Le politiche sui rifiuti

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La scelta dei “rifiuti zero“
Riccardo Desideri

“Il miglior rifiuto è quello che non viene prodotto“, così ha aperto il suo intervento Attilio Tornavacca, della scuola Agraria del parco di Monza. “Se una cosa non può essere riciclata non va prodotta“, ha aggiunto Paul Connett della St. Lavrence University di New York. Non diverso è stato il tono degli altri interventi dell`incontro promosso dalla Provincia di Roma a fine ottobre; tutti si sono espressi per un nuovo modello di società, basato sul recupero e non sullo spreco, su uno modello sociale ed economico virtuoso da opporre a un consumismo ingordo e sfrenato. Recuperare senza sprecare.

Le risorse sempre più scarse, fautrici di guerre e tensioni, hanno bisogno di un modello di gestione nuovo, più oculato e rispettoso dell`ambiente. La raccolta differenziata spinta è l`unica soluzione. L`intero sistema del recupero va riorganizzato e reso competitivo rispetto a quello della raccolta indifferenaziata, tenendo conto delle novità emerse dagli studi settoriali svolti di recente, secondo i quali una differenziata ben fatta fa bene sia ai polmoni che alle tasche dei contribuenti.

La Provincia di Roma, dall`insediamento della nuova giunta, si è impegnata nella realizzazione di nuove politiche ambientali e di recupero. La vice Presidente, Rosa Rinaldi, racconta: “Solamente a Roma si producono mille tonnellate di rifiuti al giorno, seicento chili l`anno a persona, Malagrotta e le altre discariche entro un paio d`anni saranno al collasso completo. La discarica va superata come concetto. Bisogna che la produzione e il consumo si riducano nel più breve tempo possibile “. La Rinaldi ha parlato di un nuovo sistema industriale, economico e del lavoro, e del dialogo costante che le istituzioni devono tenere con i produttori e con gli industriali, ancora sordi a ogni istanza di cambiamento e di ammodernamento del ciclo produttivo, non interessati al riciclo e alle opportunità commerciali e lavorative che potrebbe portare, inclini spesso ad una certa ostilità verso il mondo dell`ambientalismo, presentato a tinte fosche ai propri lavoratori come portatore di licenziamenti e disoccupazione in nome della salvaguardia della natura (Giuliano Sciotti della Uil a questo proposito ha raccontato come la maggior parte dei lavoratori dell`Ama siano stati convinti dagli stessi vertici dell`azienda che il termovalorizzatore – fuorviante neologismo meno crudo e diretto del termine esatto, “inceneritore“, ma tanto caro all`ex presidente Storace – porterà più lavoro per tutti, dimenticandosi di dire che i guadagni saranno più immediati ma termineranno ancor prima e che, di certo, non toccheranno a loro…).

Tutti gli interventi sono stati concordi nel dire che per un effettivo uso davvero sostenibile delle risorse naturali occorre sviluppare: la riduzione dei rifiuti all`origine, il riuso degli oggetti e degli imballaggi, il riciclaggio dei materiali e la raccolta e trasformazione in compost della frazione organica. Concetto quest`ultimo (sul quale hanno insistito in maniera particolare Walter Iannotti dei Vas e Giuseppe Izzo di Arsial-FertyLife) molto importante, se teniamo conto che il 30/40 per cento dei rifiuti è composto da parte organica, interamente biodegradabile, dalla quale attraverso un semplicissimo processo di compostaggio (praticabile sia a casa propria che, a livello più avanzato, tramite appositi impianti, che lentamente ma costantemente vanno sorgendo in Italia, creando occupazione vera e duratura) si può ricavare dell`ottimo terriccio fertile. Molte realtà locali incentivano questa pratica di raccolta e riutilizzo dei rifiuti. A Trento in poco tempo sono stati distribuiti oltre 200 composter in plastica riciclata, e sempre più persone si fabbricano compostiere artigianali in legno e maglia di ferro. Stessa cosa accade in vari comuni marchigiani, veneti e campani. E` il modo più semplice e diretto per recuperare risorse dalla spazzatura, per guadagnare sui rifiuti. Ma a livello industriale e istituzionale la si pensa in maniera diversa e si danno sovvenzioni statali agli inceneritori…

