LAVORO. Peggiora la crisi dell´industria, in bilico 355 mila posti

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(La Repubblica, VENERDÌ, 24 FEBBRAIO 2006,
Pagina 43 – Economia)

Gli esperti del sindacato: +5,4% le aziende in crisi, si intensifica il ricorso agli ammortizzatori sociali

Peggiora la crisi dell´industria in bilico 355 mila posti di lavoro

La Cisl: interi settori produttivi rischiano di scomparire

La punta delle difficoltà è in Molise, ma l´allarme si è ormai esteso anche al Nord

“Poca innovazione, il paese sta uscendo da settori avanzati come l´elettronica o le tlc“

LUISA GRION
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ROMA – Che l´industria italiana sia in crisi non è, purtroppo, una novità: il guaio, semmai, è che non ci si è ancora resi conto di quanto profonda essa sia. E che i lievi segnali di ripresa, che pur stanno arrivando da più fronti, sembrano lasciarla del tutto indifferente.
La spietata analisi arriva dalla Cisl che appena tracciato la sua quarta mappa dell´Italia industriale. Un´Italia che non va: la già difficile situazione del 2005 pare ulteriormente peggiorata nel 2006.
L´intera manifattura nazionale sta scivolando verso il basso: da settori tradizionali come il tessile e il metalmeccanico, a quelli a più alto contenuto innovativo come l´elettronica e le telecomunicazioni. Aumentano le aziende in difficoltà, aumenta il numero dei lavoratori per i quali le imprese hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali: ora sono oltre 355.000 (di cui 250.000 in cassa integrazione e oltre 104 in mobilità), il 6,9 in più rispetto allo scorso anno.
Un risultato che resta negativo sia guardando i dati dal punto di vista territoriale che dai singoli settori. E´ significativo, spiega il rapporto curato per la Cisl da Giorgio Santini e Paolo Pesce, che la situazione nel profondo Nord sia più nera che altrove. In Piemonte, soprattutto a causa delle difficoltà del mercato automobilistico, rispetto allo scorso anno gli ammortizzatori sociali sono stati utilizzati per 67 mila lavoratori in più (in crescita del 12,1 per cento sul 2005). In Veneto l´aumento è stato del 17,3 per cento, in Lombardia addirittura del 21,4 (fra cassa integrazione e mobilità si parla di oltre 77 mila dipendenti dell´industria a casa). La crisi mina dunque quello che una volta era il ricco cuore dell´industria e se nel Centro la situazione, pur non migliorando, resta quanto meno stabile, anche le regioni meridionali escono dal confronto con il 2005 ulteriormente logorate. La punta della crisi, per quanto riguarda l´occupazione in termini percentuali si registra in Molise(dove il ricorso agli ammortizzatori e lievitato del 71 per cento) e in Basilicata (più 25 per cento).
Passando ai singoli settori le difficoltà dell´auto feriscono soprattutto la metalmeccanica: oltre 184 mila lavoratori coinvolti nella crisi, 138 mila in cassa integrazione o mobilità (l´8,5 per cento in più rispetto al 2005). Ma peggio ancora vanno le cose nella chimica dove l´utilizzo degli ammortizzatori sociali è aumentato di oltre il 9 per cento dimostrando, commenta la Cisl i danni causati «dalle mancate scelte di politica industriale sia da parte di grandi gruppi come l´Eni che da parte del governo». A fianco del tessile massacrato dalla concorrenza cinese c´è il problema dell´alimentare, settore che dopo le crisi Parmalat e Cirio sembrava assestato, ma che il fenomeno aviaria ha di nuovo allarmato. Quanto all´elettronica e alle telecomunicazioni, analizza il rapporto, vi è una preoccupante tendenza a «scomparire». «La profondità della crisi è evidente proprio in questi casi – spiega il segretario confederale Cisl Giorgio Santini, autore del rapporto – alla flessione della manifattura tradizionale non si risponde con alternative in altri campi, anzi il paese sta praticamente uscendo da settori ad ampio sviluppo come l´elettronica o le tlc. Per fronteggiare questa crisi non c´è altra scelta che sostenere la ricerca e l´innovazione».

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