La violenza di Irma

La violenza di Irma

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MIAMI. IRMA arriva con qualche ora di ritardo all’appuntamento con la Florida. Si è attardata malvagia sulle coste cubane. E nell’attraversare quel canale di appena 140 chilometri verso Key West, l’isoletta più meridionale degli Stati Uniti, si è ulteriormente incattivita. Grazie alle acque calde dei Caraibi, ha ripreso vigore e ha scaricato la sua furia distruttiva su milioni di abitanti che l’hanno attesa per tutta la notte. Sono rimasti svegli a ascoltare il fischio dei venti e a dannarsi di fronte ai reportage ansiogeni delle tv. «Pregate per noi», hanno detto al telefono ai parenti lontani. I morti sono già tre: un uomo nella contea di Monroe, quella di Key West, dopo aver perso il controllo del furgone mentre trasportava un generatore. Altre due persone, tra cui un poliziotto, sono morte, anche loro in un incidente stradale, nella contea di Hardee.

È quasi l’alba di domenica — ed è ancora buio nel nostro hotel-bunker al centro di Miami — quando l’occhio dell’uragano colpisce Key West, l’isola di sei chilometri per due all’estremità dell’arcipelago delle Keys, luogo di culto per gli appassionati di Ernest Hemingway, che visse lì per otto anni e dove la sua casa è ora un museo. Irma non fa sconti ai premi Nobel. Attaccata da venti a 210 chilometri all’ora, Key West diventa una zona di guerra, come quelle vissute (e raccontate) da Hemingway. L’ampiezza delle distruzioni si vedrà dopo poco, con le prime luci dell’alba. Ma intanto il cono di Irma, che è di Categoria 4, come altri uragani-killer, da Harvey a Katrina (poi subito diventata 3), e ha una dimensione ancor più estesa, con un fronte di oltre duecento chilometri, comincia a martellare zone ben più lontane.

La tempesta meteorologica si dirige minacciosa — soprattutto per il rialzo del livello delle acque — sulla costa occidentale della Florida, tra Naples e la cittadina di Tampa, che ha 400mila abitanti. Tocca per prima Marco Island, diventando una Categoria 3. Si accanirà su queste e altre località predilette dai pensionati americani benestanti — Fort Myers, Sarasota, St Petersburg — trasferitisi in queste zone per godersi il sole, giocare a golf e approfittare dell’assenza di tasse statali. Quasi tutti sono scappati all’ultimo minuto, perché non pensavano di essere nel mirino dell’uragano: ma lo sono diventati per un dispetto di Irma (e per uno sbaglio dei meteorologi nel prevederne la rotta). A Miami e altrove, invece, le operazioni di evacuazione — che solo in Florida hanno interessato 6,3 milioni (su 7) di persone, un terzo del totale della popolazione dello stato — si sono svolte in modo molto più ordinato. Tranne qualche homeless sfuggito ai salvataggi forzosi della polizia e tranne qualche irriducibile “individualista”, che ha deciso di “godersi” Irma barricato in casa con una bottiglia di vodka, tutti sembrano al sicuro. Ci sono 72mila persone assiepate negli shelter, nei rifugi pubblici predisposti dal governatore dello stato, Rick Scott, dove tutti sono arrivati con acqua e cibo per tre giorni, oltre a un kit di radioline, carta igienica e torce elettriche. I blackout infatti sono cominciati alle prime ore del giorno e con i primi venti di Irma: oltre due milioni di persone sono rimaste al buio e il numero supererà presto i 3,6 milioni.

Assieme alle troupe tv di mezzo mondo, ai profughi di Key West e ai camerieri dell’albergo, ho trascorso le lunghe ore di Irma al JW Marriott del centro di Miami, trasformato in un bunker. È un luogo di osservazione privilegiato per il fronte dell’uragano, a due passi dalla baia ma relativamente sicuro. Anche se l’occhio della tempesta non passerà più sopra le nostre teste, come si temeva all’inizio, l’impatto è comunque violento. Miami Beach, dall’altra parte della baia, è già tutta allagata. Qui sono bastati i venti da 110 chilometri l’ora per scaraventare ovunque palme e cocchi, per trasformare in proiettili i cartelli stradali, per far ruotare e poi crollare una delle 25 gru sopra ai grattacieli in costruzione e soprattutto per trasformare il nostro hotel-bunker in una piccola isola del lago urbano. Si teme che i livelli delle acque possono salire fino a 4 metri e mezzo.

Siamo isolati. Siamo circondati da un metro di acqua salmastra tirata su dall’uragano. Nessuno può uscire. Per fortuna abbiamo fatto scorte di acqua e cibo. Abbiamo la garanzia di vetri solidi e c’è un generatore elettrico. Ma altrove? Polizia, ambulanze e pompieri hanno sospeso ogni attività fino a nuovo ordine. «Arrangiatevi», ha detto il capo della protezione civile di Miami a quanti hanno rifiutato fino all’ultimo di andare nei rifugi. Come una ragazza della Little Haiti di Miami: che poi ha avuto le doglie ed è stata costretta a partorire a casa, con il solo aiuto dei parenti e i consigli telefonici di una struttura medica.

Gli animali sono tra i più colpiti dagli uragani, Irma non fa eccezione. Allo zoo di Miami, anche i più feroci sono stati rinchiusi in strutture di cemento. La speranza? Che il rifugio tenga: perché se le tigri dovessero scappare, i guardiani hanno l’ordine di sparare pallottole vere, non iniezioni tranquillizzanti. Poi c’è il problema dei cani domestici. In alcuni shelter è stato consentito loro l’ingresso (anche se non tutti hanno gradito la loro presenza). Ma per lo più sono stati abbandonati dai proprietari durante l’evacuazione: spesso chiusi in casa, con un po’ di cibo e acqua nella casca di bagno, ma in alcuni casi sono stati legati ai pali delle strade e agli alberi dei giardini.

Intanto l’uragano più crudele della storia si trasforma in un’occasione d’oro per le tv americane. Irma fa alzare i rating, tutti gli americani sembrano inchiodati di fronte agli schermi e i network ne approfittano. Hanno disseminato ovunque i loro anchorman, a cominciare dalle star, come Anderson Cooper della Cnn che è a Fort Myers. Trasmettono non-stop, notte e giorno, le immagini della tempesta. Moltiplicano i collegamenti in diretta con i loro reporter bardati di occhialini e galosce. Rilanciano gli allarmi.

Irma arriva dopo una catena di disastri: gli incendi del West, l’uragano di Houston, i terremoti. E come se non bastasse, dopo questo uragano-mastodontico, che dovrebbe calmare i suoi impeti da domani sera, limitandosi a riversare solo tanta pioggia a nord della Florida, nei Caraibi se ne aggira un altro. Si chiama José. E tutti sperano che sia più mansueto di Irma.

Fonte: ARTURO ZAMPAGLIONE, LA REPUBBLICA



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