Tra i disperati della nave Excelsior “Per pietà , non riportateci in Tunisia” poi nuova strage

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In fila, uno dietro l’altro l’hanno seguito in millequattrocentocinquanta. Tutti come lui: giovani, disperati e tunisini. Il popolo venuto dal mare torna al mare per andare chissà  dove. È cominciato così l’esodo di massa dallo scoglio più a sud d’Italia, è cominciato nel buio di Cala Pisana con un vento di maestrale che sbatteva le palme e con un freddo che gelava le ossa. Prima Hamza, poi Khalid, poi Amhed, poi ancora tutti gli altri che era venuti qui sognando un altro mondo e se ne vanno via senza sapere dove mai arriveranno. L’Excelsior, bianca e imponente, quasi 40 mila tonnellate di stazza, lunga 202 metri e larga 28, è salpata nella notte ufficialmente con destinazione Taranto. «Non va a Tunisi, non va a Tunisi vero?», chiedevano disperati i primi quattrocento magrebini arrivati verso le sei del pomeriggio sulla banchina di Cala Pisana per imbarcarsi, tutti scaricati da un pullman color avorio e poi da un altro azzurro, settanta per volta, sorvegliati a vista da poliziotti e carabinieri, disposti a due a due per una perquisizione prima di venire ammassati dall’altra parte del molo. Infreddoliti, affamati, spaventati. Nessuno di loro sapeva dove si sarebbe svegliato il giorno dopo. A nord di Lampedusa o a sud di Lampedusa? Per ogni naufrago da «trasportare» lontano dall’isola una sosta di qualche minuto prima di mettersi là  in fondo, il controllo dei loro borsoni e delle loro sacche, una mano passata fra i capelli per accertare se anche sotto il berretto nascondevano qualcosa, poi i lacci delle loro scarpe e le loro cinture sequestrate e finite tutte in grandi ceste. Così in millequatrocentocinquanta sono saliti sull’Excelsior quando era ormai notte fonda, gruppo dopo gruppo, a poco a poco per occupare i quattro ponti della grande nave. Su, a bordo, c’erano già  un centinaio di uomini in tenuta antisommossa, scudi bianchi e caschi, la «scorta» per il primo carico umano espulso da Lampedusa. Operazione lenta, lentissima «per ragioni di sicurezza», il questore di Agrigento Girolamo Fazio che parlava con il comandante dell’Excelsior Pasquale Mendoza e poi dettava ordini ai suoi per far continuare con ordine l’imbarco. I ragazzi che avevano lasciato il miserabile campo sopra il porto, uno dopo l’altro passavano – segno del destino – sotto un grande quadro con il simbolo blu dell’Europa. E mentre loro attraversavano la passerella per arrampicarsi sul traghetto dall’altra parte dell’isola veniva rimorchiato un barcone con una cinquantina di profughi tunisini. Altri due barconi erano in avvicinamento, avvistati sui radar delle motovedette della Marina. Su un terzo barcone che stava affondando hanno ritrovato sei uomini neri, tutti partiti da una spiaggia della Libia e provenienti dal Ghana. I sei sopravvissuti hanno raccontato che altri undici di loro sono spariti fra le onde, in un imprecisato punto del Mediterraneo. C’era anche un bambino. Tutti dati per dispersi. Sbarchi, partenze e tragedie: il destino eterno di Lampedusa. Il faro illumina la baia. C’è una piccola folla che assiste all’esodo. «Finalmente ripuliamo la nostra isola», dice Gerlando Cappello, geometra lampedusano che dalle rocce di Cala Pisana si gode dall’alto lo «spettacolo» del grande trasferimento dei magrebini che avevano invaso la sua isola. Con lui alcuni studenti del liceo. Felici per la cacciata degli «altri» ma preoccupati per quello che hanno visto qualche ora prima arrivare in paese: altre cucine da campo, gipponi della protezione civile, medici, infermieri, psicologi. «Se questi li mandano via, che bisogno c’è di far arrivare ancora soccorsi? Vuol dire che ne stanno venendo altri qui a Lampedusa, vuol dire che ci sarà  un’altra invasione», sospetta Antonio che alle dieci di sera è ancora lì a Cala Pisana a «fare presenza», a vedere con i suoi che se ne stanno veramente andando quelli che avevano occupato la sua terra. A Cala Pisana è stata giornata di manovre. All’alba era apparso all’orizzonte il traghetto «Catania», verso le otto aveva gettato l’ancora in attesa di far salire sui suoi ponti 850 magrebini. Ma nel primo pomeriggio il «Catania» si è velocemente allontanato dalla costa per fare posto all’Excelsior, che ne poteva portare di più. Il «Catania» è però ancora al largo, oggi si avvicinerà  un’altra volta a Cala Pisana per il secondo viaggio del grande esodo dei magrebini. Si svuoterà  davvero in pochi giorni Lampedusa? Una giornata di manovre e una giornata lunga e incertissima per questa isola, visitata per la prima volta nella sua storia da un Presidente del Consiglio. Luccicante di mattina e sprofondata nella solita desolazione al tramonto, quando la collina della vergogna è ritornata fogna come era prima. Dopo la «pulizia straordinaria» in onore del Presidente, getti d’acqua, ruspe, i camion della nettezza urbana che si sono infilati fino all’attracco dei traghetti per «rinfrescare» e «disinfestare» i confini dell’altura dove si era accampati i naufraghi. C’erano pure i soldati a fare il maquillage. Dopo la visita di Berlusconi, una distesa di corpi ha riconquistato il molo. Il popolo venuto dal mare si è ripreso il suo pezzetto d’Italia. Il trucco al volto di Lampedusa è sbavato in poche ore e la collina ha continuato a vomitare i suoi miasmi.


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