“Dobbiamo abbandonare il Parlamento ormai è una dittatura della maggioranza”

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ROMA – «Mai più una settimana tranquilla in Parlamento. Mai più una qualsiasi forma di collaborazione con la maggioranza. Avevo difeso l’astensione del Pd sul federalismo regionale. Adesso dico: è stato un errore. Un errore grave, un lusso che non possiamo permetterci. Basta concessioni a Berlusconi. Altrimenti non comunichiamo alla gente la nostra battaglia contro il premier». Rosy Bindi torna a vestire i panni della pasionaria. La sua è una furia calma, lucida. Molto determinata. La proposta dell’Aventino, che ieri mattina ha provocato una lite tra lei e D’Alema e che è stata smorzata da Bersani, resta una soluzione, forse la strada maestra. «Io dico che ci vuole una strategia coordinata e programmata di iniziative. In Parlamento e fuori dal Parlamento. Un’organizzazione scientifica della nostra opposizione. Il momento è tale che non possiamo rispondere con i mezzi ordinari a una situazione straordinaria». La Bindi è appena tornata a Montecitorio dopo aver calmato i manifestanti davanti alla Camera. Il segretario del Pd respinge l’idea di uscire dall’aula, dell’Aventino parlamentare. «Dobbiamo decidere insieme qual è la soluzione migliore. Ma insisto: la non partecipazione può essere più chiara, più diretta, di una partecipazione che non incide e spesso si rivela inutile». Eppure avete mandato sotto il governo appena qualche ora fa. «È vero. Lo abbiamo fatto altre volte se è per questo. Ma succede su provvedimenti poco rilevanti, allora sì. Poi quando si parla delle leggi che interessano Berlusconi, delle norme ad personam si presenta in aula Frattini invece di occuparsi della guerra in Libia. Il ministro dell’Economia dimentica la crisi e viene qui a votare un inversione dell’ordine del giorno. Perché? Perché riguarda il premier, l’impunità  a vita del premier». A quale reazione straordinaria pensa? «Non tocca a me dirlo. So però che non è possibile continuare così. Abbiamo bisogno di organizzare scientificamente la vita parlamentare e le iniziative nel Paese. In un modo diverso. Ci sono dei momenti straordinari. Noi viviamo in uno di questi. Se non facciamo niente di nuovo, un gesto di rottura contro l’imperatore, un salto vero, anche il processo breve sarà  presto derubricato, metabolizzato, dimenticato. Come è successo per altri provvedimenti vergognosi». Possibile che non abbia un’idea su come mettere in pratica questo salto di qualità ? Si può pensare alle dimissioni sue e di tutti i parlamentari del Pd che hanno ruoli istituzionali? «Dobbiamo parlarne insieme. Poi agire. L’ho detto anche a Bersani. Prima di tutto sono d’accordo con il presidio permanente davanti a Montecitorio. La dittatura della maggioranza merita una risposta forte. Non c’è più rispetto per le regole e non c’è rispetto nemmeno per la realtà  visto che il Parlamento si accinge a votare un testo che dice: sì, Ruby è la nipote di Mubarak». Cosa ha detto a Bersani? «Che in mezzo a questi passaggi incredibili, dal caso Ruby al processo breve, il Parlamento non può essere un Parlamento con settimane ordinarie. Dove tutto è tranquillo, tutto fila liscio. Ho difeso proprio su Repubblica l’astensione del Pd sul federalismo regionale. Continuo a pensare che nel merito abbiamo fatto bene. Però ci ho ripensato. Oggi dico che astenerci è stato un errore. Se ci fosse stato il federalismo in ballo Bossi avrebbe fatto un casino, si sarebbe messo di traverso sul processo breve». A brigante brigante e mezzo? «Non dico questo. Dico che dobbiamo infilarci nel gioco del ricattato e del ricattatore. Vogliamo mettere in fila gli strappi di questa maggioranza? Il consiglio dei ministri ha impedito al Tesoro di costituirsi parte civile per l’evasione fiscale di Mediatrade. Il 5 aprile si vota sul conflitto di attribuzione: sarà  un altro atto di disonore per la Camera. La situazione è insostenibile». Quando lei ha proposto l’uscita dall’aula, D’Alema ha risposto scherzando: “Che faccio, vado a menarli?”. E avete litigato. «Ma sono sicura che anche D’Alema pensa a una risposta straordinaria. Ha fatto una battuta. Secondo me non è il momento delle battute». E le iniziative fuori dal Parlamento? «Siamo passati dal milione di donne in piazza al silenzio. Non deve più accadere».


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