Montecitorio diventa un’arena il “vaffa” di La Russa a Fini “E tu fatti curare, sei malato”

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«Un ministro che manda affanculo il presidente della Camera – sibila furibondo Claudio Scajola – non si era mai visto». L’attacco di La Russa è premeditato. Esce fuori da Montecitorio, affrontando i manifestanti insieme a Daniela Santanché, beccandosi insulti e un lancio di monetine. Non ci voleva molto a capire che sarebbe stata una provocazione, visto che da un’ora lì fuori 200 persone stanno gridando a squarciagola «vergogna», «mafiosi», «corrotti». Insomma, la Russa sosterrà  di essere uscito dal portone solo «perché avevo un appuntamento lì vicino», a molti invece la sua appare come una mossa studiata. Gli ex An in Transatlantico si passano la voce: «Tutti dentro, Ignazio farà  un casino». È chiaro a tutti che sta per succedere qualcosa, La Russa è incontenibile. Ghedini capisce al volo che può andare in fumo il tentativo di portare a casa la legge pro-Berlusconi e sprona Angelino Alfano e Fabrizio Cicchitto. Entrambi scongiurano La Russa di lasciar perdere: «Ignazio calmati, così puoi mettere a rischio il provvedimento». La Russa non li ascolta nemmeno. Solo la Prestigiacomo lo giustifica: «Lasciatelo fare, si deve sfogare». Si sfogherà , eccome. Presa finalmente la parola, La Russa racconta di essere stato aggredito fuori da Montecitorio. «Ho riconosciuto una persona, era l’organizzatore dei fischi a Silvio Berlusconi il 17 marzo. La stessa persona, vestita nella stessa maniera». Insomma, quanto accaduto, sarebbe «il frutto di una contestazione premeditata alla maggioranza, agli organi costituzionali, alla libertà  del Parlamento». Poi, rivolto ai banchi dell’opposizione, che già  inizia a rumoreggiare: «Voi siete complici se reagite così. Siete violenti più di loro». Dario Franceschini gli risponde, si chiede come mai i manifestanti non siano stati tenuti come al solito dietro le transenne e «come mai, casualmente, La Russa, che ha un volto noto, non ha mancato di uscire dal portone principale per essere vittima di aggressione… Se avvengono episodi di violenza si condannano ma… «. L’orologio segna le 18.30, in aula scoppia l’inferno. La Russa applaude ironicamente il capogruppo Pd: «Bravo, ma bravo». Dai banchi del Pd e dell’Idv gli gridano di tutto: «Fascista! Dimettiti! Coglione!». La Russa chiama i suoi a rispondere, mentre i forzisti e i leghisti restano attoniti. Arriva l’incidente più grave, quello con Fini. «Onorevole ministro, la prego di avere un atteggiamento rispettoso», dice il presidente con la campanella in mano. La Russa si mette l’indice davanti alla bocca, come a dire: stai zitto. Poi si gira e («rivolto alla presidenza», annotano diligentemente i quattro scrupolosi stenografi d’aula) fa il gesto di Chinaglia a Valcareggi, dicendo «Ma vaffanculo!». Prima di sospendere la seduta, Fini replica: «Non le consento di insultare la presidenza». Spento il microfono, gli urla in faccia: «Ma come ti permetti!». Il presidente della Camera è furibondo, quando incrocia i deputati del Pdl quasi li travolge e lancia il suo anatema: «Quello è da curare, curatelo!». Nel Pdl c’è chi sostiene di aver sentito dire a Fini anche altro contro l’ex ministro. Ma sono in molti a far riferimento esplicitamente a uno stato alterato di La Russa e all’uso di stupefacenti. Il Pd Sandro Gozi: «Aveva sbagliato la dose». Il finiano Granata: «Ha cambiato pusher». Pier Luigi Mantini, Udc, invoca addirittura «un test antidroga». Mentre il terzo polo ne invoca le dimissioni, La Russa in serata telefona a Fini per scusarsi: «Ce l’avevo con Franceschini». Ma il presidente della Camera gli risponde gelido: «Non è stata un’offesa alla persona ma all’istituzione. La gravità  di quanto accaduto sarà  quindi valutata dagli organismi di Montecitorio».


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