Romania e Bulgaria in Europa, Pagani: I nomadi in Italia non aumentano

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I numeri evidenziano che risiedono oggi in Italia tra i 100 e 120 mila

Il presidente dell’Opera Nomadi: ”Chi cercava fortuna in Italia non ha certo aspettato questa occasione”.

MILANO – Qualcuno già parla di invasione, ma forse si sbaglia. “I nomadi in Italia non aumenteranno -rassicura Maurizio Pagani, presidente dell’associazione Opera Nomadi di Milano -. L’entrata della Romania nell’Unione Europea non dovrebbe provocare un arrivo in massa dei rom nel nostro Paese: chi cercava fortuna in Italia non ha certo aspettato questa occasione”. A confermarlo sono i numeri. In Italia, secondo le stime dell’Opera Nomadi, risiedono oggi tra i 100 e 120 mila nomadi, il 30% di loro sarebbero di origine romena. Solo in Lombardia vivrebbero oltre 5 mila rom, più della metà a Milano e nell’hinterland.

“Per quelli che sono già in Italia -spiega Maurizio Pagani- non cambierà molto. Certo, non ci sarà più lo spauracchio dell’espulsione, ma per quanto riguarda casa e lavoro non vi sarà nulla di nuovo: le politiche sociali sono sempre le stesse, e in colpevole ritardo”. Milano intanto si interroga sul futuro dei campi, soprattutto dopo l’incendio che ha coinvolto la baraccopoli di via Triboniano, uno degli insediamenti più grandi della città. “Si dice che i nomadi devono impegnarsi a rispettare le regole, ma occorre rispondere alle loro esigenze in modo serio – prosegue -. La cronaca di questi giorni ci fa capire che il problema dei rom viene affrontato ancora nell’ottica dell’emergenza: manca una politica della casa per gli immigrati e un vero processo di integrazione può avvenire solo se si fonda sul riconoscimento del diritto alla casa, ma anche al lavoro, alla scuola e sul rispetto delle regole.”.

Eppure a Milano i rom vivono, e lavorano. “La costruzione della Fiera o il cablaggio della città sono stati realizzati grazie anche alla loro manodopera nelle imprese edili – aggiunge Maurizio Pagani -. In molti casi si trattava però di lavoratori in nero e quando qualcuno ha chiesto al proprio datore di lavoro di essere assunto in modo regolare per ottenere il permesso di soggiorno, si è visto chiedere migliaia di euro”.

Anche sull’emergenza abitativa Maurizio Pagani ha qualcosa da dire. “Non serve aprire nuovi campi nomadi – commenta -. La nostra esperienza ci insegna che i rom lasciano volentieri le roulottte. Chi ce la fa, compra un terreno dove costruire una casa per tutta la famiglia, parenti compresi. Oppure, ristruttura un caseggiato”.

Nel primo pomeriggio si è concluso anche un vertice in Comune per affrontare la questione campi nomadi. Al tavolo delle trattative era seduto, come sempre, don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano. “La novità più importante? La presenza del volontariato sociale – spiega il sacerdote -. La ristrutturazione del campo di via Triboliamo vedrà come protagoniste le associazioni: la loro presenza permetterà di rompere l’isolamento in cui troppo spesso si trovano i rom. In particolare, poi, favorirà la scolarizzazione dei bambini che ci abitano”.

La soluzione dei problemi però supera i confini. E don Colmegna lancia un appello al governo della Romania in favore di questi “suoi cittadini”. “Con l’ingresso della Romania nella Ue queste persone sono diventate cittadini europei a pieno titolo, ma restano anche romeni a tutti gli effetti, quindi le politiche di integrazione vanno perseguite da entrambe le parti”. (Dario Paladini, eps)

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Case e assegni familiari, le richieste dei rom di Bologna. ”Ora siamo cittadini europei”

E al Sindaco chiedono le centinaia di case popolari vuote che il Comune non ha i soldi per rimettere a posto: ”Le possiamo ristrutturare noi, perché in tanti siamo muratori”

BOLOGNA – L’idea la lancia Costantino, portavoce dei rom di Villa Salus, che a Bologna ha vissuto lo sgombero del Lungo Reno, l’esperienza del Ferrhotel occupato e tutti i problemi d’integrazione in città della sua comunità: “Ora che siamo cittadini europei i nostri diritti dovranno essere rispettati: quello che propongo al Comune di Bologna, da subito, è di darci da ristrutturare le centinaia di case popolari vuote che il Comune non ha i soldi per rimettere a posto, e poi di poterle abitare. Le possiamo ristrutturare noi, perché in tanti siamo muratori”. La comunità rom di Bologna, con l’ingresso della Romania nell’Unione europea, non vuole più infatti sentire parlare di campi nomadi: “Mi auguro che si riesca a mettere fine, ora, alle baracche e alle roulotte – prosegue Costantino -. Non ne vogliamo più sentire parlare. La criminalità si combatte prima di tutto favorendo delle condizioni di vita decenti, e il diritto a una casa ne è la base. Ma chi dice che i rom scelgono di vivere nelle roulotte? Voglio sottolineare che solo in Italia e in altri Paesi, come ad esempio la Germania e l’Austria, i rom vivono nelle baracche: in Romania hanno tutti una casa”.

Un punto fondamentale, questo, per combattere, in particolare, lo sfruttamento delle donne e dei bambini che avviene all’interno della comunità: “chi non rispetta la legge italiana – tiene a precisare Costantino -, e lo dico col cuore in mano, deve andare in prigione. I diritti si possono avere, e noi possiamo chiederli, solo se vengono rispettati i doveri. Bisogna però che la società favorisca la possibilità di rispettare i doveri”. In che modo? “Attraverso l’integrazione e la cultura – prosegue -. Bisogna fermare innanzitutto l’accattonaggio delle donne e dei bambini, che sono costretti a farlo, sono sfruttati”. Vanno quindi favoriti l’inserimento scolastico dei bambini e dei ragazzi e combattuti i pregiudizi che esistono intorno ai rom: “spesso, se cerchi lavoro, e dici che sei rom – sottolinea Costantino -, come a me è successo spesso, i datori te lo negano, così come avviene quando devi cercarti una casa”. Per questo Costantino sta pensando di fondare un’associazione, fatta di italiani e di rom: “per cambiare la cultura e certe abitudini – spiega – sia nostre che degli italiani. E per smetterla una volta per tutte con le polemiche, le strumentalizzazioni politiche e anche con l’atteggiamento dei ‘poverini”. Noi non siamo dei poverini: bisogna che tutti ci diamo da fare per migliorare l’integrazione”. La Comunità rom chiede inoltre al Comune di poter accedere agli assegni familiari: “finora non potevamo averli – conclude Costantino – perché i nostri figli non erano inseriti nei permessi di soggiorno, ma ora ne abbiamo diritto anche noi”. (vedi lancio successivo (en)

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