Firme false per Formigoni indagati 10 consiglieri Pdl

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MILANO – Ottocento firme false per poter accedere alle elezioni regionali lombarde. Che se si sommano alle richieste fatte agli “amici” della P3 per intervenire sui procedimenti giudiziari in corso su quelle liste e se si mischiano alla lotta intestina al centro destra per inserire nella lista Formigoni il nome di Nicole Minetti, una delle presunte protagoniste e organizzatrici del Bunga bunga, offrono uno sfondo non proprio rassicurante alle spalle del principe della politica lombarda, il governatore Roberto Formigoni. Ieri la procura di Milano ha notificato gli inviti a comparire a una decina di consiglieri provinciali e comunali del Popolo delle Libertà  che hanno autenticato, come fossero dei notai, le firme necessarie per presentare alle elezioni del 28 e 29 marzo 2010 la lista “Formigoni per la Lombardia”. Sono accusati di falso ideologico e dovranno spiegare come hanno potuto convalidare 800 firme (alcune anche della lista del Popolo della Libertà ), risultate invece finte alla luce delle indagini condotte dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo. E a dire che non sono autentiche non è la perizia di un esperto, ma centinaia di persone che in questi mesi sono state pazientemente sentite dai Carabinieri del nucleo di polizia giudiziaria di Milano e che una dopo l’altra hanno detto «quella firma non è mia». Ora gli “autenticatori” si troveranno di fronte una prova granitica, mentre Formigoni dovrà  risolvere il conseguente problema politico. «Chi raccoglie le firme non è il candidato presidente, ma i partiti. La questione – aveva liquidato la cosa Formigoni – è stata sollevata in campagna elettorale ed è stata respinta dal Tar e dal consiglio di Stato. E già  la corte d’Appello aveva giudicato le firme regolari». Ora però su 3.800 firme consegnate (ne servivano 3.500), quasi 800 sono false e i giochi si riaprono, alla luce delle denunce presentate dai radicali esclusi invece dalle elezioni Regionali. Del resto la raccolta delle firme avvenne in fretta e furia, perché a ridosso delle scadenze Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e Roberto Formigoni rivoluzionarono l’ordine dei candiadati per inserire la Minetti e il fisioterapista del premier, Giorgio Puricelli ai primi posti del listino e garantirne l’elezione. La lista, infatti, per i ritardi, fu prima esclusa e poi riammessa dal Tar e fu oggetto di un esposto dei radicali – a loro volta esclusi dalla consultazione – che ne contestavano l’autenticità . L’importanza delle scadenze e della raccolta delle firme tuttavia era ben chiara allo stesso Formigoni che da subito si era attivato presso «gli amici» della P3 in grado di avvicinare i giudici e conoscere le toghe che si sarebbero occupate del caso. Il primo marzo, Formigoni telefonava ad Arcangelo Martino, l’ex consigliere comunale campano: «Ma l’amico Lombardo è in grado di agire?». E Martino lo tranquillizzava: «Sì, sì, ma lui ha fatto già  qualche passaggio e sarà  lì». I controlli dei tabulati telefonici hanno confermato che a marzo, «Lombardo» (Pasqualino Lombardi, giudice tributario finito in carcere lo scorso 8 luglio insieme a Martino e Flavio Carboni nell’indagine romana sulla P3) si trovava a Milano e, in un frenetico lavoro telefonico, contattava il neoeletto presidente della Corte d’Appello, Alfonso Marra, e il sostituto procuratore generale, Gaetano Santamaria. Era ancora Formigoni a interessarsi perché il capo degli ispettori del ministero di Giustizia, Arcibaldo Miller, mandasse i controlli per verificare l’operato dei giudici e a chiederne conferma a Martino: «No volevo capire se nonostante la neve… ci saranno degli spostamenti verso il Nord?». E Martino: «Penso proprio di sì!».


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