Reddito minimo: uno studio della rete europea contro le povertà

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da Redattore sociale 15 novembre 2005

Reddito minimo, l`Eapn monitora la situazione Ue.

Differenze sostanziali d’applicazione su ammontare, durata e beneficiari, una condizione comune: “L`esistenza del diritto non ne garantisce il godimento“
ROMA – Income Support, Sozialhilfe, Supplementary Welfare Allowance, Dávkysociální péce o in italiano Reddito minimo: tante parole quanti sono i paesi – e non sono pochi – che hanno adottato questo strumento di lotta all’esclusione sociale in Europa. Una scelta che per alcuni parte fin dal 1992, ma che a tutt’oggi trova, al di là delle diverse accezioni del termine, sostanziali differenze di applicazione da stato a stato. La Rete delle associazioni di lotta alla povertà (Eapn), ha dedicato un focus alla situazione europea , “seriamente preoccupata per il ritardo subito dall’implementazione di tale iniziativa prevista originariamente per il 2004”, malgrado nella propria Agenda Sociale del febbraio 2005 la Commissione europea abbia riaffermato il precedente impegno a promuovere l’iniziativa. L’Eapn ha comparato i sistemi degli stati membri al 1 maggio nel 2004 ad esclusione della Grecia e l’Ungheria dove non esistono regimi generali, per capire dove e perché tali misure non funzionano. Dall’analisi sono emerse cinque caratteristiche principali su cui, in materia, si divide l’Europa.

Ammontare – Austria, Germania, Lituania e Slovacchia definiscono i livelli di sostegno in funzione della valutazione dei bisogni primari (cibo, abbigliamento, riscaldamento ecc), mentre altri paesi, come ad esempio il Belgio o la Repubblica Ceca, fissano l’ammontare per legge, aumentandolo eventualmente in un secondo tempo. Altri ancora legano questo al sussidio di disoccupazione (Danimarca), al salario minimo (Malta, Olanda, Slovacchia, Slovenia, Lussemburgo) o alla pensione minima (Portogallo, Lussemburgo).

Durata – La maggior parte dei paesi non pone limiti alla durata del reddito minimo, a condizione che vengano soddisfatti i requisiti richiesti. Alcuni paesi, tuttavia, impongono dei limiti temporali, anche se rinnovabili: un mese in Estonia, tre mesi in Francia, Lituania e Slovenia, 12 mesi in Portogallo e Spagna, 24 mesi in Slovacchia. La Lettonia – caso unico – limita il diritto a 9 mesi all’anno.

Età – L’accesso al reddito minimo è riservato in genere a persone di età superiore ai 18 anni, perché i minorenni si ritengono sotto la tutela dei genitori e anche nei sistemi che non prevedono limiti di età il diritto rimane in qualche modo “virtuale” per i minori. Solo Francia, Spagna e Lussemburgo hanno fissato il limite dei 25 anni. Il diritto è esteso, in deroga a questo limite, ai più giovani con famiglia a carico e alle giovani in stato interessante.

Competenze – E’ l’ambito in cui le differenze sono più notevoli. In alcuni paesi l’ammontare è stabilito a livello nazionale, mentre la gestione avviene a livello regionale, altri delegano ai comuni la definizione dell’ammontare in base alle loro disponibilità di bilancio.

Il lavoro – Quasi tutti i sistemi di reddito minimo sono simili nel collegare il diritto al reddito minimo con la volontà di lavorare e nel sanzionarne la sospensione in caso di rifiuto. Ciò avviene in molti paesi, come il Belgio, la Francia, la Spagna, l’Olanda e la Slovenia, attraverso un contratto individuale di inserimento. Spesso viene esplicitamente richiesto che lavoro e formazione siano “appropriati” alle caratteristiche specifiche del beneficiario.

Malgrado questo studio, secondo l’Eapn “è quasi impossibile fare un’analisi comparativa dei regimi degli Stati membri” e di conseguenza “estremamente difficile valutarne l’efficacia!”. “Uno studio condotto in 13 tra i vecchi Stati membri (tranne l’Olanda e la Svezia), pubblicato nell’aprile del 2004 – sottolinea l’organizzazione – indica che il numero delle persone che vivono con un reddito inferiore al reddito minimo è di gran lunga superiore al numero dei beneficiari. Le ragioni di ciò sono molteplici: lavori marginali, premi assicurativi inferiori al reddito minimo, requisiti, mancato accesso ai diritti a causa di assenza di informazioni, deduzioni di indennità per la restituzione di debiti”. L’esistenza del diritto al reddito minimo quindi non garantisce che le famiglie bisognose ne possano realmente beneficiare. Non cambia molto per i cittadini dei nuovi stati membri: la Commissione Europea, nella sua relazione del 2004 sulla situazione sociale dell’Ue, indicava che: “la copertura e l’adeguamento della protezione sociale al fine di garantire un minimo di risorse adeguate restano un problema fondamentale”. (vedi lancio successivo) (cch)

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Reddito minimo, studio dell`Eapn in Europa.

Assente in Grecia ed Ungheria mentre in Lettonia è valido massimo 9 mesi. L`Italia si distingue per la “sperimentazione continua“

ROMA – Reddito minimo, pensione sociale, assegno d’indigenza: in Europa la strada della lotta all’esclusione sociale passa attraverso forme diverse di sostegno. La Rete delle associazioni di lotta alla povertà (Eapn) ha avviato un monitoraggio della situazione degli stati membri al maggio 2004. Ecco alcuni esempi di come viene applicato questo strumento.

