Umanitari più che mai

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 A Londra, alla prima riunione del gruppo di contatto, è stato istituito un «comitato di pilotaggio», composto da 37 paesi e 5 organizzazioni internazionali, per delineare una visione politica e coordinare il sostegno alla nuova Libia. Si riunirà  prossimamente in Qatar e poi a Roma. Vi parteciperà  anche la Turchia, paese che, a causa delle sue reticenze rispetto all’intervento, ha ritardato di 24 ore – a domani – il passaggio del comando delle operazioni alla Nato, previsto in un primo tempo per ieri. David Cameron, il premier britannico, ha aperto i lavori della riunione di Londra ricordando che «nel momento in cui vi parlo» i massacri continuano, in particolare a Misurata. Per Hillary Clinton, il segretario di stato Usa, i raid continueranno fino a quando Gheddafi non rispetterà  la risoluzione 1973. Bisogna «accrescere la pressione per far sapere chiaramente a Gheddafi che deve andarsene», ha aggiunto. La fine di Gheddafi era stata chiaramente chiesta anche da Cameron e da Sarkozy, la vigilia. Il Consiglio nazionale di transizione libico, che non ha partecipato ai lavori, ha affermato, attraverso il suo portavoce che gli insorti chiedono che Gheddafi venga giudicato dalla Corte penale internazionale (come stabilisce la risoluzione Onu 1970) e che questo punto «non è negoziabile». Questa posizione contrasta con la proposta italiana, avanzata dopo lo schiaffo ricevuto lunedì con l’esclusione di Berlusconi dalla video-conferenza di preparazione del vertice di Londra che ha riunito Sarkozy, Cameron, Obama, ma anche Angela Merkel, benché la Germania non faccia parte della coalizione e si sia astenuta al Consiglio di sicurezza. Franco Frattini, rassicurato dal Cnt rispetto alla continuità  dell’accordo sull’immigrazione e dei contratti Eni, ha proposto una via d’uscita per Gheddafi, un esilio in un paese africano (23 paesi africani su 54 non hanno aderito alla Cpi e quindi Gheddafi sarebbe al riparo). Per la ministra degli esteri spagnola, Trinidad Jimenez, «l’esilio di Gheddafi è possibile», perché non è ancora stato ufficialmente incolpato dalla Cpi (che il 3 marzo ha aperto un’inchiesta). Sulla sorte di Gheddafi resta un velo di ambiguità : Obama, nel discorso di lunedì sera, ha fatto riferimento a «tutti i mezzi necessari», salvo l’occupazione del paese, per «proteggere le popolazioni civili», ma non per cambiare regime. Mentre l’ambasciatrice Usa all’Onu, Susan Rice, non ha escluso l’assistenza militare alla ribellione. La Francia ha dato la sua disponibilità . L’esilio di Gheddafi in cambio della caducità  dell’incriminazione alla Cpi? La conferenza di Londra aveva tre obiettivi, nelle intenzioni dell’ospite, David Cameron: riaffermare l’impegno per l’applicazione della risoluzione dell’Onu 1973 e allargare l’alleanza; accelerare l’aiuto umanitario e contribuire all’uscita politica, incoraggiando i libici a definire il loro avvenire. 37 ministri degli esteri, tra cui i rappresentanti di alcuni paesi arabo-musulmani (Qatar, Emirati, Kuwait, Giordania, Libano, Marocco, Tunisia e Turchia) più l’Unione europea, l’Onu, la Nato hanno partecipato al vertice. L’Unione africana non era presente e la Lega araba ha fatto il minimo, inviando solo un ambasciatore, il vice di Moussa, Hesham Youssef. Il Cnt, ai margini dei lavori, ha moltiplicato gli incontri. Gli assenti – in particolare Russia e Cina – hanno ribadito l’opposizione all’intervento. Toni duri del ministro degli esteri russo, Serguei Lavrov, che ha affermato che i paesi della coalizione dovranno rendere conto al Consiglio di sicurezza dell’Onu della loro azione, mentre la Cina ha chiesto un immediato cessate il fuoco. Il Cnt, in un comunicato, ha cominciato a delineare il dopo-Gheddafi, evocando la sostituzione del regime di Gheddafi con un sistema «libero e democratico». Intanto, gli insorti avranno la loro televisione: Libya Tv, che emette dal Qatar. La Francia e la Gran Bretagna hanno chiesto al Cnt di instaurare un dialogo politico nazionale, mentre l’Italia fa più precisamente riferimento al coinvolgimento delle tribù. La Francia accelera, dopo essere stato il primo paese a riconoscere il Cnt il 10 marzo (seguita, finora, solo dal Qatar): ieri, era «in volo» l’ambasciatore francese a Bengasi, presso il Cnt. Si tratta di Antoine Sivan, ex ambasciatore in Qatar ed ex numero due a Bagdad. Ma anche Washington ha l’intenzione di inviare «rapidamente» un emissario a Bengasi, Chris Stevens. La Nato è prudente: l’ammiraglio James Stavridis, comandante supremo delle forze alleate in Europa, ha precisato che «la Nato non ha un rappresentante in Libia» presso i ribelli, che a suo parere corrono il rischio, anche se non in modo significativo, di essere infiltrati da Al Qaeda e dall’Hezbollah.


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