Lo sciopero dei 16mila lavoratori tessili di Mahalla al-Kubra contagia l’Egitto

Lo sciopero dei 16mila lavoratori tessili di Mahalla al-Kubra contagia l’Egitto

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Cresce e si espande la lotta degli oltre 16mila lavoratori tessili della Misr Spinning and Weaving Company, a Mahalla al-Kubra, ormai al tredicesimo giorno di sciopero. Negli ultimi giorni l’azienda per rappresaglia ha imposto il distacco della corrente elettrica agli stabilimenti presidiati 24 ore su 24 dagli operai e, nonostante la mediazione di diversi parlamentari, si è rifiutata di negoziare qualsiasi soluzione fino a quando non sarà ripresa la produzione.

Per contro, negli ultimi giorni migliaia di operai sono usciti più volte in corteo dalla fabbrica per protestare sotto gli edifici della direzione aziendale, raggiunti da un gran numero di familiari e concittadini solidali. Tra gli slogan il grido «Ladri! Ladri!», riferito ai dirigenti che vorrebbero negare gli aumenti adducendo presunte perdite nei bilanci. Alcuni portavano in spalla una bara a rappresentare simbolicamente il presidente della società, di cui chiedono le dimissioni. Gli operai rivendicano il pagamento di un bonus equivalente al 10% del salario (stabilito per decreto presidenziale) e altri aumenti per far fronte all’inflazione, che ha superato il 20% annuo.

Mustafa Bassiouni, attivista e giornalista, ha rimarcato l’enorme importanza di uno sciopero di questa portata in un contesto in cui le lotte sociali subiscono una dura repressione, che negli ultimi mesi ha portato ad abortire numerosi tentativi di scioperi, anche a Mahalla. Fatma Ramadan, storica attivista sindacale, in un articolo di qualche giorno fa sul portale di sinistra bel-Ahmar ha sottolineato un cambio di strategie nella mobilitazione per far fronte a nuove più difficili condizioni. A differenza del passato, evidenzia Ramadan, questa volta gli operai hanno scelto di mantenere la loro postazione in fabbrica per tutta la durata del turno. Altrettanto innovativa la scelta di non far esporre pubblicamente i leader dello sciopero, per evitare possibili ripercussioni.

Lo sciopero riguarda il più grande distretto tessile dell’Egitto e di tutto il Medio Oriente. Stabilito al centro del Delta agricolo egiziano, rappresenta da decenni non solo il cardine della moderna industrializzazione del paese, ma anche il punto focale di alcune delle lotte operaie più importanti nella storia dell’Egitto. Mahalla, con la sua grande massa di lavoratori e lavoratrici (una buona parte oggi sono donne), ha spesso stimolato e trainato mobilitazioni in tutto il paese.

È la stessa Fatma Ramadan a notare come questo sciopero, a differenza che in passato, stia subendo una censura quasi totale nei media egiziani. Persino gli esponenti di governo stanno tenendo un profilo bassissimo sulla questione. Anche le forze di sicurezza hanno evitato finora provocazioni, considerando il rischio di scontri nei quartieri operai che circondano le fabbriche. «La paura è che si ripeta quello che è successo nel 2006», quando uno sciopero a Mahalla diede avvio a una lunga stagione di lotte sociali in tutto il paese. Il pericolo è «che gli operai capiscano che la loro unica arma è lo sciopero e il contagio si diffonda come un virus». Della stessa opinione Bassiouni, che scrive: «La vittoria dello sciopero sarà una prima vittoria contro queste politiche economiche e un catalizzatore per altra resistenza».

E infatti pochi giorni fa la rivendicazione del bonus è stata fatta propria anche dai 3mila operai di un’altra azienda tessile di Mahalla, la Al-Nasr Dyeing and Processing, anch’essi in sciopero. Attestati di solidarietà e appoggio sono arrivati anche da decine di partiti, sindacati e organizzazioni della società civile, che guardano con grande speranza alla capacità di resistenza di Mahalla. Una petizione online in sostegno dello sciopero ha raccolto in poche ore centinaia di firme. E l’altroieri in solidarietà con Mahalla hanno annunciato un’ora di stop lavoratori da ogni parte dell’Egitto: Alessandria, Kafr al-Dawwar, Ameriya, Assiut, Sohag, Qena, Damietta. Scioperano anche i ferrovieri, che denunciano le gravissime condizioni tecniche dei treni dopo il terribile incidente di Alessandria.

FONTE: Pino Dragoni, IL MANIFESTO



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