Basi NATO. Per il Sud un Hub di guerra a Napoli

Basi NATO. Per il Sud un Hub di guerra a Napoli

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Nato. La ministra Pinotti ha annunciato ieri la realizzazione di una grande opera a Napoli: l’Hub per il Sud che costituirà la base operativa per la proiezione di forze terrestri, aeree e navali

L’annuncio non poteva essere di quelli più ufficiali, «efficaci» e pesanti: è infatti arrivato dalla ministra italiana della Difesa Roberta Pinotti, nell’incontro bilaterale col capo del Pentagono, «cane pazzo»James Mattis, che si è svolto, in pompa magna, martedì a Washington.

Chi dice che scarseggiano gli investimenti nel Mezzogiorno? La ministra Pinotti ha annunciato ieri la realizzazione di una grande opera a Napoli: l’Hub per il Sud.

Dopo l’incontro con il capo del Pentagono James Mattis, martedì a Washington, ha dichiarato: «Siamo soddisfatti che sia stata accolta la nostra richiesta di trasformare il Comando Nato di Napoli in Hub per il Sud».

Il comando di cui parla è il Jfc Naples, il Comando della Forza congiunta alleata con quartier generale a Lago Patria (Napoli), agli ordini dell’ammiraglia statunitense Michelle Howard che, oltre ad essere a capo del Comando Nato, è comandante delle Forze navali Usa per l’Europa e delle Forze navali Usa per l’Africa.

I tre comandi di Napoli, sempre agli ordini di un ammiraglio statunitense nominato dal Pentagono, hanno un’«area di responsabilità» che abbraccia l’Europa, l’intera Russia, il Mediterraneo e l’Africa. La guerra alla Libia nel 2011, con il determinante contributo italiano – adesso Renzi dice che «fu un errore» -, è stata diretta dalla Nato attraverso il Jfc Naples.

Sempre da Napoli sono state condotte le operazioni militari all’interno della Siria. Questa è la prima causa del drammatico esodo di profughi e della «crisi dei migranti che l’Italia sta vivendo quasi in solitudine», come l’ha definita a Washington la ministra Roberta Pinotti quasi che fosse una maledizione caduta dal cielo.

Il nuovo Hub per il Sud, rientrante anch’esso nella catena di comando del Pentagono, costituirà la base operativa per la proiezione di forze terrestri, aeree e navali. Le forze e le armi necessarie saranno fornite dall’intera rete di basi Usa/Nato in Italia, in parricolare Aviano, Camp Darby, Gaeta, Sigonella, Augusta, mentre la stazione Muos di Niscemi e altre si occuperanno delle comunicazioni.

Per tali operazioni, che la Nato definisce «proiezione di stabilità oltre i nostri confini», è disponibile la Forza di risposta della Nato, aumentata a 40 mila uomini, in particolare la sua Forza di punta, che può essere proiettata in 48 ore «ovunque in qualsiasi momento».

James Mattis, non a caso soprannominato «cane pazzo» per via di tutte le guerre che a testa bassa ha fatto, ha ringraziato l’Italia sia per la sua «ospitalità verso oltre 30.000 militari, impiegati civili e familiari statunitensi», sia per la sua importante cooperazione nell’affrontare le «minacce alla sicurezza nel Mediterraneo, in Medioriente e Africa».

La Pinotti ha prospettato, tra l’altro, la possibilità di estendere i compiti dei 1400 militari italiani in Iraq, anche in funzione di addestramento a Raqqa.

Riguardo all’Hub per il Sud la ministra ha annunciato, con soddisfazione, che «nell’ultima riunione ministeriale Nato si sono già individuate le risorse per la sua realizzazione». Non le ha però quantificate. Si possono comunque stimare in miliardi di euro, con una notevole parte a carico dell’Italia.

Solo la costruzione del nuovo quartier generale del Jfc Naples, inaugurato nel 2012 a Lago Patria (85 mila metri quadri coperti espandibili, in cui lavorano 2500 militari), è venuto a costare circa 200 milioni di euro. Tutto denaro pubblico, che va ad aggiungersi alle spese Nato per la «Difesa» in continuo aumento (quella italiana è stimata in una media di circa 70 milioni di euro al giorno).

Al Jfc Naples, annuncia la Pinotti, si sta implementando il personale perché, diventando Hub per il Sud, il comando deve assumere anche la capacità di «ricostruire Stati falliti». Lavoro a ciclo continuo: dopo aver trasformato la Libia in «Stato fallito» demolendola con la guerra, ora lo stesso comando va a «ricostruirla».

FONTE: Manlio Dinucci, IL MANIFESTO



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