I metalmeccanici tedeschi chiedono il 6,5% di aumento

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Il sindacato IG Metall punta alto, e tenta di invertire un decennio di moderazione salariale. «Vivono in un mondo di illusioni», commenta il presidente degli industriali. Probabilmente l’accordo si potrà raggiungere intorno al 3%

(il manifesto, 7 febbraio 2007)

Guido Ambrosino
Berlino
La IG Metall si prepara al rinnovo del contratto chiedendo aumenti del 6,5%. Il sindacato che rappresenta 3,4 milioni di dipendenti dell’industria meccanica e elettrica vuole voltare pagina dopo un decennio di moderazione salariale. Sarà dura, le imprese già alzano barricate: «Il sindacato si muove in un mondo illusionario», dice il presidente del padronato meccanico Martin Kannegiesser.
«L’industria meccanica e elettrica può sostenere senza difficoltà un aumento salariale nell’ordine di grandezza del 6,5%», sostiene invece il presidente della IG Metall, Jürgen Peters. Questa è la proposta su cui ora discuteranno le sette «commissioni contrattuali» del sindacato, su base regionale. La decisione sulle richieste da presentare sarà presa il 26 febbraio. Il contratto scade il 31 marzo. A metà marzo cominceranno i primi sondaggi con i datori di lavoro su base regionale. La Friedenspflicht, «l’obbligo di pace» tra le parti sociali termina per i metalmeccanici il 28 aprile. Da allora, se non si sarà trovata un’intesa, si potrà scioperare.
Gli affari del settore metalmeccanico tedesco vanno a gonfie vele, trainati dalle esportazioni. L’IG Metall orienta le sue rivendicazioni sull’aumento di produttività nel settore, stimato al 4,5%, e sul recupero di un’inflazione attorno al 2%. Il rituale tedesco della contrattazione sindacale dà per scontato che si spari forte all’inizio. Ma anche facendo la tara alla retorica, è chiaro che l’IG Metall punta a un risultato sopra al 3%.
Un economista di parte padronale come Klaus Zimmermann (Deutsches Institut für Wirtschatfsforschung) ammette che un importo complessivo del 3% sarebbe tollerabile, ma a condizione di trasferire sulle tabelle salariali solo il 2%, mentre il resto dovrebbe essere pagato come premio «congiunturale», una tantum. Pur senza anticipare cifre, anche il presidente di Gesamtmetall, Kannegiesser, insiste sui «premi», da cassare non appena il vento congiunturale dovesse cambiare.
Nel 2006 il Pil è cresciuto del 2,5%, l’incremento più alto dal 2000. Il fatturato dell’industria elettromeccanica, grazie alle esportazioni, è cresciuto in modo più che proporzionale del 6,5%. Tuttavia non tutti i lavoratori tedeschi se ne sono accorti. Gli addetti alle industrie d’esportazione hanno avuto aumenti salariali lordi superiori a un’inflazione dell’1,7% (chimici +3,4%, meccanici +2,6%). Ma la categorie forti non sono affatto riuscite a trascinare le deboli. Gli addetti al commercio si sono dovuti accontentare dello 0,9%, gli edili dello 0,7%, il pubblico impiego dello 0,4%. La media degli aggiustamenti contrattuali è stata dell’1,5%, due decimi di punto sotto l’inflazione.
Il quadro non migliora se si guarda all’ultimo decennio, tenendo conto del prelievo fiscale e contributivo, e della quota crescente di lavoratori pagati sotto le tariffe sindacali, che valgono in Germania solo per le aziende associate alle organizzazioni padronali. I salari netti effettivi sono scesi da 1138 euro nel 1995 a 1091 euro nel 2006 (fonte: Ifo Institut).

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