DIRITTI. Iraq, un altro carcere-lager per abusi dei soldati d´élite
NULL
(da La Repubblica, LUNEDÌ, 20 MARZO 2006,
Pagina 19 – Esteri)
A Camp Nama, vicino all´aeroporto di Bagdad, le torture della “Task Force 6-26“
Iraq, un altro carcere-lager per gli abusi dei soldati d´élite
Nella famigerata “black room“ i detenuti subivano violenze di ogni genere
Il New York Times rivela lo scandalo: “La regola era: sevizie ma niente sangue“
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
________________________________________
NEW YORK – Gli uomini della Task Force 6-26 la chiamavano la black room, la stanza nera; una cella priva di finestre, grande poco più di un box auto, dove questi soldati – una delle forze speciali d´élite dell´esercito Usa – addestrati a combattere con i mezzi più sofisticati il terrorismo, cercavano di strappare notizie ai prigionieri iracheni con mezzi leciti ma soprattutto illeciti.
A rivelare il nuovo scandalo che colpisce l´esercito più potente del mondo è il New York Times. Con un lunghissimo articolo il quotidiano racconta ai lettori come «prima e dopo Abu Ghraib» i migliori soldati della US Army hanno compiuto abusi contro i prigionieri che gli venivano affidati, nella più assoluta segretezza e in un crescendo senza controllo che ha fatto infuriare perfino uomini abituati a tutto come gli agenti della Cia.
La prigione si chiama Camp Nama, si trova nei pressi dell´aeroporto internazionale di Bagdad e ai tempi di Saddam Hussein era una base militare spesso usata come centro di tortura per i dissidenti del passato regime dittatoriale. Dopo l´invasione gli americani l´hanno trasformata in un centro di detenzione provvisorio, usato generalmente per i prigionieri che venivano poi inviati ad Abu Ghraib. Anche Saddam, dopo la cattura, venne portato lì ed è probabile che i suoi interrogatori avvenissero proprio nella black room, la terribile cella dove il raìs aveva fatto torturare (e forse uccidere) centinaia di oppositori.
Dal 2003 quella stessa stanza divenne il luogo dove fare «parlare» i più fedeli uomini del deposto dittatore. Non con le torture che usava Saddam, su questo l´articolo del New York Times – che si basa sulle migliaia di documenti del dopoguerra recentemente «declassificati» – è chiaro, ma certamente con abusi non accettabili dal codice militare e dalla coscienza pubblica americana: «Prigionieri venivano picchiati con il calcio dei fucili, i soldati gli sputavano in faccia e nel vicino poligono di tiro venivano usati come obiettivi per un crudele gioco chiamato paintball».
«No blood, no foul», niente sangue, niente fallo (in senso sportivo): era questo lo slogan a lettere maiuscole che i soldati della Task Force 6-26 avevano appeso fuori della black room, che riassumeva uno degli adagi preferiti dai soldati di questa forza speciale: «Se non li fai sanguinare, non ti possono perseguire».
Le cose sono andate diversamente. Anche senza sangue, dal 2003 in poi sono stati numerosi i soldati di questa forza di élite puniti per abusi: 34 hanno avuto sanzioni disciplinari per aver maltrattato i detenuti, undici sono stati addirittura cacciati, con ignominia, dall´unità. La Task Force 6-26 era un po´ il fiore all´occhiello del Pentagono, un gruppo di circa mille specialisti dell´antiterrorismo superaddestrati (e superpagati).
Creata dal Dipartimento della Difesa subito dopo l´11 settembre, quando il Pentagono ristrutturò le forze speciali (a quel tempo venne chiamata Task Force 121) prese l´attuale nome nell´estate del 2003, pochi mesi dopo l´invasione dell´Iraq, quando vennero unificate le due special force che stavano dando la caccia a Osama bin Laden (in Afghanistan) e a Saddam Hussein (in Iraq).
A Camp Nama gli uomini della 6-26 la facevano da padroni, non solo nella black room ma anche nelle altre strutture del campo di detenzione: dal cosiddetto Motel 6 un gruppo di celle piene di urina ed escrementi alla Vip room una cella simile alla black fino all´Hotel California, l´area dove vengono detenuti i prigionieri che hanno maggior valore per l´intelligence. Sono questi quelli che più hanno dovuto soffrire per gli abusi dei soldati d´élite, soprattutto nel 2004, quando l´offensiva terroristica portata avanti dal braccio destro di Bin Laden in Iraq, al Zarqawi convinse i soldati americani di passare a pratiche illecite pur di far parlare i prigionieri.
Pratiche e abusi che – come nel caso di Abu Ghraib – non sono serviti praticamente a nulla, visto che le “confessioni“ raccolte nella black room non hanno avuto alcun valore per l´intelligence, né sono servite a catturare Zarqawi. Hanno però portato a inchieste interne, provvedimenti disciplinari e ad un memo con cui nel giugno 2004 il generale Stephen A. Cambone definiva gli abusi «inaccettabili»; e adesso a imprimere una macchia indelebile sulla storia della special force unit che era l´orgoglio del Pentagono.
(a.f.d´a.)
Related Articles
AIDS: l`urgenza sono farmaci meno cari per i paesi poveri
NULL da L’Unità del 1° dicembre 2005, pag.27 Punto primo: farmaci meno cari per i paesi poveri di Vittorio Agnoletto
Il comunismo che vogliamo? I beni comuni
Il tabù è stato infranto, non viviamo nel migliore dei mondi possibili, abbiamo il permesso, persino l’obbligo di considerare delle alternative. La strada davanti a noi è lunga, e presto dovremmo confrontarci con le domande veramente difficili – domande che riguardano non quello che non vogliamo, ma quello che vogliamo. Quale tipo di organizzazione sociale può prendere il posto dell’attuale capitalismo? Di quale nuovo leader abbiamo bisogno?
Ieri a a Roma la Women’s march contro la violenza
“Neoliberismo, sfruttamento, violenza: sono tutti sinonimi del patriarcato”. In tante si sono trovate ieri in piazza Santi Apostoli a Roma per il terzo anno della Women’s march