Istat, il Pil italiano prende la rincorsa ma resta l’ultimo della classe

Istat, il Pil italiano prende la rincorsa ma resta l’ultimo della classe

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Balzo in alto del Pil nel secondo trimestre 2017, con la crescita tendenziale più alta da sei anni a questa parte: +1,5% annuale (sullo stesso periodo del 2016) e +0,4% congiunturale (sul primo trimestre 2017). Le ultime rilevazioni Istat premiano il governo Gentiloni – che infatti esulta, insieme a Matteo Renzi e al Pd – ma l’Italia resta fanalino di coda dell’Eurozona, cresciuta rispettivamente secondo Eurostat del 2,2% e dello 0,6%. Le opposizioni infatti attaccano, e i sindacati chiedono un maggiore sforzo su investimenti pubblici e privati, giovani e lavoro.

Il nostro Pil resta comunque ancora 6 punti percentuali sotto rispetto ai livelli pre-crisi, nota l’Istat: nel primo trimestre del 2008, infatti, il prodotto interno lordo trimestrale aveva raggiunto il massimo dell’espansione a 424,824 miliardi di euro e le ultime stime preliminari lo indicano a 397,458 miliardi nel secondo trimestre 2017.

PER L’INTERO 2017 sembrano confermarsi però le rosee previsioni di diversi istituti, dall’Fmi (1,3%) alla Banca d’Italia (1,4%), perché secondo i numeri diffusi ieri la crescita acquisita (già garantita a bocce ferme, a meno di catastrofi economiche) è pari all’1,2%, mentre se nella seconda metà dell’anno si ripetesse il trend della prima saremmo al +1,5%. Ben oltre, dunque l’1,1%, preventivato dal governo nel Def di primavera.

Esulta il presidente del consiglio Paolo Gentiloni, che twitta: «#Istat crescita 2017 prevista a +1,5%. Meglio delle previsioni. Una buona base per rilanciare economia e posti di lavoro». Vede rosa anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: «Nel secondo trimestre dell’anno il Pil è aumentato rispetto al trimestre precedente per la decima volta consecutiva – nota – È il tasso di crescita economica più sostenuto dall’inizio della crisi». «Disponiamo di poche risorse», ha aggiunto Padoan, spiegando che verranno impiegate per «incentivare le assunzioni dei giovani, agevolare gli investimenti privati e pubblici, potenziare gli strumenti contro la povertà».

MA È DA MATTEO RENZI che vengono i toni più trionfalistici: «I dati Istat di oggi smentiscono i gufi. Ma non basta dire che i #millegiorni hanno rimesso in moto l’Italia: ora bisogna andare #avanti», twitta l’ex capo del governo e segretario del Pd. Gli fa eco, dalle stanze di Palazzo Chigi, la sottosegretaria alla presidenza del consiglio, Maria Elena Boschi: «Quando siamo partiti l’Italia aveva il segno meno davanti e il Pil era negativo. Con i #MilleGiorni è tornata la crescita. Oggi niente polemiche: ciò che abbiamo fatto semplicemente serviva all’Italia».

«Rimaniamo in coda tra i paesi nostri concorrenti – nota polemico Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera – Esiste il serio rischio che adesso si annunci una manovra molto di spesa e che lasci ai prossimi governi l’onere dell’aggiustamento». «Davvero eccessivo ed evidentemente propagandistico l’entusiasmo che ha contagiato i dirigenti del Pd per i dati Istat – scrive Giulio Marcon, capogruppo dei deputati di Sinistra Italiana-Possibile – Ricordiamoci che in realtà tutti i Paesi Ue crescono e noi tuttavia cresciamo meno di Francia, Spagna e Germania. E non sarebbe neanche male ricordarsi che nel 2007 il Pil era 6 punti più alto e la disoccupazione era al 6% mentre oggi è all’11%».

DECISAMENTE ECLETTICA la lettura dei dati da parte della pentastellata Barbara Lezzi – vicepresidente Commissione Bilancio del Senato – che in una diretta Facebook ha imputato la crescita del Pil al fatto che «in giugno c’è stato molto più caldo»: «Il consumo di energia rispetto a giugno 2016 è aumentato», perciò i numeri sarebbero andati su a causa di «un maggiore uso dei climatizzatori».

Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, parla di dati «oggettivi e incontestabili, effetto combinato di politiche economiche coerenti e della capacità di reazione di gran parte dell’industria».

«I DATI SUL PIL sono incoraggianti, ma resta ancora molta strada da fare», nota più cautamente il segretario Uil Carmelo Barbagallo, che chiede a governo e imprese di «rinnovare i contratti, a partire da quello pubblico», «investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, un accordo sulla previdenza e una riforma fiscale redistributiva e orientata al lavoro».

FONTE: Antonio Sciotto, IL MANIFESTO

 



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