SPIONI E SPIONCINI. Intervista allo 007 privato Emanuele Cipriani

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(da “La Repubblica“, VENERDÌ, 02 GIUGNO 2006, Pagina 1 – Prima Pagina)

Intervista allo 007 privato Emanuele Cipriani: “Dal gruppo Tronchetti ho avuto 11 milioni di euro“

“Così spiavo per Telecom“

Parla l´uomo dei dossier segreti su manager e politici

Carlo Bonini e Giuseppe D´Avanzo

«Alcuni dei reati che mi hanno contestato li comprendo. In altri non mi riconosco». Parla Emanuele Cipriani, l´uomo del dossier Telecom, 46 anni, lo 007 privato indagato (con Giuliano Tavaroli, fino a pochi giorni fa capo della sicurezza aziendale Telecom e quindi Pirelli) per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di pubblici ufficiali per l´acquisizione di notizie “sensibili“. «Dal gruppo Tronchetti ho avuto 11 milioni di euro», dice nell´intervista a Repubblica. E aggiunge: «Nei miei fascicoli ho raccolto un venti per cento di notizie sensibili: oggi non lo rifarei più».

ROMA – Emanuele Cipriani, 46 anni, ex-funzionario della Banca Nazionale dell´Agricoltura, è “l´uomo dei dossier Telecom“, per usare una formula giornalistica. Guai, però, a chiamarlo “spione“. «Spione mi sembra un´insinuazione malevola. Io sono un imprenditore della sicurezza privata».
Riepiloghiamo per i lettori. A Milano, lei è indagato, con Giuliano Tavaroli, fino a pochi giorni fa capo della sicurezza aziendale Telecom e quindi Pirelli, per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di pubblici ufficiali per l´acquisizione di notizie “sensibili“.
«Alcuni dei reati che mi hanno contestato li comprendo. In altri non mi riconosco».
È un fatto che presso un collaboratore della sua agenzia di investigazioni “Polis d´istinto“ è stato trovato un dvd da cui, per il momento, sono state estratte 35 mila pagine di informazioni riservate. Secondo alcuni, è solo una parte dei dossier che, per altri, sarebbero addirittura 100 mila. Cominciamo da qui. Quanti sono questi benedetti dossier? Quanti i file?
«Devo chiarire che non potrò rispondere alle domande che sono state oggetto dei miei tre interrogatori secretati. È un impegno che ho preso con il pubblico ministero e intendo rispettarlo. Vengo alla vostra domanda. Solo una piccola parte del contenuto del dvd è riservato. Non ricordo il numero dei file contenuti in quel dvd, protetto da un codice crittografico alfanumerico che io ho aperto fornendo ai magistrati la password. Posso dire che vi sono decine e decine di migliaia di pagine di testo elettronico. I dossier raccolgono più file e, per quello che posso ricordare in questo momento, saranno centinaia».
Si è detto che i dossier sono costruiti secondo un protocollo che raccoglie dati anagrafici, patrimoniali, partecipazioni in società, relazioni personali. Lo può confermare?
«È vero. Nel corso degli anni abbiamo messo a punto un format che utilizzavamo per sintetizzare al cliente le conclusioni della nostra inchiesta».
Ci può dire quali erano le singole voci del “format“?
«A questa domanda non posso rispondere».
Il dvd raccoglie comunque le indagini delle sua Polis d´istinto? E che significa poi “Polis d´istinto“?
«È diventata Polis d´istinto per un errore burocratico della segretaria del commercialista. Doveva essere Police d´istinto. Comunque, no. Il dvd raccoglie non le indagini della Polis d´istinto, ma di due mie società di investigazione privata registrate all´estero».
Quali?
«La “Worldwide Consultant Security ltd.“ (Wcs) di Londra, prima, e la “Security Research Advisor ltd.“ (Sra) sempre di Londra, dopo. La stampa ha parlato della “Plus Venture Management“ (Pvm) delle Isole Vergini, ma non è una società operativa».
