La Cina s’inquina: il premier lancia il «grande balzo verde»

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Crescita insostenibile e inquinante, «armonia sociale» a rischio. Nel rapporto annuale del governo i mali cinesi, e le costose cure

(il manifesto, 6 marzo 2007)


Angela Pascucci
A che punto è la Cina? «Scoppia» di sviluppo distorto, è tornato a ripetere ieri il primo ministro Wen Jiabao nel suo fitto «rapporto di lavoro» che, secondo il tradizionale copione, ha aperto la sessione annuale dell’Assemblea nazionale del Popolo, uno dei pochi appuntamenti pubblici della tuttora opaca politica cinese dal quale sia possibile cavare qualche indizio sul presente del paese.
Dalle due ore di discorso ai 2.890 delegati, trasmesse in diretta televisiva, è uscita l’immagine a tinte forti di una Cina che continua a crescere oltre ogni ragionevole misura, infliggendosi costi ambientali e sociali che non riesce ad arginare, nonostante da due anni la leadership lanci allarmi chiedendo che non i criteri quantitativi, ma quelli qualitativi, prevalgano. Così di nuovo inquinamento e povertà, e i relativi fallimenti nel farvi fronte, hanno fatto da leit motiv al rapporto. Il quale, va rilevato, non ha reservato neppure un accenno alla famosa legge sulla proprietà privata la cui approvazione è data per certa nel corso di questa seduta del Parlamento, che si chiuderà il prossimo 16 marzo.
Molti, e importanti, gli obiettivi mancati elencati da Wen Jiabao, a mo’ di consuntivo del 2006. Lo scorso anno il governo aveva stabilito che il tasso di crescita non superasse l’8%, per evitare investimenti in progetti inutili o sconsiderati, ed è invece andato oltre il 10%. Non che dispiaccia essere diventati la quarta economia mondiale ma «dobbiamo evitare di cercare solo la crescita più veloce» per promuovere uno sviluppo «sano» ha detto il premier, stabilendo anche per il prossimo anno un tetto dell’8%. Tanto più che, afferma Wen, «la crescita è inefficiente». Ancora si consuma troppa preziosa, e sempre più costosa, energia per produrre, il risparmio energetico è ignorato, tutti gli obiettivi di riduzione delle emissioni e degli scarichi inquinanti posti per lo scorso anno sono stati disattesi. Colpa della mancata ristrutturazione, soprattutto nell’industria pesante oberata di impianti obsoleti, e di governi locali che, per difendere propri interessi di corto respiro, ancora fanno orecchie da mercante alle decisioni del governo centrale. Ma il premier ieri li ha avvertiti: il governo non approverà più progetti che non superino le analisi di impatto ambientale e di consumo energetico stabilite dal centro.
Poi l’altro cavallo di battaglia, la costruzione di una «società armoniosa» nella quale la corsa alla ricchezza non avvenga a spese dei più poveri e non alimenti ulteriormente un gap sociale che è già baratro. «Dobbiamo mettere il popolo al primo posto….e assicurarci che tutti condividano i frutti della riforma e dello sviluppo», ha detto Wen. Anche questa già sentita spesso, in anni recenti. Di fatto le ultime statistiche disponibili dicono che se i redditi urbani medi cinesi nel 2006 sono arrivati a 11.759 yuan (poco meno di 1.200 euro, equivalendo 1 euro a circa 10 yuan) con un incremento rispetto all’anno precedente del 10,4%, i redditi rurali si sono attestati intorno ai 3.587 yuan, confermando che un contadino vive con un terzo degli introiti di un abitante delle città. Statistiche del pollo, in verità, perché la voragine dell’ineguaglianza è assai più considerevole, in Cina, e passa anche all’interno delle città più ricche: basti considerare che il drappello dei 500 cinesi più ricchi «vale» mediamente 276 milioni di dollari a testa e in quanto gruppo controlla ricchezze per 138 miliardi di dollari (anche senza leggi sulla proprietà privata).
Ma ieri, nella messa in scena della «società armoniosa», il ruolo dei protagonisti assoluti è andato ai contadini, che si sono aggiudicati la fetta di budget più rilevante , dopo le spese militari. Miliardi di yuan per edificare «la nuova campagna socialista», a riconoscimento dei prezzi durissimi pagati dai contadini nel corso degli ultimi venti ann, in termini umani e materiali, fra migrazioni, vessazioni fiscali, venir meno di ogni assistenza statale. Ed ecco allora lo stanziamento di 391 miliardi di yuan, 52 miliardi in più rispetto al 2006, per investimenti infrastrutturali e sociali, al quale si è aggiunta la promessa di un assegno minimo di sussistenza per tutti i residenti rurali a partire dall’anno prossimo. In più quest’anno entra in vigore la gratuità totale della scuola dell’obbligo per i figli di tutti i contadini. E non basta. Wen Jiabao ha anche annunciato che presto sarà esteso all’80% dei residenti rurali un sistema di assicurazione sanitaria che finora era in fase sperimentale solo in alcune aree del paese. I costi di istruzione e sanità sono tuttora due elementi tragici nella vita quotidiana degli 800 milioni di contadini cinesi.
Se ha taciuto della legge sulla proprietà privata, il premier ha invece confermato che sarà discussa, e approvata, l’equiparazione fiscale tra le società cinesi, che finora pagavano un’aliquota del 33%, e quelle straniere, che finora erano esenti. Pagheranno tutti, di meno: il 25%.

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