Il premier tenta l’ultima mediazione con Umberto “Possiamo astenerci su tutti documenti”

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Non capisco ‘ste tirate di Umberto” Il Pdl non si pronuncerà  dunque su alcuna delle mozioni. Né sulle tre depositate dalle opposizioni per stanare la Lega (Pd, terzo polo e Idv), né su quella del Carroccio annunciata in serata dal Senatur. Ci hanno lavorato tutto il pomeriggio nella sede di via Bellerio lo stesso Bossi, Maroni, Calderoli e Giorgetti, subito depositata a Montecitorio a firma del capogruppo Reguzzoni. L’obiettivo, spiegano dal quartier generale leghista, è quello di conclamare il «no» ai bombardamenti ma al contempo di non mettere in crisi il governo. «Ora chi vuole votarla la voti – è il messaggio del leader Bossi ai suoi – Di certo, il 75 per cento della gente la pensa come noi». Un atto parlamentare in sei punti, illustrato oggi dalla Padania, col quale i Lumbard chiedono al governo che venga fissata la fine delle ostilità  in Libia, ma anche un «forte contenimento dei costi» delle operazioni per rispettare «i perimetri del bilancio». E ancora, il «blocco navale» rispetto al flusso migratorio, aiuti umanitari al Nordafrica, la ripartizione dei profughi tra gli stati che partecipano alla missione in Libia. Un testo che dalla sponda pidiellina, in serata, bollano poco più che come una «provocazione». Sul testo integrale difficilmente sarà  possibile trovare una mediazione, nonostante l’incontro già  previsto tra i capigruppo Cicchitto e Reguzzoni per martedì. Ma alcuni di quei punti sono considerati ricevibili da Palazzo Chigi. Su questo andrà  avanti la trattativa. Anche se il presidente del Consiglio si va convincendo ora dopo ora che la soluzione migliore sia schivare del tutto il voto sulle mozioni, ritenuto superfluo rispetto al via libera che il Parlamento ha già  dato il 24 marzo alla risoluzione Onu 1973 sull’intervento in Libia. Inutile dire che l’auspicio di Berlusconi sia quello che in extremis anche l’opposizione «più responsabile», Pd in testa, rinunci al proprio testo. Ma perché questo accada, ogni speranza viene riposta nella moral suasion che il capo dello Stato Napolitano potrà  e vorrà  esercitare prima del voto d’aula di mercoledì. Il Quirinale resta vigile, comunque preoccupato, consapevole però di aver detto e fatto quanto fosse opportuno, alla luce degli impegni presi dal Paese nel contesto Onu e Nato. Il premier, nonostante le rassicurazioni di ieri sera nella telefonata ai convegnisti di Gubbio («Con la Lega stiamo superando il problema») certo non si attendeva la determinazione con cui Bossi sta gestendo questa partita. In mattinata il premier aveva disertato la conferenza stampa al fianco della Brambilla a Palazzo Chigi sul rilancio di Lampedusa, preferendo evitare domande e ulteriori lacerazioni. «Conosco Umberto, meglio far trascorrere il week end e lasciarlo sbollire» confidava a un pontiere. Nessuna conferma fino a ieri, di un faccia a faccia chiarificatore tra i due, che qualcuno vorrebbe lunedì. Il presidente del Consiglio preferisce dedicarsi alle amministrative. Sente Francesco Storace, incontra il Guardasigilli Alfano, poi la Brambilla. «Abbiamo armato quattro bombardieri, non capisco questa tirata di Umberto – va ripetendo a tutti – la nostra posizione in fin dei conti non è cambiata. Rimetteremo le cose a posto, non è pensabile una crisi adesso». C’è il voto tra 15 giorni. E c’è anche un rapporto con le gerarchie ecclesiastiche da ricostruire, dopo mesi di scandali. Ecco perché, seguendo i consigli di Gianni Letta, dopo il faccia a faccia con il segretario di Stato vaticano Bertone di giovedì sera – in cui il premier ha sottolineato l’imminente approvazione del ddl sul biotestamento – Berlusconi ha dedicato l’intero pomeriggio a registrare interviste tv sulla beatificazione di Wojtyla. Preludio alla sua partecipazione alle celebrazioni ufficiali domani in Piazza San Pietro. Una riappacificazione indispensabile in vista delle prossime amministrative di maggio.


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