Una spa “vetrina” mondiale del Paese

by Sergio Segio | 16 Giugno 2010 6:29

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ROMA – Una spa nuova di zecca, a gestione pubblica. E in mano al governo. È destinata ad assorbire sette grossi enti, tutti quelli che a vario titolo (in molti casi doppioni) curano i rapporti commerciali internazionali dell’Italia. Diventerà  una mega struttura, partecipata anche da imprese private, a capo di circa 1.400 dipendenti: tutti coloro che lavorano negli enti e che passeranno armi e bagagli alle dipendenze della società . In compenso, scompariranno in un sol colpo una quarantina di consiglieri di amministrazione. Nome probabile, tra quelli in ballo, Italia Internazionale.

Lavori di “spacchettamento” in corso. Ministero dello Sviluppo in via di smantellamento. Sulle spoglie (e sui fondi) del dicastero che è stato di Claudio Scajola si scatenano gli appetiti di mezzo governo. Giorni fa, il premier Berlusconi ha stornato il dipartimento Sviluppo che gestisce i fondi Fas da 54 miliardi di euro al ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto. Mossa, è stato detto, finalizzata ad arginare lo strapotere di Giulio Tremonti. La nuova operazione prende le mosse dai vertici dello stesso ministero dello Sviluppo, non dispiace al viceministro Adolfo Urso e si concretizza in un emendamento all’articolo 7 della manovra che in queste ore il Pdl depositerà  al Senato. Altra sfida lanciata al superministro dell’Economia, perché la norma (benedetta dal premier Berlusconi?) prevede che il 51 per cento della nuova spa farà  capo proprio al ministero gestito per ora ad interim. Il restante 49 per cento, in mano a «Regioni, Camere di commercio e associazioni imprenditoriali». Ma quali enti potrebbero essere cancellati dalla manovra? Il primo comma li elenca: «Alla data dell’1 gennaio 2011, cessa l’operatività  dell’Istituto nazionale per il commercio estero, dell’Enit – Agenzia nazionale del turismo, della Fondazione Valore Italia, della Simest (spa per le imprese all’estero, ndr), dell’Informest – Agenzia per lo sviluppo e la cooperazione internazionale, della Finest spa (che cura i rapporti commerciali con l’Est, ndr), di Buonitalia – Società  per la promozione dell’agroalimentare italiano».

Sette sigle, in molti casi in procinto di essere cancellati sotto la scure del decreto taglia-enti. Poi, puntualmente salvate. Sul potente Istituto per il commercio estero (Ice, 763 dipendenti) ha già  puntato gli occhi il ministro degli Esteri Franco Frattini. Suo il progetto di accorpare il dicastero del Commercio estero al suo ministero e unire le cento unità  operative dell’Ice alle 123 ambasciate italiane. Diplomazia e business, vecchio pallino berlusconiano. L’emendamento alla manovra punta ad arginare anche il progetto di Frattini. Detto questo, è chiaro che se la grande spa dell’internazionalizzazione prenderà  il largo, il cda che la guiderà  sarà  espressione del ministero ancora in mano al presidente del Consiglio, farà  capo comunque capo a Palazzo Chigi. Nel disegno dei promotori, la fusione comporterebbe un risparmio pari al 40 per cento. Ma soprattutto, si legge nell’emendamento, «creerà  una piattaforma di scambi per le imprese del made in Italy, fornirà  strumenti finanziari per gli investimenti all’estero».
Il ministero dello Sviluppo intanto resta al palo e senza guida. Per la scelta del successore di Scajola adesso non è escluso un interim fino a settembre. Unica urgenza del premier Berlusconi, liberarsi della delega ingombrante delle Comunicazioni che ha riacceso le polemiche sul conflitto di interessi. Per questo, è allo studio l’ipotesi di scorporare anche quel ramo, trasformandolo nuovamente in ministero autonomo, per lasciarlo comunque al fedelissimo Paolo Romani.

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