La spazzatura in viaggio lo specchio del Belpaese

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Tonnellate di rifiuti da smaltire trasferite da una regione all´altra

di FRANCESCO MERLO

 

Dal Po al Simeto, dal Tirreno al Resegone, vascelli e carovane di spazzatura napoletana, indigena e allogena, stanno raggiungendo, come torpedoni di turisti, approdi portuali e stazioni ferroviarie: 4.300 tonnellate in Toscana, 3.500 in Lombardia, 3.500 in Piemonte, 2.000 in Sicilia, e presto un treno di pattume «anema e core» partirà per la Germania, come in passato i cafoni emigranti, che erano l´eccedenza rurale della riforma agraria: gli scarti e i rifiuti d´epoca.

È come un´effusione di lava vesuviale che sta invadendo l´Italia, segno della mortificazione di quella che fu la nostra metropoli più internazionale, definitivamente sconfitta da un ambientalismo che, per dirla con il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, «considera la discarica di sinistra e l´inceneritore di destra».

 

Ma la spazzatura napoletana, che viene accolta in Piemonte e persino in Sicilia ma rifiutata dal Veneto leghista, diventa anche la cifra simbolica del nostro stato d´animo collettivo. È infatti la risorsa di un Paese in decadenza che fa dello scarto un elemento di contrattazione e di eccitazione identitaria, come nel caso dello sputo ad effetto con sterzata del calciatore Ibrahimovic che, per bocca del presidente Moratti, non sarebbe da punire per l´offesa all´avversario, ma al contrario da confortare «perché da quando è all´Inter – povero sputatore – viene seguito dalle telecamere come mai in precedenza e ormai deve stare attento anche quando cammina»: insomma è spiato come Bobo Vieri.

 

I tanfi e i fetori di spazzatura, che a Napoli costringono la gente a indossare la mascherina per strada e a fare zapping tra dossi e cunette in fermentazione, sono gli stessi che nell´intrattenimento televisivo eccitano, ormai quotidianamente, la maleducazione di Vittorio Sgarbi, uomo mite e fine quando è lontano dalla spazzatura, ma morbosamente attratto dalle telepuzzolenze. Come il dottor Jekyll beveva la sua pozione “termovalorizzatrice”, così l´assessore alla cultura della città di Manzoni, capitale intellettuale del paese, sniffa immondizia, si inietta trash ed ecco che si stravolge per insultare un tal Casalino, per aggredire la Mussolini, per strapazzare una sconosciuta incolpevole o, in mancanza di meglio, un´inserviente. E subito gli ascolti salgono perché le mosche sentono il lezzo di carogna, e la spazzatura, per l´audience, diventa oro esattamente come accade nella Campania che è ancora Pozzuoli: Puteoli.

 

E difatti, come in un ipotetico episodio de “La pelle” di Malaparte o in un rifacimento moderno di una commedia tragica di Eduardo, la stessa Campania che non riesce a smaltire la propria spazzatura, lasciata a fermentare per le strade, in realtà ne accoglie abusivamente tanta altra di “serie A” proveniente dalle industrie del Nord d´Italia e dell´Europa, e che viene trattata dall´ecocamorra, come ha coraggiosamente raccontato il giovane scrittore Roberto Saviano in quel libro “Gomorra” che gli sta costando la limitazione della libertà.

 

Insomma quello della spazzatura è un imbroglio perfettamente napoletano, da giocarselo al lotto: da una parte c´è il rifiuto fisiologico locale che viene mandato in Lombardia, e dall´altra c´è quello importato dalla Lombardia, con una strana alleanza di resistenza ai termovalorizzatori tra l´ecocamorra e il partito del ministro verde, il napoletano Pecoraro Scanio, che non vuole incenerire la lordura di terra per non lordare l´aria. Sempre l´ideologia che surroga la competenza involontariamente alimenta la furbizia criminale.

 

Certo è sincero il fondamentalismo ambientalista quando si schiera in prima fila a difesa di Saviano. Ma è proprio questo il guaio: la lotta all´ecocamorra che «in quattro anni ha riversato nelle tasche dei clan 44 miliardi di euro» diventa facile copione, come una recita di utili idioti. Ha scritto Saviano nel suo libro: «La parte più consistente del traffico va dal Nord verso il Sud: un milione di tonnellate di rifiuti in 4 anni solo a Santa Maria Capua Vetere…,18mila tonnellate di rifiuti tossici sono partiti da Brescia e smaltiti tra Napoli e Caserta». Eppure, aggiungiamo noi, a Brescia è stato costruito il più moderno inceneritore d´Italia, proprio quello che a Napoli e Caserta non s´ha da fare.

 

Come si vede è una tarantella, spazzatura che va e spazzatura che viene, e Napoli diventa la vera capitale d´Italia, quella dello sputo nei campi di calcio, quella che accorre come uno sciame di moscerini e con un tifo da curva sud quando la televisione si unge di peste, quella che fa spiare e intercetta avversari politici giornalisti e dipendenti, quella papalina che «Maometto era un violento, anzi no», quella che Moggi è una vittima… In Italia la cosa più ricca e lucrosa è la carta che si scarta, è il residuo, è la monnezza. Chi si appassiona alla monnezza si appassiona all´Italia. E infatti, l´intercettazione telefonica, che ormai da anni anima le nostre cronache, contiene gli scarti rivelatori della verità, rifuti-spia, avanzi-indizi, residui-traccia, foglie di lattuga, torsoli di mela, confezioni ammaccate di callifughi, conti che non tornano: «il quartierino» di Ricucci, il «bacio» di Fiorani a Fazio, il «chiamatemi Fassino» di Consorte, l´avvolgente ed ecumenico spionaggio della Telecom. E ancora: la monnezza in diretta dei reality, Sgarbi che si autodefinisce monnezza d´artista alla Cultura di Milano, gli amministratori campani che non sanno cosa fare contro la mafia della monnezza se non battere le mani al libro di denunzia.

 

Scrive ancora Saviano nel suo Gomorra: «I carabinieri individuarono a Villaricca un terreno dove erano accumulate le carte utilizzate per la pulizia delle mammelle delle vacche di allevamento del nord, lombarde, venete, emiliane. Carte che trasmettono le malattie degli animali e inquinano i terreni… Nei terreni si trovano toner di stampanti, cariche di cromo esavalente, ma anche i resti di corpi che dopo 40 anni i cimiteri tolgono dalle tombe. Il costo di smaltimento è elevatissimo e i direttori dei cimiteri danno una mazzetta ai becchini per farli scavare e poi buttano tutto sui camion che la camorra dirotta nei vari territori… Il vescovo di Nola definì il sud la discarica abusiva dell´Italia ricca e industrializzata. Qui finiscono le scorie delle fabbriche metallurgiche, delle centrali termoelettriche e degli inceneritori», qui arriva e da qui parte la spazzatura, qui si fa l´Italia: simmo e Napuli, paisà!

 

(La Repubblica, 18 ottobre 2006)

 

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