Iuventa, al processo l’ONG tedesca ribalta le accuse

Iuventa, al processo l’ONG tedesca ribalta le accuse

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Smontata la tesi di un accordo con i trafficanti; era la Vos Hestia nelle foto contestate

I legali della Ong tedesca Jugend Rettet ieri hanno chiesto al Tribunale del riesame di Trapani il dissequestro della nave Iuventa. L’imbarcazione venne fermata il 2 agosto come misura preventiva nell’ambito di un’indagine sul favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina che, a un anno dall’avvio, resta contro ignoti. Il 12 agosto si diffuse l’indiscrezione che fossero finiti nel registro degli indagati due comandanti della Iuventa e un membro dell’equipaggio, notizia rivelatasi falsa. Durante l’udienza è stata depositata la documentazione che attesta l’attività dell’equipaggio della Ong (mail, foto, video e testimonianze dirette) in grado di ricostruire una storia opposta a quella ipotizzata dalla procura.

Tre gli episodi contestati agli attivisti: ci sarebbero state «consegne concordate» con gli scafisti; l’equipaggio avrebbe restituito le imbarcazioni abbandonate, invece di affondarle, e avrebbe lasciato che gli scafisti recuperassero il motore fuoribordo. L’indagine comincia grazie alle dichiarazioni spontanee di due addetti della Imi Security Service a bordo della nave Vos Hestia di Save the children, rese prima ai servizi di sicurezza dell’Aise e poi alla polizia. L’Imi risulterà poi vicina all’estrema destra di Generazione identitaria e i due addetti in contatto con Matteo Salvini. Dopo le loro denunce, un agente sotto copertura dello Sco si è imbarcato sull’Hestia, il suo dossier ha portato al sequestro della Iuventa.

Il 10 settembre 2016 gli informatori riferiscono che due scafisti si sarebbero diretti verso la Libia dopo la consegna di 140 persone alla nave della Ong tedesca.

Uno dei due addetti dell’Imi riferisce che l’allontanamento sarebbe avvenuto sullo stesso gommone dove stavano i migranti, l’altro invece li ha visti su una barca in legno di 6, 7 metri. Ogni altra prova è assente, solo i loro racconti che però non coincidono. Il 18 giugno 2017 l’agente a bordo della Vos Hestia ha annotato due anomalie: dopo le operazioni di soccorso, il gommone di servizio della Iuventa avrebbe riportato tre navi abbandonate dagli scafisti in acque libiche, lasciate quindi nella disponibilità dei pescatori di motori (quelli cioè che recuperano parti di natanti). Una delle tre ha sulla fiancate le lettere KK e verrà riutilizzata ancora per trasportare migranti. La Ong ha ricostruito gli eventi: fu il Centro di coordinamento di Roma a inviare via mail la Iuventa nella zona di soccorso (smontando così la tesi di un accordo con i trafficanti), i mezzi di servizio in mare, ritratti nelle foto, non erano della Ong tedesca ma della Vos Hestia (eppure l’agente non lo dice) impegnata nel trasbordo dei migranti dalla Iuventa alla nave di Save the children. I gommoni della Iuventa, infatti, erano impegnati in un altro salvataggio, sempre su segnalazione della guardia costiera italiana e anche questo l’agente non lo riferisce. «Il barchino di servizio allontana il gozzo, come da foto, ma per liberare l’area ed evitare incidenti – hanno spiegato gli attivisti della Jugend Rettet -. Non è stato affondato, è vero, ma è facile con un gommone, più difficile con una nave in legno. Quando possiamo affondiamo i mezzi dei trafficanti ma non c’è un obbligo di legge e non è la nostra priorità. La priorità è la sicurezza di chi è in mare». Ancora il 18 giugno l’equipaggio della Iuventa avrebbe avuto contatti con i pescatori di motori: «Se le loro attività interferiscono con le operazioni cerchiamo di comunicarglielo».

L’indagine ha fornito armi a chi voleva criminalizzare il lavoro delle Ong: «Non c’è relazione diretta con il codice di condotta imposto dal ministro Marco Minniti, che Jugend Rettet non ha firmato, perché l’inchiesta è partita l’anno scorso – spiega l’avvocato Leonardo Marino – ma è vero che si è prodotta una campagna strumentale e diffamatoria». Gli attivisti tedeschi però ribaltano le accuse: «Fra il 15 e il 17 settembre più di mille persone sono state catturate in acque internazionali dalla Guardia costiera libica e portate nei centri di detenzione, violando le leggi internazionali. Centri finanziati dall’Europa e in mano agli stessi gruppi che gestiscono il traffico di migranti».

FONTE: Adriana Pollice, IL MANIFESTO



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