Il nuovo assalto al posto fisso

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Li vediamo e ne parliamo perché il meccanismo dei concorsi li rende fisicamente visibili: nelle migliaia di domande che arrivano tutte assieme, nelle migliaia di corpi che fisicamente affollano i luoghi in cui si svolgono le prove.

Molti sono giovani, ma tanti non lo sono più e sperano che il concorso segni un punto di svolta in una storia lavorativa frammentata e comunque sempre all’ombra della precarietà . Tutti sono attratti dalla sicurezza offerta dal pubblico impiego. Ma molti, giovani e meno giovani, decidono di fare il concorso soprattutto perché spinti dalla frustrazione di ricerche vane nel mercato privato, di contratti di lavoro temporanei, spesso sottopagati, quando non in nero, condizioni spesso umilianti. Tutti sanno benissimo che anche questa volta le possibilità  di farcela sono bassissime, anche quando si è in possesso delle qualifiche richieste e si ha la competenza professionale necessaria e magari anche qualche cosa in più.

Una marea così, però, non se l’aspettava nessuno: auguri, è tornato il concorsone. E aggrapparsi al sogno di strappare un posto fisso è tornata a essere l’ultima speranza. Ieri era Milano; ma alla metà  di maggio, al Comune di Napoli, si sono presentati in 112mila per 534 posti. E in questi giorni al Comune di Varese sono arrivate 150 domande per un posto da educatore part time; a Busto Arsizio, dove cercano 16 tra vigili e impiegati, hanno scritto in duemila; a Treviso una folla di 857 persone si contende un posto da impiegato comunale. Ovunque vai, e concorso che bandisci, ormai l’offerta è stratosferica: quasi davvero che quello sicuro, anche se poco pagato, sia considerato di nuovo il posto migliore.
Il popolo dei concorsi arriva puntuale. Se vieni dalla Sicilia per giocarti un posto fisso a Milano, se sai che per ognuno di quei posti ci sono 130 concorrenti, se c’è scritto che la prova comincia alle 9.30, anche se ti hanno avvisato con appena due giorni di anticipo, tutto fai pur di non arrivare in ritardo. Ecco dunque Maria Teresa, 27 anni, da Palermo, approdata lunedì sera con un volo Alitalia, alloggiata in un albergo che sta qui vicino: «Quale titolo di studio vuole? Prima laurea, seconda laurea, master? Eppure non trovo lavoro: ho spedito domande dappertutto, smanetto su Internet dalla mattina alla sera, ho lavorato a un call center, ho insegnato gratis, ho fatto il volontariato. Questo viaggio è un investimento, ma io voglio trovare un lavoro. E questa mi sembra una grande occasione».
Il Comune di Milano ha lanciato un concorso che darà  un’occupazione a tempo indeterminato a 50 persone, 30 di ruolo nelle scuole materne e 20 nei nidi. Sono incarichi da 19mila 454 euro l’anno, divisi per tredici mensilità , con l’aggiunta di un’indennità  mensile da 46 euro, non roba da nababbi. Eppure, il 31 maggio, alla preselezione, si sono presentati in 6.500. Ieri, per la prova scritta, erano già  stati ridotti a 2.000. Che resta, comunque, un bel numero: 40 per ogni posto. Racconta Giuseppe, 27 anni: «Io vengo da Agrigento, ho una laurea con lode, e sarei disposto a fare di tutto. Vivo in famiglia, ma vorrei diventare indipendente. Davanti, però, vedo solo porte chiuse». Angela, 32 anni, calabrese: «Insegno da quattro anni e adesso rischio di perdere il posto: questo concorso devo vincerlo per forza e la sera, invece che curare i miei bambini, mi chiudo in camera a studiare». Maria Chiara, 24 anni, da Collegno: «Mi sono messa in viaggio alle 5, ma se dovesse andare bene, valeva la pena. Dalle mie parti il lavoro non si trova, i tagli della Gelmini hanno desertificato la scuola».
E però, appunto, non è solo ieri, e non è solo Milano. Perfino da Gorizia segnalano che all’Aci, alla ricerca di un collaboratore, arrivano dieci domande al giorno; e anche un piccolo ente come il Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano ha visto piovere 670 domande per 4 posti. Commenta Alessia, dell’Ente: «Hanno scritto un po’ tutti: dal ragioniere al diplomato al liceo classico. E da tutte le parti: ci aspettavamo la Toscana, ma tantissime domande vengono dal Sud, da Palermo, Catanzaro, Avellino, Sassari…». Il fatto è che non importa che lavoro si offre, né dove sia. L’importante è che sia un posto sicuro.
