La domenica nera di “Angie” la Merkel crolla alle Regionali

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BERLINO – Maledetta domenica per Angela Merkel. La “rivoluzione verde”, cioè il trionfo dei Gruenen, ha strappato alla sua Cdu il più forte bastione di potere e serbatoio di voti dal dopoguerra. Le elezioni in due dei 16 Stati, attese come referendum sulla leadership della Cancelliera, si sono trasformate in un disastro. Una disfatta personale non meno che politica. Da ieri, “Angie” non appare più sulla scena globale come la “donna più potente del mondo”, ma come uno dei tanti leader conservatori deboli dell’Unione europea. Non è bastato cambiare rotta sul nucleare, né la scelta di isolarsi sulla Libia ha conquistato i pacifisti. Da ieri sera la Germania è guidata da un governo indebolito da una disfatta storica, e da una leader che resterà  al potere soprattutto perché finora ha fatto il vuoto attorno a sé, emarginando ogni rivale, ma che gli elettori hanno giudicato priva di visioni convincenti. I risultati parziali arrivavano ieri sera allo stato maggiore della Cdu come bollettini di catastrofe. Nel ricco e popoloso Baden-Wuerttemberg, il Land di Daimler, Porsche e della piccola e media impresa, i democristiani al potere ininterrottamente da 58 anni crollano dal 44 per cento al 39,3. E i liberali (Fdp) del vicecancelliere Guido Westerwelle sono appena al quorum del 5 per cento, più che dimezzati. Perdono un po’ anche i socialdemocratici (Spd), dal 25 al 23,2. Ma i Verdi, sull’onda della tragedia giapponese, volano dall’11,7 per cento del 2006 al circa 25 per cento. Molto probabilmente il loro leader locale Winfried Kretschmann sarà  governatore: non è mai accaduto prima. Non meglio, per il centrodestra, va nella Renania-Palatinato. La Spd del governatore Kurt Beck perde 10 punti, scendendo al 35,8 per cento. Ma grazie al volo dei Verdi, trionfanti in ascesa dal 4,6 per cento del voto precedente al 15 e passa, potrà  restare al potere in coalizione con loro. La Cdu della Merkel invece guadagna appena 2,5 punti, fallisce il sorpasso. I liberali spariscono, al 4,2 per cento. Alla Camera delle Regioni, il centrodestra ora avrà  solo 25 voti su 65, e per legiferare sarà  ostaggio delle opposizioni. Per Angela Merkel, ammoniscono i primi editoriali e i politologi, può essere il segnale dell’inizio del tramonto. Le sue svolte verso idee di centrosinistra non convincono abbastanza giovani ed elettori oscillanti, e disaffezionano i più conservatori. Il rischio più serio è la posizione debolissima di Westerwelle come leader liberale: il suo partito, dal trionfo alle politiche federali del 2009, ha perso due terzi dei consensi. Una sua caduta non è esclusa, e ciò obbligherebbe Angela Merkel a un umiliante rimpasto, poco dopo la caduta del barone Karl-Theodor zu Guttenberg rovesciato dallo scandalo della tesi di dottorato copiata. La conversione all’addio al nucleare è sembrata troppo dettata da opportunismo elettorale, il no ai raid sulla Libia non smuove, i compromessi a Bruxelles sugli aiuti ai paesi deboli dell’eurozona accendono timori per l’euro in tasca ai tedeschi. La leadership della cancelliera appare a tutti debole, tentennante, nervosa. Dopo il voto di ieri la garanzia di una Berlino stabile e forte appare acqua passata, per tutti gli europei.


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