Detenuti in rivolta a Guantanamo L´Onu: “Chiudete quella prigione“

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(da La Repubblica, SABATO, 20 MAGGIO 2006, Pagina 25 – Esteri)

Aggrediti i secondini che cercavano di impedire un tentativo di impiccagione. Rapporto delle Nazioni Unite condanna gli Stati Uniti

Detenuti in rivolta a Guantanamo L´Onu: “Chiudete quella prigione“

Battaglia con le guardie Usa, in quattro tentano il suicidio

ARTURO ZAMPAGLIONE
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NEW YORK – Mentre a migliaia di chilometri di distanza il massimo organismo dell´Onu contro la tortura stava intimando agli Stati Uniti di chiudere Guantanamo, un gruppo di detenuti nella base americana ha attaccato le guardie carcerarie con pezzi di legno, pale di ventilatore e altri oggetti di fortuna. Speravano (ma non ci sono riusciti) di aiutare uno dei loro compagni a togliersi la vita. Il suicidio sta infatti diventando uno strumento di protesta per i cinquecento dannati di Guantanamo, a conferma del loro isolamento e della loro esasperazione. Ci sono già stati 39 tentativi di suicidio, di cui quattro la settimana scorsa.
Intanto Gitmo (come viene soprannominata la prigione di Guantanamo) è finita nel mirino del comitato contro la tortura delle Nazioni Unite. Dopo una lunga indagine da parte di dieci saggi, è stato reso noto ieri a Ginevra un rapporto di undici pagine che addita le responsabilità di Washington nell´aver creato una rete segreta e illegale di carceri ed elenca una serie di rimedi. Innanzitutto sollecita la chiusura di Guantanamo, dove dal 2002 il Pentagono ha rinchiuso, senza processo e senza le garanzie di cui godono i prigionieri di guerra, più di cinquecento militanti islamici catturati durante la guerra di George W. Bush al terrorismo.
La seconda disposizione dell´Onu è di eliminare le prigioni della Cia in giro per il mondo, dove presumibilmente sono rinchiusi alcuni esponenti di primo piano di Al Qaeda, tra cui Khalid Sheikh Mohammed, considerato il cervello operativo degli attacchi dell´11 settembre. «Queste prigioni – è scritto nel documento – rappresentano una violazione della convenzione dell´Onu contro la tortura varata nel 1987».
Senza citare Abu Ghraib, ma riferendosi solo a «informazioni attendibili» sugli interrogatori e il trattamento dei prigionieri da parte degli americani, il comitato chiede poi a Bush di vietare metodi crudeli che potrebbero essere considerati come torture: dalle catene all´uso dei cani, dalle umiliazioni sessuali al «waterboarding», cioè al finto annegamento del prigioniero. I dieci saggi – criticando la strategia della «rendition», cioè della cattura e del trasporto segreto di terroristi – invitano Washington a non consegnare i detenuti a paesi dove rischiano di essere torturati.
Il comitato dell´Onu contro le torture non dispone di strumenti per imporre le sue decisioni. Ma il suo giudizio ha un grande peso morale, specie in una situazione che vede Bush sempre più solo nelle dinamiche geopolitiche. Gli Stati Uniti hanno reagito all´atto d´accusa in due modi: da un lato respingendo – per bocca del capo dell´ufficio legale del dipartimento di stato, John Bellinger – le conclusioni dei dieci saggi e negando ogni violazione delle norme; da un altro lato osservando – per bocca di Tony Snow, neo – portavoce della Casa Bianca – che lo stesso Bush all´inizio di maggio aveva espresso la volontà di chiudere Guantanamo ed era in attesa di una risposta da parte della Corte suprema.
Al di là della risposta impacciata del governo americano, la denuncia dell´Onu si aggiunge alle inquietudini e agli scandali sulle guerre segrete di Bush. Ormai è chiaro che dopo l´11 settembre 2001, su pressioni di Dick Cheney, il presidente abbia interpretato in modo molto «creativo» le leggi nazionali e le convenzioni internazionali. All´inizio nessuno ci ha fatto molto caso. Ma adesso, grazie a gole profonde, interventi di magistrati e rivelazioni dei giornali, comincia a emergere uno scenario da brivido: fatto di prigioni abusive e sequestri di persona, forzature della “intelligence“ e maltrattamenti di prigionieri. E naturalmente anche di intercettazioni telefoniche.
Proprio le intercettazioni continuano a dominare il dibattito al Congresso su Michael Hayden, il generale dell´Air Force scelto da Bush per guidare la Cia. È quasi certo che la sua nomina sarà ratificata dal Senato, ma i democratici stanno approfittando delle udienze per capire meglio – e denunciare – i sistemi della Nsa (National security agency), l´organismo diretto da Hayden fino all´anno scorso, per controllare di nascosto le telefonate su ordine della Casa Bianca. Il generale ha difeso il suo operato e ha cercato persino di prendere le distanze dal Pentagono, forse per non sembrare la quinta colonna di Donald Rumsfeld nel mondo della intelligence.

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