Queste due società e la Polis d´istinto fornivano servizi a Pirelli e Telecom?
«Diciamo che Polis d´istinto dipendeva per il 45-50 per cento del fatturato dalle commesse di Pirelli e Telecom. Wcs e Sra per il 75-80 per cento».
Quindi, i dossier all´esame della Procura di Milano sono lavoro di Polis d´istinto o di Wcs e Sra?
«Polis d´istinto, oggi di fatto in liquidazione, ha tutto in regola. Sono indagato per il lavoro svolto con le due società estere».
Quindi il denaro che le è stato sequestrato all´estero appartiene a queste due società estere?
«Esatto. E ammonta a circa 11 milioni di euro».
Si sospetta che lei abbia fatto da vettore per la creazione di fondi neri o provviste personali di dirigenti Telecom all´estero e dunque che parte di questi 11 milioni non siano suoi.
«È una sciocchezza. Quel denaro è mio. L´ho guadagnato con il mio lavoro, che è sempre stato riconosciuto come eccellente. Forse il migliore che fosse possibile reperire sul mercato italiano. Non ero un investigatore con gli occhiali neri e la macchina fotografica al collo che si dà da fare per documentare tresche e corna. Il nostro mondo si è molto evoluto. Oggi, devi essere capace di raccogliere informazioni in Sud America e in Africa. E se ti azzardi a dire riunione, invece che “staff meeting“, o telefonate, invece che “conference call“, appari uno sprovveduto».
Le due società estere, lei ha detto, hanno lavorato per gran parte a vantaggio di Pirelli e Telecom. Chi le commissionava le indagini?
«Il direttore della Security di Pirelli e di Telecom».
Giuliano Tavaroli?
«Negli ultimi anni, sì. Ma non solo lui. Prima, altri direttori della sicurezza».
Da quanto tempo conosce Giuliano Tavaroli?
«Da trent´anni. Eravamo quindicenni e giocavamo insieme all´oratorio di Albenga, dove allora lavorava mio padre, direttore di banca. Giuliano era stato molto sfortunato. Aveva, a quella tenera età, perso entrambi i genitori e mio padre si legò a lui come a un figlio. Da allora, la nostra amicizia non è mai venuta meno. Quando Giuliano era all´Anticrimine dei carabinieri di Milano, si fermava a Firenze ogni volta che poteva. L´ultima volta che l´ho visto è stato a febbraio dello scorso anno, al funerale di mio padre. Questo pasticcio era già cominciato. Da allora, se si escludono gli auguri di Natale, mi ha mandato un sms il giorno della nascita di mia figlia, 35 giorni fa».
Quindi era Tavaroli che le chiedeva il lavoro di informazione.
«Sì, anche lui. Aveva portato prima in Pirelli e poi in Telecom una ventata di innovazione. Un metodo. Il metodo Tavaroli aveva trasformato annoiati impiegati in intraprendenti e attivissimi funzionari della sicurezza, capaci di sorveglianza societaria e finanziaria in ogni angolo del mondo in cui quelle società avevano un qualche interesse. Oggi, se dici Pirelli non ha senso pensare soltanto ai pneumatici e ai cavi».
Lei ha lavorato per la Telecom di Colaninno, mentre lavorava per la Pirelli di Tronchetti. Quando Tronchetti ha acquisito Telecom di Colaninno, per chi dei due ha lavorato?
«Sollevai subito con Telecom e con Pirelli il mio possibile conflitto di interesse. Entrambi mi rassicurarono e, in quel periodo, Telecom mi mise a lavorare su questioni internazionali».
In quel momento decisivo per le sorti delle due aziende, immaginiamo che buone informazioni fossero merce preziosa. Possibile che non le fu chiesto nulla?
«Non mi è stato mai chiesto di tradire la fiducia dei miei committenti».
Nei file contenuti nel suo dvd, ci sono dossier che riguardano i vecchi proprietari di Telecom, come Gnutti e la sua Hopa o Consorte e la sua Unipol?
