Le parole più dette del mondo

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(La Repubblica, LUNEDÌ, 03 LUGLIO 2006, Pagina 17 – Cronaca) Le parole più dette del mondo L´Oxford dictionary: “tempo“ al primo posto. E guerra batte pace Elenco redatto dai linguisti del maggiore dizionario anglosassone E ai primi posti alcuni dei vocaboli che indicano la suddivisione temporale I lemmi tradizionali resistono all´avanzata delle tecnologie ALESSANDRA RETICO ________________________________________ ROMA – “Lavorare“ anziché “giocare“, “problema“ sì ma non “soluzione“, “uomo“ il doppio di “donna“. “Persona“ piace molto, usata tantissimo, è parola bella e astratta, asessuata, corrispettivo umano di “cosa“, dentro ci puoi mettere tutto, oggetti e usi moltiplicati nel suo spazio neutro. Ma è soprattutto “tempo“, che tempo fa e non c´è più tempo, è tempo di andare e tempo scaduto: declinazioni infinite su un perno di poche lettere, time è parola che il mondo anglosassone usa di più secondo i compilatori di un compendio al dizionario Oxford che stila la classifica dei vocaboli più frequenti nel linguaggio comune. Manca, è poco, che ore sono, oggi, questa settimana, da un anno e persino da una vita. È qui la vera ossessione dell´epoca, lo spirito, appunto, dei tempi. I tempi di tutti visto che l´inglese viene parlato dalla maggior parte delle persone su questa terra e tantissimo su internet, dove i linguisti di Oxford sono andati a pescare le proprie fonti, giornali online e blog (i diari di bordo sul web), fiction e news. Dunque linguaggio quotidiano e modernissimo, dove insomma ti aspetteresti sms, chat e smart, reset e cool a bizzeffe. Invece no. Nella top 25 del volumetto, 11esima edizione, obiettivo quello di misurare l´evolvere della lingua, neanche un´occorrenza così, nessun privilegio alla nuova grammatica della rete, assenti neologismi e barbarismi, parliamo come sempre e come in passato, non vecchi, ma tradizionali sì. Gli inglesi precisano: come gli anglosassoni prima dell´invasione normanna (1066). È una sorpresa, forse delle più curiose, le parole sono radici grosse. Che stanno lì, solide, a volte corrotte e abusate, maltrattate, però sono elastiche e sanno flettersi per significare il XXI secolo, parlano di come siamo e cosa vogliamo proprio adesso. E adesso per noi è tempo. È primo sul podio perché sta in mezzo a molte frasi fatte e proverbi «che agli inglesi piace molto ripetere», spiega Angus Stevenson, tra i curatori del libro. Ma è tutta la foresta di significati accessori e traslati, direbbe il tecnico che è tutta l´area semantica legata che colpisce nella frequenza d´uso: “anno“, (3) “giorno“ (5), “vita“ (9), “parte“ (11), “settimana“ (17). Spadroneggia e non è un caso in un´epoca così. Ed è questo il punto, nemmeno il resto delle parole in lista sono senza un pensiero. Le parole le cose, diceva il filosofo francese Foucault. Seconda posizione per persona, quarta per way, che è strada ma anche modo e molte altre cose (18 significati in inglese), sesta per thing, “cosa“. Parole da riempire di significati, campi arati da seminare. L´astrattezza e la neutralità, ma anche le possibilità racchiuse nel vago, nelle conversazioni anche scritte, sono le migliori, o almeno le preferite (e si pensi all´uso di “cosa“ nelle intercettazioni). Parlano anche di sesso e di politica le parole: maschio occupa il settimo gradino, “donna“ il 14esimo. Anche qui una puntualità culturale, la società di internet non così progressista e rosa, neanche qui le quote piacciono granché. E maschia, virile, marziale: “guerra“ si piazza al 49esimo posto, pace non rientra neanche tra le prime 100. I significati mettono i brividi. Infatti piace molto “lavoro“ (16) mentre gioco e riposo sembrano impronunciabili (anche loro fuori dai primi 100), non è che tranquillizzi molto, anche se spiega. Così come il “denaro“, che Benjamin Franklin legò come un nodo al tempo creando una massima per la globalizzazione anzitempo, vale soltanto la 65esima posizione. C´è “problema“ (24), ma non c´è “soluzione“ (fuori dalla lista), siamo molto tormentati. Le “mani“ battono gli “occhi“ (10 e 13), fare anziché guardare, e “governo“ (government, 20) è la parola più lunga. Parliamo corto, monosillabico, ecco la nostra modernità. Non c´è tempo.

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