La stangata dei Parioli «C’era un Madoff tra noi»

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ROMA— Era il ragazzo di casa, nella Roma pariola: quello con cui manderesti tranquillo tua sorella a mangiare una pizza da Celestina, belloccio, educatissimo, inoffensivo. Era il vicino di sdraio sulla spiaggia di quella Roma, la Castiglioncello ruggente degli anni Sessanta, dove l’ombra dell’ombrellone accanto rinfrescava i Risi e i Vanzina, Susi Cecchi d’Amico e Mastroianni, Sordi e Panelli, e ancora si sentiva il rombo del Sorpasso di Gassman sull’Aurelia che scorreva lì dietro piena di promesse. Sua mamma, la nobildonna Edvige Delfino, cui la morte nel 2009 ha risparmiato questa vergogna, chiacchierava e beveva soft drink al caffè Ginori d’estate e al bar Euclide d’inverno, con le mamme di quelli che, quarant’anni dopo, lui ha raggirato. Perché questa di Giampiero Castellacci de Villanova è soprattutto una storia di amicizia tradita, di memoria offesa. E, in fondo, la storia d’un modo d’essere dei Parioli, nuovo, rampante e trafficone, che ne sovrasta un altro, antico, colto e discreto, quello di cui, per dire, si trova traccia nella Casa del padre di Giorgio Montefoschi: villini non pretenziosi, minuscoli giardini, «il rumore delle stoviglie raccolte e portate in cucina» . Il mistero di questo attempato rampollo della Roma dal sangue blu — arrestato la scorsa settimana con quattro complici per una stangata da 170 milioni di euro a 700 clienti in buona parte vip— è che lui, Giampi, racchiude il vecchio e il nuovo, è l’alfa e l’omega di un’Italia a cui il sorpasso sta finendo in carambola. E contiene anche i tormenti di molti di quegli amici, che pensavano di avere trovato l’Eldorado — rendimenti prima al 20, poi al 12 per cento— e adesso stanno in un limbo tra vittime e furbastri. «Posso dirle quanto sono scema io e quanto sono mefistofelici e geniali questi signori» , sbotta Claudia Ruspoli, figlia del principe Lilio: «Nobile Giampiero? Da nobile non si è davvero comportato. Ma non le farò i nomi dei miei compagni di sventura» . Che sono tanti e, tra Roma e Milano, hanno scatenato il giochino di società  su chi s’è fatto fregare dal Madoff alla vaccinara. Perché in questa storia — scritta tra quella via dei Monti Parioli dove abitava Giampi con la moglie Consuelo, sua fidanzatina di gioventù, piazza don Minzoni, prima base della sua società  di truffatori, e via di Villa Grazioli, ultima e più sfarzosa sede sociale — le denunce, una cinquantina, sono meno di un decimo dei clienti. Insomma, i conti non tornano… Roberto D’Agostino, uno non amato da tutti, ma che in una certa Roma conosce quasi tutti, la mette giù piatta: «Il problema è che se fai denuncia ti possono chiedere da dove venivano i soldi che avevi dato a questa gente» . Già , perché c’è in ballo lo scudo fiscale e, a fronte di un certo numero di povericristi che magari hanno visto polverizzare i loro risparmi, impazza la vulgata su vip ingordi e soldi sottratti alle tasse; senza dimenticare un’idea radicata in un pezzo d’Italia: che il denaro sia, in fondo, sterco del demonio, ragione che ha spinto certi fan di Sabina Guzzanti, vittima del raggiro, a dirle «ben ti sta» via Internet. «La materia è delicata, bisogna evitare scivolate» , mormora infine il papà  di Dagospia, colto da un’inconsueta cautela che la dice lunga sulla qualità  dei clienti. I primi nomi danno il senso del contesto: un avvocato di fama indiscussa come Titta Madia, una pattuglia di nobili tra cui Gianfranco Serraino Flory (golfista: galeotto fu il golf club di Prima Porta frequentato anche da Giampi), attori, cantanti, costruttori, Massimo Ranieri accanto ai Piperno e a Stefano Desideri detto er Sarsiccia nei suoi anni a metà  tra la maglia giallorossa e quella nerazzurra. Gli aneddoti rendono il clima: ecco la piccola ma famosa editrice che aspetta il nostro in piazza don Minzoni per azzannarlo, «hai fregato mia figlia!» , ecco il duo di palazzinari pugliesi che s’apposta sotto via di Villa Grazioli giurando «ci pensiamo noi» . Non è detto che la galera sia la sorte peggiore che poteva capitare a Giampi e ai suoi amici: specie a Gianfranco Lande, una bella grinta plebea da contrapporre ai quarti di nobiltà  di questa storia, vero padre-padrone del gruppetto. «Giampiero è stato l’amo, con le sue amicizie, i suoi rapporti. Chi voleva che desse ascolto a uno come quel Lande?» , medita una sciura del nord che pure ci ha rimesso una buona barca di quattrini inseguendo il miraggio. Molti si stavano svegliando. Alcuni di malumore. Come quei pugliesi inferociti che, dai e dai, riusciranno infine a rifilargli due ceffoni per strada. Come le distinte dame che aspettavano Lande e fidanzata davanti al Caminetto, altro ristorante simbolo dei Parioli, per prenderli a male parole. O come i melomani che gli facevano la posta addirittura al teatro dell’Opera, rovinandogli la Bohème. Naturalmente è un antipasto. Dalla pattuglia dei clienti ancora in ombra, il primo nome che spunta, forse proprio per via dell’antica malia di Castiglioncello, è quello di Enrico Vanzina, un altro eterno pariolino della porta accanto. Il figlio del grande Steno non vorrebbe parlare, poi dice «qualcosa, ma solo per amicizia» , così dimostrando che, fidandosi d’un giornalista, poteva fidarsi in perfetta buonafede anche di Giampiero Castellacci. «Sono una vittima, è una truffa colossale, che non provino a rovesciare la storia sui giornali! Quella gentaglia mi ha fregato i soldi» . Soldi affidati a Giampi dalla madre di Enrico, morta nel ’ 93. Passare da furbetti che inguattano quattrini all’estero è un comprensibile incubo per molti dei personaggi pubblici tirati in ballo. «Io sono uno di quelli che paga più tasse in Italia e ogni anno faccio lavorare migliaia di persone con i film» . Sapere che il nobiluomo Castellacci, con le sue vacanze quasi obbligate al Quisisana di Capri e a Saint Tropez, è forse la prima vittima di questa catena di sant’Antonio, col suo ruolo di specchietto per le allodole, non è gran consolazione. Persino alla sorella Consuelo e al fratello Mino ha portato via i quattrini, pur di obbedire a Lande, che intanto si candidava al premio faccia di tolla, spiegando ai clienti: «C’è una crisi di fiducia, sa, dopo quel Madoff…» . Ora, sulla chat del sito dell’Aduc, l’associazione dei consumatori, i pariolini e non, per adesso coperti da nomignoli anonimi come Jonnyny o Doris Day, si scambiano pensierini di questo tipo: «Sono banditi come Tanzi o Cragnotti e presto saranno liberi di godersi i nostri soldi» . Ma certi paragoni sono avventurosi. Ai Parioli apparve negli anni Ottanta tale don Antonio Leghissa, ex superiore dei Clarettiani. Non era un Cagliostro della finanza, ma prometteva «un passaggio per il Paradiso» e interessi al 19 per cento. Prima d’accorgersi che li stava fregando tutti, gli misero in mano 25 miliardi di vecchie lirette.


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