Negli Stati uniti (che pure non sono tra i più attenti in materia ambientale) gli inceneritori non si costruiscono più dal `95, in Germania la Termoselect è in perdita per 400 milioni di euro, ma da noi il termovalorizzatore viene presentato come il rimedio perfetto, che ci farà dimenticare il problema rifiuti, porterà lavoro e benessere e, soprattutto, produrrà energia (inganno populistico che tende a non dire quanta energia va spesa per bruciare i rifiuti, inquinare e riottenere energia, ovviamente in minore quantità). E le diossine? Il Giappone, con i suoi 1200 inceneritori all`attivo ne è il maggior produttore mondiale. Per Paul Connet questa soluzione è inefficace, inquinante e insalubre. Da tre tonnellate di rifiuti bruciati se ne ottiene una di ceneri; le ceneri sono pesanti e volatili, tornano a terra ed entrano in contatto con le piante, con gli animali e con l`uomo, e il nostro fegato non è in grado di eliminare la diossina che contengono. In Germania queste scorie vengono chiuse in sacchi di nylon e sotterrate, in Olanda vanno a finire nell`asfalto. Da noi non si sa. Il monitoraggio degli inceneritori avviene tre volte l`anno, e non è mai stato effettuato alcuno studio sulle persone che vivono vicino agli impianti. La tecnologia che usiamo è vecchia e obsoleta, eppure gli inceneritori vengono presentati da politici e imprenditori come unica e avveniristica soluzione al problema dei rifiuti. E` un problema di cultura industriale, che in Italia è antiquata e conservatrice.

Le aziende andrebbero responsabilizzate, messe a conoscenza di come salvaguardare l`ambiente attraverso il riciclo e la fabbricazione di materiali interamente riciclabili sia anche un buon affare per le loro tasche. La Xerox da anni è un`azienda a “rifiuti zero“; recupera il 95 per cento del proprio materiale, lo riutilizza o lo ricicla. Questo l`ha portata a risparmiare in pochi anni oltre 76 milioni di dollari. Ma la sensibilizzazione deve riguardare anche i cittadini, la società nel suo insieme. La raccolta differenziata è un lusso se fatta assieme a quella indifferenziata, se le campane per il vetro sono vicine al secchione normale, così grande e capiente che ci si sente autorizzati a gettarci qualsiasi cosa dentro (spesso vanno a finirci anche rifiuti industriali…)

L`intero sistema va ripensato e riorganizzato secondo nuove basi, in primo luogo attraverso la divisione dei materiali fatta direttamente a casa (fondamentale per il recupero dell`organico) e la raccolta porta a porta. L`ottimizzazione può portare a una diminuzione dei costi tale da rendere conveniente la raccolta differenziata rispetto a quella di vecchio tipo. Gli esempi ci sono, in Italia e fuori. L`obiezione che più spesso viene mossa è quella che sono sempre realtà piccole, paesi o cittadine, e che il modello del porta a porta non è applicabile a situazioni urbane più complesse e impegnative; che dire allora di San Francisco, quasi un milione di abitanti, che nel 2004 ha riciclato il 66 per cento dei rifiuti prodotti e che conta di arrivare al cento per cento entro il 2020? O di Camberra che invece questo obiettivo vuole raggiungerlo entro il 2010? Per fare questo è innegabile che occorrano dei governanti capaci e lungimiranti, e una strategia concertata a livello mondiale. Cina e India hanno iniziato a costruire i loro inceneritori; il problema non è più rimandabile.

La Provincia di Roma l`ha capito da tempo ed è decisa ad affrontare in maniera costruttiva e in un ottica a lungo termine il problema rifiuti, cercando di uscire, in primo luogo, dalla penosa condizione del commissariamento, cosa che, si spera, avverrà a breve, e di rendere operativo nel minor tempo possibile un piano pilota sulla raccolta differenziata che coinvolga i comuni della provincia, i municipi romani e i cittadini. E` partito un rafforzamento della raccolta in strada e un aumento delle isole ecologiche che hanno portato la raccolta differenziata all`8,5 per cento (prima si era fermi al 2). E` ancora lontana la soglia del 35 per cento stabilita dal “Decreto Ronchi“, ma un primo passo nella direzione giusta è stato fatto. E` nato l`Osservatorio provinciale sui rifiuti, con funzione di monitoraggio e supporto tecnico. Vari comuni sono passati dalla raccolta stradale, inefficiente e costosa, al porta a porta; e l`iniziativa sta prendendo sempre più piede. Il 90 per cento dei cittadini si dice soddisfatto. Molto interessante è stato a questo proposito l`intervento dell`assessore all`ambiente di Anguillara, Girardi. Nel comune è stato attuato un progetto di raccolta differenziata intensivo che ha coinvolto esercizi commerciali, scuole e cittadini, portando la quota di materiale riciclato al 35 per cento in pochi mesi, con l`obiettivo di raggiungere il 50 per cento.

Quando i lavori stavano per terminare è arrivata la notizia, accolta con un applauso dal convegno, che Prodi ha eliminato dal suo programma elettorale l`incentivo ai termovalorizzatori. Non ci resta che auspicarci per l`avvenire una nuova politica dei rifiuti a livello governativo, che rispetti l`ambiente e che veda le risorse nascoste nei rifiuti. Le quattro R del domani sono: Riduzione, Recupero, Riutilizzo e Riciclo. Forse è utile aggiungerne un`altra: rispetto.

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