Addio all’atomo, il Senato dice sì per il governo è solo un arrivederci
ROMA – Lo stop al nucleare registra il primo sì in Parlamento. Il Senato ieri ha approvato l’emendamento al decreto “omnibus” che sancisce l’abrogazione di tutte le norme relative alla realizzazione di nuove centrali atomiche. Il provvedimento ora passa alla Camera per il via libera definitivo, ma per il governo il voto di ieri è di fatto il “de profundis” del referendum sul nucleare che a questo punto deve considerarsi «superato». Non così, però, la strategia del ritorno al nucleare sul quale l’esecutivo mantiene una finestra aperta. L’emendamento era stato inserito nel decreto che tra le altre cose (le risorse per il Fus, l’aumento dei carburanti, il nuovo ruolo della Cassa depositi e prestiti in funzione antiscalate) conteneva la sostituzione della moratoria sul nucleare che il governo aveva deciso all’indomani della tragedia di Fukushima. Il provvedimento è passato con i 133 voti della maggioranza, il no dell’opposizione e l’astensione dell’Api di Rutelli (che aveva formulato il testo della modifica anti-nucleare recepita poi dalla maggioranza). Nel nuovo testo si legge: «Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sulla sicurezza e tenendo conto dello sviluppo tecnologico del settore e delle decisioni che saranno assunte dalla Ue, non si procede all’attuazione del programma di localizzazione e realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica». È l’abbandono del piano energetico formulato nel 2008, e poi più volte rivisto, che renderebbe inutile il referendum. La decisione sulla consultazione di giugno spetta comunque alla Cassazione che attenderà la pubblicazione del decreto prima di pronunciarsi. Ma intanto il governo non ha dubbi. «L’emendamento abroga tutte le norme oggetto del quesito referendario», ha detto in aula al Senato, il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani. Che poi aggiunge: «I cittadini sarebbero stati chiamati a scegliere tra un programma di fatto superato e una rinuncia definitiva sull’onda dell’emozione, legittima, dopo l’incidente di Fukushima; abbiamo rivisto la nostra impostazione sul nucleare e rinviamo una decisione così importante a un chiarimento complessivo in sede europea». Dunque addio al referendum. Ma è addio definitivo anche al nucleare? Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ammette: «Non lo so». Il governo mantiene un margine di incertezza legato alle decisioni dell’Ue. Ma da Bruxelles il commissario all’energia Gunther Oettinger mostra una certa freddezza: «L’energia è competenza dei singoli Stati e sta a loro decidere se avere il nucleare o meno, noi stiamo attualmente sviluppando gli stress test per gli impianti nucleari esistenti nell’Ue che dovrebbero partire a giugno». Nel frattempo, sottolinea il presidente dell’Agenzia per la sicurezza sul nucleare, Umberto Veronesi, la ricerca italiana non deve fermarsi per non rimanere «esclusa dall’evoluzione scientifica del mondo civile». A giudizio di Veronesi, infatti, «la decisione del governo è comprensibile», ma «per risolvere il drammatico problema energetico del futuro dovremo pacatamente valutare i rischi e i benefici di tutte le fonti di energia, senza escludere il nucleare».
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