Grecia ed Ungheria – Questi due paesi si distinguono per l’assenza totale del reddito minimo nel proprio sistema di protezione sociale. In Grecia per usufruire direttamente del regime di sicurezza sociale bisogna avere un lavoro e le condizioni dipendono dalla natura e dal tipo di lavoro svolto (lavoratori salariati, agricoltori, liberi professionisti). In Ungheria, l’assistenza sociale pubblica si fonda su un sistema basato sulle condizioni del reddito, finanziato in parte dal bilancio centrale (90%) e in parte dai bilanci dei governi locali (10%). Questo viene gestito dai governi locali che elargiscono le differenti prestazioni. Il Ministero della Salute, degli Affari Sociali e della Famiglia è responsabile della supervisione del sistema.

Germania – La misura è garantita finché le circostanze lo richiedano, tuttavia le persone che sono in grado devono essere pronte ad accettare qualsiasi lavoro “appropriato”. Nessun requisito di età è previsto, quindi ne hanno ugualmente diritto i minori , mentre a partire dai 65 anni di età “l’indennità di legge” sostituisce “l’indennità di assistenza sociale”. Le indennità standard vanno dai 282 euro ai 297 euro (dato al 2003): l’aiuto di assistenza copre le spese per cibo, alloggio, vestiti, igiene personale, ecc, mentre sono previste in aggiunta elargizioni regolari per far fronte ai costi dell’alloggio e del riscaldamento. Una coppia con tre figli tra gli 8 e i 12 anni può arrivare ad ottenere fino a 1.303 euro, 920 una famiglia monogenitoriale con 2 figli (8-10 anni), 618 una coppia senza figli.

Lettonia – E’ l’unico caso in cui il reddito minimo è garantito per un periodo di 3 mesi, estendibile fino ad un massimo di 9. Non ci sono invece limiti di età ma i beneficiari senza un lavoro devono obbligatoriamente iscriversi all’Agenzia nazionale per l’impiego, cercare lavoro ed accettare lavori “appropriati”. L’ammontare è stabilito da Governo anche se i Comuni possono concedere somme anche più altre: si va dai 28 euro per il singolo a 103 per una famiglia con tre figli.

Portogallo – Lo ricevono persone di 18 anni o minorenni se hanno un figlio in carico o sono in stato di gravidanza. Viene assegnato per 12 mesi, rinnovabili se i requisiti sussistono ancora, ma i beneficiari devono garantire disponibilità a lavoro, formazione e attività di reinserimento. Inoltre le persone tra i 18 ed i 30 anni devono obbligatoriamente iscriversi ai centri di collocamento. L’ammontare è stabilito a livello nazionale senza differenze regionali e va dai 151 euro per un singolo cittadino al 544 per una coppia con tre figli.

Regno Unito – E` inteso come un diritto individuale, ma è assegnato al nucleo famigliare nel suo insieme – sia a coppie sposate che conviventi – finche vi siano figli a carico. E’ un provvedimento illimitato che vale sino al miglioramento delle condizioni economiche e l’ammontare per alcune voci di spesa è definito annualmente da Governo e Parlamento. Sono garantiti un assegno (che va da 290 euro per i singoli ad un massimo di 267 euro per coppie con figli) per i bisogni primari, come cibo e abbigliamento ma anche quotidiani e giochi, ed uno assegno speciale per le spese ordinarie del nucleo a secondo della sua dimensione.

Italia – “Una sperimentazione infinita”, quella italiana secondo l’Eapn. Introdotto nel 1998 in 39 Comuni e poi esteso nel 2000 ad altri 267, l’esperienza del Reddito Minimo d’Inserimento in Italia si è formalmente conclusa nell’aprile del 2003, con la destinazione degli ultimi 36 milioni di euro ai Comuni inclusi nella sperimentazione. Il superamento definitivo nel Libro bianco sul welfare (febbraio 2003), dove però, allo stesso tempo, si preannunciava la nascita di un nuovo strumento, il Reddito di Ultima Istanza (Rui), da realizzare e finanziare in coordinamento con le Regioni e gli enti locali, le cui risorse per la prima volta sono state individuate nella Finanziaria 2004. Secondo il Ministero del Welfare sono circa il 2,7% le famiglie italiane che potrebbero essere ammesse al beneficio e 1,67 miliardi di euro il fabbisogno finanziario annuo. “Ma l’Rui è stato ed è criticato in primo luogo proprio da chi si occupa di lotta contro la povertà e l’esclusione sociale. – spiega l’organizzazione – Come messo in risalto da più parti, non ultima dalla Commissione di Indagine sull’Esclusione Sociale nel suo ultimo Rapporto (2003-2004), il sistema di co-finanziamento Stato-Regioni sembra fatto apposta per ‘finanziare le Regioni più ricche e più in grado di avviare interventi simili’, lasciando ancora una volta indietro le regioni più povere del Sud, che hanno scarse entrate impositive e dove risiedono due poveri su tre. Inoltre, questo sistema rischia di fagocitare un welfare già di per sé frammentato, dove i diritti di cittadinanza sono esigibili non tanto a partire dalla condizione di bisogno quanto dal luogo dove esso sorge. Infine, non è ancora chiaro se il nuovo strumento debba essere ritenuto parte di quei livelli essenziali di assistenza che lo Stato dovrebbe garantire oppure se la presenza e i contorni dell’intervento vadano definiti esclusivamente a livello regionale”. L’indennità che è stabilita dalle regioni prevedono un minimo di 594 euro ed un massimo di 914 euro per una famiglia con 5 figli.

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