Giordania. Agguato all’ambasciata israeliana ad Amman

Giordania. Agguato all’ambasciata israeliana ad Amman

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GERUSALEMME Lo Stato Maggiore israeliano avverte che questa volta la rivolta palestinese ha profonde motivazioni religiose. Il simbolo della moschea Al Aqsa sta già aizzando le reazioni dei musulmani in tutto il mondo. Come ad Amman dove un giordano — avrebbe 17 anni — è stato ucciso dopo aver accoltellato un israeliano che lavora all’ambasciata: ferito grave, sarebbe una delle guardie della rappresentanza. Ucciso anche un altro giordano. Re Abdallah è il garante di quello che è il terzo luogo più sacro dell’Islam e sta cercando di mediare una soluzione alla crisi, mentre gli estremisti nel Paese premono perché rompa i rapporti diplomatici con Israele.

Chi ha già deciso di tagliare i contatti è Abu Mazen. Il presidente palestinese ha annunciato di aver congelato anche il coordinamento tra le forze di sicurezza — non era mai successo prima —, quel dialogo tra ufficiali che fino ad ora ha permesso di limitare gli scontri in Cisgiordania, dove l’esercito israeliano ha arrestato 29 membri di Hamas: il movimento fondamentalista vuole approfittare della debolezza di Abu Mazen.

L’avanguardia della protesta resta la parte Est di Gerusalemme, le strade attorno alla Città Vecchia e alla Spianata, che gli ebrei venerano come il Monte del Tempio: gli arabi della città continuano a rifiutarsi di passare attraverso i metal detector per andare a pregare. I varchi elettronici sono stati posizionati dopo l’attentato di undici giorni fa, due poliziotti uccisi. Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, ha riunito ancora una volta il consiglio di sicurezza per decidere se lasciare o rimuovere i metal detector. Che per ora restano davanti all’ingresso principale per i musulmani verso la Spianata.

Telecamere con il riconoscimento facciale sono state installate nella stessa area, ma i leader del Waqf, l’organismo religioso che amministra la Spianata, hanno già proclamato di essere contrari a qualunque apparecchio di controllo imposto dagli israeliani. Le telecamere non sembrano il compromesso per disinnescare le violenze, i palestinesi ammazzati negli scontri sono quattro, tre israeliani sono stati massacrati a coltellate in una colonia in Cisgiordania.

La differenza con altre crisi del passato è che gli americani non stanno intervenendo come negoziatori per ottenere il ritorno alla calma. A parlare e pregare resta papa Francesco: «Sento il bisogno di esprimere un accorato appello alla moderazione e al dialogo», ha detto ieri durante l’Angelus .

FONTE: Davide Frattini, CORRIERE DELLA SERA



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