Migliaia le vittime dell’immigrazione clandestina

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Più di 8.000 morti documentate negli ultimi vent’anni nei viaggi verso l’Europa, 2.751 i dispersi; nel solo mese di febbraio 65 vittime.

(Gruppoabele.org, 15 marzo 2007)

8.157 morti documentate sulle frontiere europee dal 1988 ad oggi, tra cui 2.751 dispersi. 65 vittime solo nel febbraio 2007, 44 annegati sulle rotte per la Grecia, 19 dispersi nel Canale di Sicilia. Sono gli ultimi dati di Fortress Europe, una rassegna stampa che dal 1988 fa memoria delle vittime delle frontiere. Si tratta di morti per naufragi, incidenti stradali, ma anche le vittime degli stenti nel deserto e “tra le nevi dei valichi montuosi – scrive Fortress Europe –, piuttosto che uccisi da un’esplosione negli ultimi campi minati in Grecia, dagli spari dell’esercito turco o dalle violenze della polizia in Libia”.
La maggior parte delle morti sono dovute ai naufragi sulle rotte marittime. Nel Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico sono annegate dal 1988 6.016 persone, di cui quasi la metà (2.751) non sono mai state recuperate. Lungo le rotte che vanno verso la Spagna e che attraversano lo stretto di Gibilterra sono morte 2.929 persone, di cui 1.206 disperse. Nel mar Egeo, tra Turchia e Grecia, 503 morti (248 i dispersi). Anche sulle coste italiane moltissime vittime: 1.929 nel Canale di Sicilia, tra la Libia, la Tunisia, Malta e l’Italia, di cui 1.118 dispersi. Altre 33 persone sono morte navigando dall’Algeria verso la Sardegna. Più a est, sull’Adriatico, tra Albania, Montenegro e Italia, negli anni passati hanno perso la vita 474 persone, delle quali 136 sono ancora disperse. Oltre alle imbarcazioni di fortuna, molti migranti viaggiano anche su navi mercantili, nascosti nella stiva o nei container: 148 i morti per soffocamento o annegamento.
Per chi viaggia dall’Africa occidentale e dal Corno d’Africa, il deserto del Sahara è un passaggio obbligato. Dal 1996 sono 1.069 le morti accertate anche se, “stando alle testimonianze dei sopravvissuti – fa notare Fortress Europe –, quasi ogni viaggio conta i suoi morti. Pertanto le vittime censite sulla stampa potrebbero essere solo una sottostima”.
Le altre cause di morte nei viaggi verso l’Europa sono gli incidenti stradali (nei tir hanno perso la vita 247 persone per soffocamento o schiacciati dal peso delle merci), i campi minati in Grecia al confine nord-orientale con la Turchia, la morte per assideramento lungo i valichi di frontiera e quelle di chi si è nascosto nei vani carrelli degli aerei diretti su scali europei, le violenze contro i migranti in Libia nei centri di detenzione per stranieri. Su quest’ultimo punto non esistono dati precisi, ma già nel 2006 Human Right Watch e l’Ong marocchina Amici e Famiglie delle Vittime dell’immigrazione clandestina (Afvic) avevano denunciato arresti arbitrari e torture nei centri di detenzione per stranieri, tre dei quali sono finanziati dall’Italia. Tra i morti si contano anche le vittime dei governi di Tripoli, Algeri e Rabat, che deportano e abbandonano gruppi di centinaia di persone in zone di frontiera nel deserto. Le retate e le deportazioni, nonostante le denunce, proseguono. Solo in Libia infatti dal primo gennaio al 17 febbraio 2007 sono stati arrestati 3.747 stranieri e 816 sono stati espulsi. In Marocco, tra il 30 e il 31 gennaio 2007, cento migranti arrestati a Casablanca sono stati deportati alla frontiera algerina e abbandonati in una zona semidesertica tra i due fuochi. A Natale scorso erano state deportate 400 persone provenienti dall’Africa subsahariana. Sugli autobus diretti al confine anche alcuni rifugiati riconosciuti dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite di Rabat, persone richiedenti asilo, donne e bambini, di cui uno disabile. I loro documenti sono stati distrutti, sei ragazze sono state stuprate.

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