Crisi/ Diritti globali messi a dura prova da difficoltà  economia

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Emerge dall’ottavo rapporto di Associazione Società Informazione

 

Milano, 17 giu. (Apcom) – La crisi e le sue ripercussioni sui diritti globali. Questo il tema dell’ottavo “Rapporto sui diritti globali 2010 Crisi di sistema e alternative” realizzato dalla Associazione Società INformazione Onlus, con prefazione di Guglielmo Epifani e introduzione di Sergio Segio, ex di Prima Linea e oggi direttore di Società  INformazione. Dal rapporto emerge come i diritti globali, anche a causa della crisi, vivano una fase di grande sofferenza in tutti settori ed è indispensabile che soggetti come terzo settore, sindacati ma anche, e soprattutto, la società  civile organizzata riaffermino un pensiero critico proponendo soluzioni per un mondo più equo e solidale. Il rapporto attraversa e approfondisce ogni aspetto dei diritti: economia, lavoro, salute, sicurezza, Welfare sistema giudiziario e ambiente.

“Tutti i nodi della crisi – spiega Sergio Segio – sono venuti al pettine. Nel mondo ci sono 34 milioni di nuovi disoccupati nel mondo, 500 mila solo in Italia, e più di un miliardo di affamati. Il nostro è un sistema di sviluppo distorto, basato sulla guerra, che la globalizzazione non ha fatto altro che amplificare”. A riprova Segio ha citato la spesa per armamenti cresciuta a livello globale nell’ultimo decennio del 45% a 1.500 miliardi di dollari, mentre l’export per le sole industrie italiane di settore è aumentato del 61% nell’ultimo anno. Ma il guaio peggiore, secondo Segio, è che dalla crisi si è imparato poco e che i responsabili, l’industria finanziaria, è stata salvata con i soldi pubblici. “Invece di contribuire a un livellamento delle disuguaglianze, la crisi sta riproponendo e aggravando le cause che l’hanno creata”, spiega Segio. Senza contare che all’orizzonte ci sono nuove minacce come la questione ambientale, oggi di drammatica attualità  con il disastro della piattaforma petrolifera Bp nel Golfo del Messico, o la tenuta di paesi come la Grecia che stanno mettendo in crisi la Ue. “Le alternative sono sempre più necessarie e sempre meno dipendenti dalla politica, malata di autoreferenzialità  e succube dei poteri economici. Bisogna portare avanti una battaglia culturale che deve vedere protagonisti sindacati, terzo settore e società  civile organizzata”.

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