AIDS: l`urgenza sono farmaci meno cari per i paesi poveri

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da L’Unità del 1° dicembre 2005, pag.27

Punto primo: farmaci meno cari per i paesi poveri

di Vittorio Agnoletto

Sono 40 milioni le persone infettate dal virus HIV nel mondo. Ogni giorno l’AIDS ne uccide più di 8.000, fra cui 1.500 bambini di età inferiore ai 15 anni. Con quasi trenta milioni di sieropositivi o malati l`Africa sub-sahariana si conferma come la regione piu` colpita ma l’infezione è in crescita anche nell’Europa dell’Est, in Asia centrale e in Russia dove vivono circa 1,6 milioni di sieropositivi. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’UNAIDS (il programma delle Nazioni Unite per la lotta all’HIV/AIDS) in occasione del 1 dicembre, Giornata mondiale di lotta al virus, la situazione più grave riguarda le donne incinte che, in stati come Sudafrica, Botswana, Lesotho, Namibia e Swaziland hanno fatto registrare, nel 2005, tassi di infezione del 30%.

L’appello più urgente della società civile internazionale è quello che chiede, da una parte, di finanziare completamente il Fondo globale per la lotta contro AIDS, tubercolosi e malaria (impegnandosi a un contributo proporzionale al PIL) e, dall’altra, di cancellare immediatamente il 100% del debito posseduto dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca Mondiale verso tutti i paesi più poveri e liberare in questo modo ingenti risorse per i servizi di prevenzione e assistenza sanitaria.

Sul fronte delle cure, l’applicazione a partire dal 1 gennaio 2005 del regime dei brevetti dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in paesi come Kenia, Thailandia, India e Brasile rischia di rendere impossibile l’accesso ai farmaci essenziali nel Sud del mondo e di compromettere le ultime possibilità di invertire le curve di infezione della malattia così come previsto dal sesto obiettivo della Dichiarazione del Millennio assunta dall’ONU nel 2000.

Il prezzo dei farmaci rimane infatti una barriera insormontabile per i paesi poveri che non posseggono alcuna capacità produttiva locale e dipendono quindi dalla possibilità di importare medicinali dall’estero. Ma tale possibilità è oggi preclusa dagli accordi TRIPS (gli accordi sulla proprietà intellettuale) che prevedono la produzione di farmaci generici (gli unici acquistabili dai paesi poveri, visto il prezzo fino a 40 volte inferiore ai farmaci di marca) solo per uso “predominantemente domestico”.

Dopo una fortissima ostruzione dei delegati americani, il 30 agosto 2003 a Ginevra, gli Stati membri dell’OMC si erano impegnati a concedere eccezionalmente “licenze obbligatorie su brevetti relativi a prodotti farmaceutici destinati all’export verso Paesi con problemi di sanità pubblica” e avevano fissato in dieci mesi il tempo entro il quale sarebbe stato elaborato un emendamento ai TRIPS.

La scadenza del giugno 2004 è passata e con essa tutte le scadenze successive ma nonostante ciò, negli incontri preparatori della 6° Conferenza ministeriale del WTO, in programma a Hong Kong dal 13 al 18 dicembre prossimi (a cui partecipero’ come delegato del Parlamento Europeo), l’accesso ai farmaci essenziali continua ad essere contrastato dai paesi ricchi. Rifiutando la proposta dei Paesi africani, supportata da Brasile e India, e attaccandosi a miseri espedienti giuridico-legali, Stati Uniti, Unione Europea e Giappone stanno ritardando all’inverosimile la modifica permanente di questi accordi. Il commissario UE al Commercio estero Peter Mandelson è ancora una volta dalla parte sbagliata: al fianco delle multinazionali farmaceutiche, contro il diritto alla salute per milioni di esseri umani.

Ma l’AIDS non è solo un’emergenza del Sud del mondo; infatti all’interno della stessa Unione europea si osserva una recrudescenza della malattia, soprattutto fra i giovani. Secondo i dati resi noti dalla Commissione negli ultimi quattro anni gli affetti dal virus sono aumentati del 23%, con 72 mila nuovi casi segnalati nell’anno 2004. Il commissario UE alla Salute Markos Kyprianou ha dichiarato che una nuova campagna di sensibilizzazione sarà fra le priorità di Bruxelles per i prossimi quattro anni. Ciò significa che non lo era stata nei precedenti quattro. Kyprianou ha poi rinnovato l’impegno a raddoppiare l’ammontare degli stanziamenti a favore del Fondo Globale (cercando in questo modo di bilanciare l’offensiva sui brevetti), ma così facendo ha contraddetto un alto dirigente della stessa Commissione che pochi giorni prima aveva parlato di un taglio ufficioso del 30%.

Tanti proclami, poche soluzioni dunque. E l’Italia da questo punto di vista è perfettamente allineata a Bruxelles. Nel nostro paese le politiche di prevenzione sono ormai assenti da anni e le promesse di sostegno al Fondo Globale vengono regolarmente disattese dalla legge finanziaria di turno. In quella del 2006, con una Direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo (DGCS) che già lamentava l’impossibilità di onorare la quota di 130 milioni di euro a fronte di un budget complessivo di 552 milioni, si è pensato bene di tagliare altri 152 milioni (-27%), compromettendo – oltre i versamenti al Fondo – anche buona parte dei finanziamenti alle ONG che, grazie al lavoro di migliaia di professionisti e volontari, sopperiscono alle deficienze dei governi nella lotta alla pandemia.

Una deficienza di volontà politica che, a oltre vent’anni dai primi casi di infezione e dopo 35 mila morti, vede l’Italia incapace di emanciparsi dai dogmi della parte più oscurantista della Chiesa cattolica e proporre finalmente corsi di educazione sessuale nelle scuole e la disponibilità a prezzi equi del profilattico quale unico strumento di prevenzione. Una scatola da sei pezzi costa oggi mediamente dieci euro. Decisamente improponibile per studenti e lavoratori precari!

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