All’Onu nasce l’asse dei Bric l’America ha un nuovo avversario

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new york – Considerato come il presidente dell’èra post-atlantica, dotato di una visione autenticamente globale anche per motivi biografici, Barack Obama ha già  contribuito a disegnare una nuova realtà  della politica internazionale. Purtroppo per lui, è una realtà  che nasce senza e contro gli Stati Uniti, come un’alternativa all'”ordine dell’Occidente”. Sono i Bric: le iniziali di Brasile, Russia, India, Cina. È una sigla nata da anni nel mondo dell’economia e della finanza, per designare le quattro maggiori potenze emergenti (oggi abbondantemente emerse). Per la prima volta, è sulla Libia che il club economico si è fatto alleanza diplomatica. Prefigura un’alternativa alla coalizione che faticosamente Obama ha messo insieme sotto il cappello della Nato. Ad aprile si terrà  un vertice dei Bric che sarà  ospitato in Cina, nella città  di Sanya. Per la prima volta a quel summit i quattro grandi non-occidentali parleranno non più soltanto di commercio e finanza, energia e valute, ma anche di politica estera. È una rottura gravida di conseguenze, se i Bric decidono di usare il proprio peso economico trasformandolo anche in leva diplomatica. Tra loro siedono due potenze politico-militari “storiche” dotate del diritto di veto nel Consiglio di sicurezza Onu – Russia e Cina – ma anche due candidati a entrare come nuovi membri permanenti nel Consiglio quando passerà  la riforma dell’Onu: India e Brasile. Delhi e Brasilia sono la prima e la quarta democrazia del mondo per popolazione. Hanno evidenti affinità  di valori con l’Occidente, come ha sottolineato Obama nel suo viaggio appena concluso in Brasile. La neopresidente Dilma Roussef, nell’accogliere Obama ha rivendicato orgogliosamente il diritto del suo paese a entrare nel Consiglio di sicurezza con lo status di Vip e il diritto di veto, ma non ha concesso un millimetro sulla no-fly zone. Sulla Libia il club è stato compatto, senza distinguo. Tutti e quattro i nuovi big si sono astenuti sulla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza. E appena le operazioni militari sono iniziate, è partita una bordata di critiche. «Si rischia un disastro umanitario», è l’avvertimento dei cinesi. «Sento un linguaggio da nuova crociata», ha rincarato il premier russo Vladimir Putin. Gli americani hanno tentato di minimizzare le critiche russo-cinesi. «Nulla di nuovo sotto il sole», è la prima reazione di Washington. Sulla posizione di Mosca si è fatto notare il bisticcio tra Putin e Medvedev, preludio di una campagna elettorale per la presidenza, dove Putin giocherà  la carta del nazionalismo anti-occidentale mentre Medvedv incassa dagli Usa la promessa di un ingresso nel Wto. In quanto alla Cina, gli americani hanno attribuito le sue denunce a «ipersensibilità  interna sull’ingerenza nel rispetto dei diritti umani». A Pechino – questa è l’analisi degli Usa – la classe dirigente vive con nervosismo l’onda delle rivoluzioni antiautoritarie nel mondo arabo, teme il contagio, perciò disapprova l’intervento Onu in favore dei popoli che si ribellano contro i propri regimi. Tuttavia il linguaggio dei cinesi – «ecco la terza guerra dell’Occidente contro il mondo islamico, e un’altra guerra per il petrolio» – ha fatto breccia anche in Turchia, un membro della Nato, il cui premier all’inizio dell’intervento militare ha usato parole molto simili ai cinesi. E poi c’è l’India, la grande democrazia visitata da Obama a novembre, quando il presidente americano appoggiò con forza la “promozione” di Delhi a membro permanente del Consiglio Onu. «Nessuno può arrogarsi il diritto di cambiare i regimi di altri paesi», ha ammonito il ministro delle Finanze e presidente della Camera di Delhi. «Va rispettata la sovranità  e l’integrità  territoriale della Libia», gli ha fatto eco l’ambasciatore indiano all’Onu. Il club dei Bric fa nuovi proseliti come il Sudafrica: che aveva appoggiato la no-fly zone ma ora si associa alle critiche sulla sua applicazione. La loro scommessa: nel nuovo assetto che emergerà  dalle convulsioni del mondo islamico, c’è posto per un’alternativa all’abbraccio dell’Occidente.


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