Il piano B degli alleati. La destinazione è Tripoli?

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Un intervento che ha ribaltato l’andamento del conflitto civile e apre nuove prospettive anche se il Colonnello continua a resistere. La campagna, ribattezzata «Protezione unificata» e sotto guida Nato, entra in una nuova fase. No-fly zone Gli alleati hanno imposto l’area di interdizione agevolmente. I jet di Gheddafi non si sono quasi mai levati in volo e quei pochi che hanno provato a farlo sono stati abbattuti. Spazzati via la gran parte dei missili anti-aerei più pericolosi anche se antiquati (Sam 2 e 5). Merito della «ramazza» americana: i Tomahawk sparati dal mare. I governativi hanno ancora dei sistemi mobili e ordigni che possono essere usati da un solo uomo. Centinaia di Sam 7 e un numero minore di sofisticati Sa 24, forse arrivati dal Venezuela. La tattica Privo di protezione aerea, al regime sono rimaste poche carte. La prima è quella del soffocamento delle città  ribelli nell’Ovest. Con il fuoco dei cannoni e dei cecchini, con il taglio di luce e acqua. Di più non può fare. I blindati si nascondono nel centro abitato, si muovono raramente — di solito di notte —, hanno problemi a rifornirsi. Inoltre c’è una questione di numeri. Gheddafi conterebbe su 10-15 mila soldati scelti— come la Brigata Khamis e il Nono Battaglione — e forse altrettantimilitari di livello inferiore. Uno schieramento ridotto— integrato dai mercenari africani — che non può coprire linee molto lunghe. I lealisti difendono qualche punto strategico, altrimenti cedono terreno. Dopo aver perso Ajdabiya, le truppe di Gheddafi si sono ritirate verso Sirte: ciò vuol dire che non avevano una seconda linea dove attestarsi. Le immagini dal «fronte» mostrano in modo evidente che i gheddafiani non hanno adottato particolari misure di protezione. I caccia li hanno inchiodati senza pietà , sorprendendoli in alcune occasioni mentre dormivano o mangiavano. In sostanza le milizie assediano le località  ribelli, ma a loro volta sono assediate dal cielo. La difesa Il regime sta concentrando la difesa su alcune basi. Importante è Sirte: la fuga di civili e il ripiegamento verso Tripoli di alcuni reparti non sono però un buon segno. Altra località  chiave è Zintan che controlla la rotta verso la base meridionale di Sebha. Il Raìs non ha esitato a picchiare duro. Deve evitare di perdere le località  che si sono ribellate a Ovest, da Zawiya a Misurata. Questo spiega perché le sue offerte di cessate il fuoco sono finte. Se non si spara più la popolazione torna in piazza. Tripoli cercherà  poi di ottenere rifornimenti attraverso Sebha (la rotta del deserto) e il confine algerino. Gli alleati Gli alleati hanno detto a microfoni aperti: spetta ai libici decidere il loro destino, non forniamo una copertura aerea ai ribelli, non vogliamo uccidere Gheddafi. Tre messaggi che devono trovare un’applicazione pratica e che nascondono tante ambiguità . Se devono essere i ribelli a determinare l’esito della crisi è necessario trasformarli in un movimento vero. Hanno bisogno di armi ma gli inglesi— in pubblico— dicono no, più disponibili Usa e Francia. Hanno bisogno di un esercito: lo stanno costruendo sotto la guida del generale Haftar, tornato dall’esilio. Ci vorranno mesi. Gli insorti, poi, sono divisi: i velleitari vogliono l’assalto a Sirte, i prudenti preferirebbero spingere i lealisti alla resa. La coalizione studia un piano B che permetta alla rivoluzione di raggiungere Tripoli. Non volendo schierare truppe di terra, l’alleanza usa una tenaglia. Da un lato apre la strada ai ribelli. Dall’altro continua i raid che demoliscono lo scudo nemico. Stringendo la morsa è possibile che la difesa si spezzi. Ecco perché l’affermazione del Pentagono che non c’è un appoggio diretto suona falsa. Senza l’ombrello dei caccia i ribelli sarebbero ancora a Bengasi. I rovesci militari di queste ore spingeranno il Colonnello ad arroccarsi e con i lealisti nascosti tra le case per la coalizione cresce il rischio di fare vittime civili. Fino ad oggi è andata bene e — come ha raccontato il segretario alla Difesa Usa Gates — il regime è stato costretto a usare i cadaveri dei ribelli per mostrare «le stragi dei crociati» . Ma se gli alleati intendono sfruttare il momento favorevole dovranno sferrare attacchi più intensi. Crescerà  la pressione sull’asse Tripoli Sirte e le incursioni per salvare Misurata. Washington, che ha fretta di rendere meno ampia la sua partecipazione, è convinta che la strategia funzioni ma deve convincere tutti i membri della coalizione sulla necessità  di bombardare a lungo. Anche quegli obiettivi dove i civili non sono in pericolo: vedremo se i partner accetteranno. Per piegare i dubbiosi, Hillary Clinton sostiene che si vedono i primi effetti. Crescono le defezioni nel regime — assicura —, è l’inizio di un processo per portare all’uscita di scena di Gheddafi. L’esilio che permetterebbe di evitare scelte drammatiche e di affermare che i libici hanno davvero deciso il loro futuro. Purtroppo questi sono solo auspici. Sempre Robert Gates, che avrebbe fatto a meno della terza guerra, ha avvertito: «Il cambio di regime è complicato» .


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