrebbe essere il Trump inglese, ma anche no. Potrebbe portare il partito a una vera sconfitta.

Corbyn e il Labour: è il momento delle scuse.

È il seppellimento del blairismo. Ma i partiti laburisti sono due: quello degli iscritti e quello parlamentare. La base è cresciuta enormemente e ora sarà galvanizzata. Nel Parliamentary Labour Party (Plp) alcuni si metteranno l’anima in pace e coopereranno, altri forse riconosceranno, dalla bolla di Westminster, di non aver capito il loro partito e nemmeno il paese. La polemica con Corbyn non era tanto ideologica, lo accusavano di non poter vincere: e lui ha preso non solo più voti di Ed Miliband ma anche del Tony Blair delle ultime due vittorie Labour. I casi sono due: o gli elettori hanno votato un partito e non un leader, oppure il personaggio Corbyn li ha affascinati perché ha rifiutato di attaccare l’avversario, di racimolare voti a destra ammiccando alla City. Insomma, la terza via blairiana è stata del tutto rifiutata. Di questo devono farsi una ragione. Ma secondo me non se ne sono per nulla resi conto. Perché la maggioranza dei parlamentari laburisti è composta da incapaci.

FONTE: Leonardo Clausi,  IL MANIFESTO



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