Missile nordcoreano sorvola il Giappone. Trump: «Aperti a ogni opzione»

Missile nordcoreano sorvola il Giappone. Trump: «Aperti a ogni opzione»

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Intorno alle sei di mattina di ieri, ora locale in Asia Orientale, un missile balistico nordcoreano ha sorvolato l’isola di Hokkaido, infrangendosi a 1.180 km a est delle coste giapponesi dopo un volo di 14 minuti.

Si tratta di una tra le più gravi provocazioni di Pyongyang nella storia recente, ennesimo segnale che la tensione intorno alla penisola coreana non sembra destinata a scemare in tempi brevi.

Secondo le prime analisi, si sarebbe trattato di un missile a gittata media Hwasong-12, lo stesso tipo già lanciato dalla Corea del Nord lo scorso 14 maggio, e avrebbe coperto oltre 2.700 km toccando un massimo di 550 km di quota: una traiettoria decisamente più piatta del solito e, per questo, più minacciosa.

Dopo appena quattro minuti dal lancio il governo giapponese ha inviato un messaggio d’allarme ai telefoni cellulari dei cittadini nel nord del paese intimando di mettersi al riparo, mentre l’emittente nazionale Nhk dava aggiornamenti circa la traiettoria del missile, spiegando che i sistemi di contraerea erano pronti ad abbattere il razzo se avesse rappresentato una minaccia per la popolazione.

È la terza volta che il Giappone viene sorvolato da un missile nordcoreano – era già successo nel 1998 e nel 2009 – ma mai ad un’altezza così ridotta e, soprattutto, mai di una tipologia che, per gli analisti, sarebbe in grado di trasportare una testata nucleare potenzialmente fino in territorio statunitense.

Durissima la reazione del governo giapponese. Il primo ministro Shinzo Abe ha parlato di una «minaccia grave e senza precedenti», auspicando un «aumento della pressione sulla Corea del Nord in cooperazione con la comunità internazionale».

«Il mondo ha ricevuto forte e chiaro l’ultimo messaggio della Corea del Nord – si legge in un comunicato della Casa bianca firmato dal presidente Trump – Azioni minacciose e destabilizzanti di questo tipo non fanno che isolare ulteriormente la Corea del Nord dal resto della regione e delle nazioni del mondo. Tutte le opzioni sono sul tavolo».

Dopo un colloquio telefonico di 40 minuti tra Abe e Trump, Giappone e Stati uniti hanno chiesto ufficialmente una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per discutere degli sviluppi nell’area, meeting che si sta tenendo mentre scriviamo.

Il Consiglio, all’inizio di agosto, aveva varato un pacchetto di sanzioni economiche contro il regime di Pyongyang, votato anche da Pechino.

Attraverso la portavoce del ministero degli esteri Hua Chunying, la Cina è tornata a predicare la calma a tutte le parti in causa. Rilevando che la situazione nella penisola è ormai «sull’orlo di una crisi ma, allo stesso tempo, presenta l’opportunità di riaprire il colloqui di pace», Hua ha esortato Pyongyang a terminare i test missilistici, senza però risparmiare le responsabilità di Washington e di Seul nell’escalation delle provocazioni.

La scorsa settimana le truppe di Stati uniti e Corea del Sud hanno iniziato un nuovo ciclo di esercitazioni congiunte: una tradizione che, ininterrotta, si rinnova sin dagli anni ’70.

war games, che si terranno in territorio sudcoreano fino al 31 agosto, quest’anno vedono la partecipazione di 17.500 soldati americani; uno sfoggio di potenza che Pyongyang, la scorsa settimana, aveva descritto come «benzina sul fuoco» e che Pechino aveva fortemente scoraggiato.

L’ambasciatore nordcoreano alla sede Onu di Ginevra, Han Tae-song, senza fare alcun riferimento diretto al lancio del missile sull’isola di Hokkaido, ha dichiarato: «È innegabile che gli Stati uniti stiano portando la penisola coreana a un livello estremo di esplosione schierando enormi risorse strategiche intorno alla penisola, conducendo una serie di esercitazioni per un conflitto nucleare e imponendo un congelamento nucleare e un ricatto all’intera regione da oltre mezzo secolo». Condizione che, secondo Tae, legittima le «forti contromisure» prese da Pyongyang.

Ad agosto Trump aveva promesso «fuoco e fiamme» se Pyongyang non avesse interrotto le minacce agli Usa; il regime di Kim, in tutta risposta, aveva prima minacciato di bombardare l’isola statunitense di Guam e, lo scorso weekend, aveva lanciato altri tre missili a corto raggio, tutti finiti in mare a meno di 300 km dalla costa nordcoreana.

FONTE: Matteo Miavaldi. IL MANIFESTO



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