L’ultimo scandalo del cavaliere

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La danza del ventre, i centri estetici, i dubbi del dirigente di Ps Capecelatro, che sta per andare in pensione e non vuole che l’impiccio finisca addosso a uno dei suoi. Il questore che telefona in pigiama, i concorsi di bellezza di provincia, «Amò» e «tesorino», l’affidamento alla figlia di Lele, i gioiosi trenini delle feste, l’agenda telefonica di Michelle («Berluscone»), le gemelline irrequiete, la caparra dell’Olgettina, il fisioterapista ludico e di corte, il cagnolino di Iris, gli sfoghi della Minetti, l’entusiasmata autocombustione di Fede, lo zelo laconico del ragionier Spinelli… Che personaggi, che storia pazzesca: un ciclo di potere nelle mani di una ragazza di 17-18 anni, il Drago e l’immobiliare Dolcedrago, le pastiglie per i capelli della Polanco, il culo flaccido del premier, le manette scherzose, il carosello di mini-minor, la concussione, la prostituzione, per giunta minorile, l’infermieristica erotica, le mamme voraci, i papà  pure, l’«Albikokka», la tirannia dell’intimità , la nemesi di Famiglia cristiana, la manifestazione delle donne, lo stock di croci con i diamanti e quella pagina del Saggio sulla libertà  di John Stuart Mill che il Procuratore Bruti Liberati ha voluto leggere ai giornalisti dopo aver chiesto il rito abbreviato per il capo del governo. Il bunga bunga, d’accordo, ha saturato l’immaginario. Ma cos’altro resterà  fra vent’anni del Rubygate, cioè del più vasto, prolungato, spassoso e insieme spaventoso scandalo dell’età  repubblicana? Questo anche viene da chiedersi dopo aver letto in bozza le 350 pagine di Sodoma, sottotitolo Le 120 giornate che hanno distrutto Berlusconi di Leonardo Coen e Paolo Colonnello (Baldini Castoldi Dalai editore, euro 18,50); là  dove «distrutto» è un participio passato forse temerario, anche considerati i precedenti in materia; mentre de Sade e Pasolini, richiamati nel titolo insieme al profeta Isaia, idealmente aspettano come tutti che il 6 aprile, Santa Virginia, si apra il processo del secolo. Sotto il segno della giustizia, va da sé, ma anche sotto l’ala nera della commedia, genere di riferimento nazionale insieme al melodramma. Perché è vero che la storia è ancora pienamente inconclusa, ma al di là  del verdetto e della sua sicura incidenza sugli equilibri politici, ciò che i due autori definiscono «Sodoma» vive ormai di vita propria: e quindi per necessità  di ordine cronologico e mentale, pignoleria di documentazione e gusto dei particolari, gli storici del domani dovranno per forza riaprire questo libro. Che è crudo, nella sua dilagante essenzialità , come crude e orientate sulla fredda angolarità  dei fatti sono in genere le carte giudiziarie: senza un palpito, senza un sorriso, senza un dubbio, senza un richiamo alle dinamiche e agli arzigogoli della storia e del mito. Un racconto il cui pregio principale è quello di mostrare l’inchiesta dal di dentro, giorno per giorno, ma disvelando assai più di quanto possa capire un diligente lettore di quotidiani le strategie processuali della Procura di Milano. La prosa tiene le distanze. Le esigenze inquisitorie sacrificano sentimenti, risentimenti, idiosincrasie, siparietti, pezzi di vita e di quotidiana umanità  sull’altare delle risultanze. Ignari e intercettati, i personaggi si muovono fin troppo esplicitamente verso un esito che fin dall’inizio appare chiaro quanto può esserlo ciò che nasce da capricciose debolezze in un mondo dove quasi tutto si può acquistare. Sul sesso, va da sé, ciascuno la pensi un po’ come gli pare. Eppure l’esperienza porta a considerare che c’è sempre un granellino di verità  che inceppa la macchina pornocratica, e allora le bugie, che notoriamente hanno le gambe corte, si mettono a correre a rotta di collo e di solito è uno spettacolo buffo e pietoso, un cartone animato di tristi pagliacci arrivati chissà  da dove.


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