AL ZARQAWI. Il padre di una delle vittime: «La morte non si festeggia»

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(Il manifesto 9 giugno 2006)

Il padre di una delle vittime: «La morte non si festeggia»

Il padre di Nick Berg, decapitato da Zarqawi nel 2004, gela la Cnn. Ma non frena il tripudio di Bush che proclama: «Ma la guerra al terrorismo continua»

Franco Pantarelli New York

«La mia reazione è che mi sento triste ogni volta che un essere umano muore e Zarqawi è un essere umano. Ha sicuramente una famiglia che ora si sente come mi sono sentito io quando Nick è stato ucciso. Oltre tutto Zarqawi è una figura importante. La sua morte scatenerà altre vendette. Una spirale che chissà quando finirà». Chi parla è Michael Berg. Suo figlio Nick è stato ucciso a Baghdad nel maggio 2004. E` stato uno di quelli decapitati dagli uomini in tuta arancione davanti alla telecamera. La Cnn lo ha raggiunto ieri mattina a Wilmington, nel Delaware, nel bel mezzo del tripudio per la notizia della morte di Abu Musab al-Zarqawi, il capo riconosciuto di Al Qaeda in Iraq. Ma l`intervistatrice Soledad O`Brien, che forse si aspettava di registrare il suo giubilo, viene colta di sorpresa dalle parole di Mr. Berg e glielo dice apertamente. La sua visione la conosceva, dice, ma forse in un momento così anche a uno come lui potrebbe venire da pensare «ben gli sta» all`uomo che gli ha ucciso il figlio. L`intervistato la delude ancora: «Come può un essere umano essere contento della morte di un altro essere umano?». Ma la lotta per la democrazia… incalza lui. «Democrazia?», la interrompe Michael Berg. «Andiamo! Chi può credere seriamente che quella sia una democrazia? Io non voglio dire che Saddam Hussein fosse un buono. Ma mi hanno detto che a uccidere mio figlio è stata Al Qaeda. Ebbene, con Saddam al Qaeda in Iraq non c`era. Con George Bush è arrivata».
Quella di Michael Berg è stata la «nota stonata» della mattinata frenetica che l`America politica (e soprattutto quella televisiva) hanno vissuto. Bush è uscito sul solito Giardino delle Rose della Casa bianca per annunciare che «quest`uomo violento ha trovato la sua fine e non ucciderà più» e che «i militari iracheni e gli americani possono sentirsi giustamente orgogliosi», tanto che lui si è congratulato con loro. Per un momento la sua faccia ricorda quella del famoso «missione compiuta» annunciato sulla portaerei Lincoln mascherato da pilota, ma questa volta sta bene attento a non esagerare. «Le operazioni di guerra in Iraq continuano – dice infatti – e dobbiamo aspettarci altri atti di terrorismo. Abbiamo davanti altri giorni difficili che richiederanno ancora la pazienza del popolo americano». Dopotutto «Zarqawi è morto ma la missione in Iraq, difficile e necessaria, continua». Più o meno le stesse cose, e più o meno nello stesso momento, le stava dicendo a Londra il suo alleato Tony Blair: «E` una bellissima notizia, un brutto colpo per Al Qaeda, ma le sfide restano immense. Altri continueranno a uccidere. Non facciamoci illusioni».
Ma non è facile controllare le tv e i politici, convinti che per l`audience e i voti ci vuole l`entusiasmo, mica la prudenza. Così ecco John McCain, il repubblicano «anomalo» che se vuole diventare presidente nel 2008 deve conquistare anche lo «zoccolo duro» della destra più bieca, scatenarsi sulla «grande svolta» costituita dalla morte di Zarqawi, soprattutto perché serve a «ridare fiducia i nostri soldati attualmente sotto attacco». Il riferimento è ovviamente a Haditha e agli altri ammazzamenti di civili attualmente sotto inchiesta. McCain non dice che i responsabili di quelle azioni vadano perdonati ma ci tiene a precisare che «il 99.99% di loro sono brave persone». Il nesso con la morte di Zarqawi resta misterioso. L`eroe della giornata, dopo che è stato reso noto il modo in cui Bush – già nel pomeriggio di mercoledì – ha appreso la notizia, è stato un oscuro deputato repubblicano dell`Illinois di nome Ray LaHood. Lui e altri parlamentari tornati da poco da una visita in Iraq erano nell`Ufficio ovale della Casa bianca per «uno scambio di opinioni» con Bush. LaHood stava spiegando quanto importante sarebbe prendere Zarqawi e proprio in quel momento un collaboratore di Steve Hadley, il consigliere per la sicurezza nazionale, è entrato per avvertire il suo capo che c`era una telefonata da Baghdad. Hadley si è scusato, è andato al telefono e all`altro capo c`era Zalmay Khalilzad, l`ambasciatore Usa, che gli annunciava il raid aereo contro un edificio nel quale c`erano buone probabilità che si trovasse Zarqawi. L`auspicio del deputato LaHood si era realizzato proprio mentre lui lo formulava.
Hadley non dice nulla, aspetta che la riunione finisca e quando i parlamentari lasciano l`Ufficio ovale informa gli altri, cioè Bush, il vice Cheney, la Rice e il capo della staff Bolten. Ore più tardi ha provveduto il generale Peter Pace, il capo di stato maggiore, a dare la conferma. Ma ormai era tarda sera. Per un impatto mediatico «adeguato» era meglio aspettare ieri mattina, per dare la notizia.

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