«Posso dire che né Gnutti né Consorte sono stati, in modo diretto, “soggetti di interesse“ del mio lavoro. Non posso escludere che nei file ci siano riferimenti casuali alle società di Gnutti o ad Unipol».
Nel dvd ci sono dossier su politici?
«Non posso continuare a rispondere. Posso solo dire che ci sono file che riguardano persone fisiche e giuridiche».
È un fatto certo che ci sia un lavoro di investigazione su un arbitro di calcio: Massimo De Santis. Da chi le fu commissionato?
«Dalla Pirelli».
Da chi in Pirelli?
«Non, come ho letto, dal dottor Tronchetti Provera che non ho mai incontrato. Fu un incarico come gli altri».
E si chiese il motivo di quell´obiettivo così eccentrico? Immaginò che fosse un lavoro per l´Inter?
«Non facevo domande. Mi preoccupavo soltanto di dare risposte. Puntuali e sollecite».
A un amico come Tavaroli, una domandina la si poteva fare.
«Non conoscete Giuliano. L´amicizia è la prima cosa che accantona quando si lavora. Mi è toccato più di una volta subire, anche in pubblico, qualche sonoro cazziatone».
Ha investigato su altri personaggi del mondo del calcio?
«Non ricordo nel dettaglio, ma lo escluderei».
Un altro dossier di cui si favoleggia è quello che riguarda Afef, la moglie di Marco Tronchetti Provera. Nel dvd-archivio ci sarebbero informazioni che la riguardano.
«Questa è un´infamia. Io sono un professionista corretto. E mi sale il sangue alla testa se mi si dice che ho tradito la fiducia di chi me l´ha concessa offrendomi del lavoro. Non ho mai raccolto informazioni sulla signora, che non conosco personalmente. Come, ripeto, non conosco il dottor Tronchetti Provera. Diffondere queste menzogne mi danneggia in modo irreparabile. Peraltro, ce n´è un´altra in giro dannosissima».
Quale?
«Che io avrei subappaltato le investigazioni contro Piero Marrazzo e Alessandra Mussolini. Non è vero. È un´assurdità. Per fortuna, degli autori di quella iniziativa io non ho neanche i biglietti da visita, né mi è mai capitato di incontrarli ad un congresso di security».
Rimaniamo su Afef. Che tipo di file ci sono sulla signora nel dvd?
«Nessuno. Solo brevi riepiloghi delle prestazioni da noi fornite per la sicurezza sua e del dottore. Era soprattutto un lavoro di tutela: la partecipazione a un congresso, una sfilata di moda. Nulla di più. Nessuna torbida informazione. Soltanto il resoconto del servizio svolto».
Torniamo al suo rapporto con Tavaroli e ai dossier preparati per suo ordine. Che tipo di informazioni le forniva Tavaroli sul “soggetto di interesse“?
«Nulla. A volte soltanto un fax o un biglietto da visita. E io partivo da lì per il mio lavoro. Al più, se si trattava di una società di cui si doveva valutare la solidità, le schede o le informazioni elaborate dalla direzione commerciale di Telecom o Pirelli».
Avrà pure ricevuto delle indicazioni su che cosa concentrarsi?
«No. Il più delle volte c´era il nome e una scritta sotto: “Tutto“».
Che significa “tutto“?
«Significa tutto. Tutto quel che è possibile sapere su una società o una persona. Un lavoro a 360 gradi, come diciamo noi».
Questo “tutto“ prevedeva anche qualche manovra borderline?
«Sentite, se in questo momento mi trovo in questa situazione è perché il 20 per cento delle informazioni da me procurate erano riservate. Oggi non lo rifarei».
Cioè, il modo di acquisire quelle informazioni era illegale?
«Lo accerterà la magistratura».
Di che si trattava? Di accessi abusivi a banche dati?
«Di questo non posso parlare, fa parte dell´accertamento giudiziario».
Le chiediamo ancora: Tavaroli le ha mai offerto a sostegno della sua attività tabulati telefonici o, addirittura, intercettazioni?
«Mai».