«Stiamo vivendo – spiega Paolo Feltrin, docente all’Università  di Trieste, esperto di mercato del lavoro – la prima crisi economica vera, che produce una difficoltà  reale, a partire dal ’92. Nel ’96 e nel 2001 avevamo già  visto dei rallentamenti dell’economia, ma non come oggi. Questa è una scoppola durissima, che dura già  da venti mesi e si tratta di un’esperienza nuova per tutti quelli che sono entrati nel mondo del lavoro negli ultimi vent’anni. Prima, al nord, se perdevi il lavoro, ne trovavi subito un altro, oggi non è più così. E l’unica strada rimasta è quella di andarsene all’estero o di partecipare ai concorsi». Gli ultimi dati dell’Istat sono drammatici: la disoccupazione è tornata ai livelli di otto anni fa, con un tasso dell’8.9 per cento, che vuol dire 2milioni e 220mila persone senza lavoro. Sui giovani il dato è ancora più allarmante: nella fascia di età  15 – 24 anni, 1 su 3 è alla ricerca di un impiego. Nel 2009 il saldo tra chi è uscito dal mondo del lavoro e chi né è entrato è di gran lunga negativo: sono 1 milione 273mila posti in meno.
La corsa al posto pubblico potrebbe non essere l’unica conseguenza di un pesante stato di crisi. Quello che sta succedendo è anche che si stanno ridisegnando le caratteristiche del mercato del lavoro, già  trasformato dalla forte crescita del lavoro a termine. Dice Luciano Pero, che insegna sistemi organizzativi al Politecnico di Milano: «Fino a poco tempo fa c’era una distinzione netta tra quelli che si definiscono dirty works, cioè i lavori più umili, faticosi, noiosi e sporchi, che erano destinati agli immigrati, e gli altri. Oggi gli italiani non sono ancora pronti ad andare a raccogliere le fragole in Trentino o i pomodori in Puglia, ma capiscono che il problema è enorme e che devono affrontarlo in qualche modo». Anche come hanno fatto a Treviso, la ricca provincia del Nordest che contava orgogliosa una partita Iva ogni 5 abitanti, dove a un corso per badanti si sono iscritte 196 persone, e non solo donne, e straniere appena al 53 per cento. Racconta Denis Farnea, assessore al Lavoro della provincia di Treviso: «Impensabile solo fino a due anni fa: trevigiani, laureati, che contava di fare soldi mettendosi in gioco nel privato, oggi si mette in fila per un posto pubblico, non importa se a basso stipendio, perché è la sicurezza ad avere il massimo appeal. Sono arrivate più di 800 domande per un lavoro B3, da impiegato amministrativo». Perfino tra gli aspiranti badanti c’è gente che mai avrebbe preso in considerazione l’ipotesi. Aggiunge Farnea: «A un corso che abbiamo destinato ai giovani degli istituti professionali per insegnare come diventare imprenditori si sono presentati pochissimi ragazzi: hanno spiegato che hanno paura dell’incertezza e che preferiscono tentare i concorsi per avere un posto sicuro».
La statistica delle visite sui siti che danno informazioni sui concorsi è istruttiva. Claudio Maggioni, responsabile di www.concorsipubblici.com, che organizza per settore, figura professionale, area geografica, i bandi della Gazzetta Ufficiale, sfodera le sue statistiche: sono 5 milioni di pagine viste e 700mila visitatori al mese, con una crescita esponenziale che vedrà  quest’anno il raddoppio sul 2009. Non fosse che la Finanziaria ha chiuso tutti i rubinetti, e che bisognerà  aspettare il 2015 per veder messi a concorso i posti che si perdono con i pensionamenti, ci sarebbe da mettere in conto un nuovo pendolarismo. Perché, come racconta Mariella, siciliana, 34 anni, laureata e disoccupata da 9, chi ci prova, lo fa in modo scientifico: «Ora sono a Milano, ma non ne perdo uno. I concorsi li faccio tutti». =252) refR=refR.substring(0,252)+”…”; // –>


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