Raid occidentali sui porti I ribelli: “Il raìs usa scudi umani”

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TRIPOLI – O come se ascoltasse le telefonate di chi inizia a vedere maretta nel governo Berlusconi, un maremoto nel rapporto fra europei, e fra europei e americani. «Hanno appena bombardato vicino al porto, una base dei nostri marine: loro non c’erano, e non sono impegnati in combattimento, ma continuano a lanciare bombe. Non hanno più obiettivi. Intanto vedo che si dividono. aspettiamo, capiremo». Il caotico bollettino di guerra di questo 21 marzo appena trascorso vede – come al solito – l’esercito libico non rispettare il cessate-il-fuoco dichiarato per la terza volta domenica alle 21. A Misurata deve essere stata una carneficina, i tank hanno sparato ancora sui palazzi per snidare gli ultimi ribelli assieme a tutta la popolazione. Poi l’ufficio propaganda all’improvviso comunica che «Misurata è caduta, abbiamo vinto», ma siccome chi parla è la stessa persona che traduceva domenica notte l’annuncio della tregua (Moussa Ibrahim) precisa per tempo che «l’abbiamo conquistata già  da tre giorni». A Misurata i ribelli dicono che l’esercito di Gheddafi ieri è avanzato usando scudi umani, poveri cittadini libici portati da altri villaggi e messi davanti i carri armati. Nessuno è onestamente in grado di dire se sia vero, e d’altronde che bisogno c’è di usare scudi umani per sparare sulle case in cui sono asserragliati gli insorti? Testimoni si sono messi in contatto con la Reuters e con un paio di giornalisti americani per confermare il punto degli «scudi umani» e per raccontare che, anche sulla gente riunita in strada nell’illusione di fermare l’avanzata, i cecchini e i soldati di Gheddafi hanno sparato con fucili e mitragliatori. «Hanno costretto la gente di Zawiyat al Majub e Al Ghiran a uscire dalle case, a marciare verso Misurata con i ritratti dei ribelli e con le bandiere verdi», dice un portavoce degli insorti. Lo stato maggiore britannico dice che mentre i loro caccia Tornado GR4, la versione da bombardamento, si avvicinavano ai loro obiettivi a Misurata, hanno ricevuto informazioni di molta gente schierata sui siti. «Abbiamo interrotto l’attacco, non c’era altro da fare», dice un portavoce a Londra. Se c’erano scudi umani, hanno funzionato. Fra qualche mese, fra qualche anno i corpi dei martiri di Misurata riemergeranno dagli abissi in cui la macchina militare gheddafiana li nasconde per cancellare ogni traccia di devastazione umana, ogni prova di crimine. I conti verranno fatti in ogni famiglia, in ogni città  e villaggio. Se sarà  mai possibile, la verità  verrà  ricostruita. Sull’altro fronte anche il bilancio dei bombardamenti della coalizione è confuso: per tutta la giornata si è parlato ancora dell’unico colpo evidente dopo la distruzione del convoglio militare gheddafiano vicino Bengasi. Ovvero del missile o bomba contro un palazzotto dentro Bab el Azizia: la struttura di cemento armato è collassata su se stessa, si spera senza vittime. Vediamo qualche sostenitore di Gheddafi che prende in mano un paio di pezzi di ferraglia, come una specie di turbina frantumata che potrebbe essere parte di un motore a reazione del missile cruise. Altri dicono invece di aver visto volare un aereo su Tripoli, nella notte, prima di sganciare una bomba sulla caserma-simbolo di Gheddafi. Gli attacchi alleati sono ripresi in serata, con molti colpi tutt’intorno a Tripoli: la caserma dei marines di cui parla al-Dursi, poi il porto di Zuara e l’aeroporto di Sebha, la città  natale del colonnello, 700 chilometri a Sud nel deserto. Colpita anche la città  di Sirte, in serata. «Io so che hanno fatto altri buchi nel cemento del porto – dice Khaled Bazelya, un giornalista che lavora nell’entourage di Saif – mi pare che la guerra dell’aria abbia già  esaurito i suoi obiettivi, non so cosa faranno adesso». Comparare le fotografie sfocate e falsate che arrivano dai due fronti porta a una conclusione: dopo aver bombardato aeroporti, aerei e radar fissi, i caccia alleati non riusciranno più a fare molto. Se Gheddafi nasconde i suoi soldati e i suoi carri in città  e villaggi, non ci sono armi di precisione che tengono. Ci sarebbero i caccia da attacco al suolo “tattici”, tipo gli A-10 americani, o gli elicotteri Apache o Mangusta italiani. Ma quelli prevedono che i gheddafiani non abbiano più missili anti-aerei portatili, e soprattutto sono l’appoggio aereo di un’avanzata sul terreno. Che nessuno vuole. Certo, se Gheddafi nasconde i carri non li può utilizzare adesso. «Ma la partita è ancora lunga», dice sempre nei corridoi del Rixos un uomo di Saif Gheddafi, «adesso lavoreremo sulla diplomazia, il peggio della fase militare è passato, possiamo giocare ancora molte carte politiche: wait and see». Molti prevedevano che in poche ore il sistema gheddafiano sarebbe stato disarticolato. Noi non possiamo smentire. Ma neppure confermare. Wait and see.


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