Non vorrà dire, Tavaroli a parte, che in Italia sia così difficile procurarsi abusivamente tabulati telefonici?
«Non sto dicendo questo. Fino a quando ho lavorato io, il mercato dei tabulati telefonici era addirittura florido. Io dico che Tavaroli non me li ha mai forniti, né io li ho mai cercati. Anzi, ricordo un episodio: nel 2003, passeggiando nel centro di Milano, mi propose un´operazione per stroncare quel mercato. Mi chiese di fare da esca. Di chiedere in giro e comprare tabulati, per smascherare i dipendenti infedeli che ne facevano commercio. Il progetto era appoggiato anche da Adamo Bove, allora uomo della sicurezza Tim. Osservai che acquistare tabulati comportava dei rischi. Tavaroli mi rassicurò, dicendo che ne avrebbe parlato all´autorità giudiziaria prima di mettermi all´opera. Poi, della cosa non se ne fece nulla. Racconto questo episodio per dire che, non solo io non ho mai utilizzato tabulati o intercettazioni, ma che il mio committente, Tavaroli, era impegnato a stroncare quel traffico illegale».
Pare che la maggior sorpresa del suo archivio elettronico la riservino gli accertamenti patrimoniali all´estero. È così facile ficcare il naso nei conti esteri degli italiani?
«Ci sono società estere specializzate in intelligence patrimoniale. Questo lavoro, che si costruisce con gli anni, era svolto anche dai miei corrispondenti all´estero. Miei collaboratori insomma. Brava e ben pagata. Come per altro accadeva anche in Italia, dove potevo contare su analisti, consulenti, giornalisti…».
Giornalisti?
«Sì lavoravano per me due giornalisti specializzati in terrorismo e crimine organizzato che, ora, mi risulta abbiano collaborazioni con Telecom. L´ex vicedirettore di “Famiglia Cristiana“ Guglielmo Sasinini e Francesco Silvestri, già direttore di “Narcomafie“. Li pagavo con regolare fattura. Erano molto bravi ad analizzare gli scenari mondiali. Anche complessi».
Lei conosce Marco Mancini, numero due del Sismi?
«Marco l´ho conosciuto alla metà degli anni ´80, quando lavorava con Giuliano all´Anticrimine dell´Arma dei carabinieri di Milano. Ho avuto con lui e con la sua bellissima famiglia, un rapporto molto intenso e profondo. Sono molto affezionato ai Mancini».
Il suo lavoro ha tratto vantaggio da questo rapporto di amicizia?
«Non dovete mescolare l´amicizia al lavoro. Marco ha una forte sensibilità istituzionale che sa tenere ben distinti l´amicizia da questioni di altro tipo. Mai ho approfittato del nostro rapporto né lui me l´avrebbe consentito».
Ammetterà che è difficile credere che voi tre – lei, Giuliano Tavaroli, Marco Mancini – tre ragazzi cresciuti insieme che fanno, per organizzazioni diverse, lo stesso mestiere al mercato delle informazioni non si danno una mano scambiandosi, di tanto in tanto, qualche notizia o dossier riservato.
«Mi rendo conto che è difficile crederlo. Ma è così».
Dicono che tra i suoi amici ci sia anche un altro ingombrante personaggio, Licio Gelli.
«È un´altra sciocchezza. Non conosco Licio Gelli, anche se mi è capitato di incontrarlo in circostanze non felici, come il funerale di sua figlia. La verità è che da oltre 15 anni sono amico di suo figlio Raffaello e della moglie Marta».
Lei è massone?
«No. Né frequento circoli. Da un anno e mezzo conduco vita ritirata e peraltro nessuno si affanna a venirmi a trovare».
In effetti, anche il suo amico Tavaroli oggi la definisce “avido“ in un colloquio con il Sole-24 Ore.
«Avido io? Potrei dire che è lui troppo disinteressato all´aspetto economico. Voglio credere che ci sia stato un eccesso di sintesi. Di Giuliano penso e voglio pensare solo bene».

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