Italia: manifestazioni delle associazioni contro i tagli indiscriminati al welfare

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E’ stata questa la pacifica protesta del movimento “Il welfare non è un lusso” che oggi ha indetto mobilitazioni a RomaNapoli eGenova per chiedere al Governo il ripristino delle risorse economiche necessarie al settore. Promosse da diversi network sociali – tra cui le associazioni della campagna ‘I Diritti alzano la voce’ e del Roma Social Pride a cui hanno aderito tra gli altri AuserFishCNCAFederconsumatori – le manifestazioni hanno denunciato “l’’incredibile riduzione delle risorse dei fondi nazionali per le politiche sociali: i finanziamenti sono infatti passati dai 2 miliardi 527 milioni del 2008 ai poco più di 545 milioni previsti per il 2011”.

“Proprio nel momento in cui i cittadini dovrebbero poter contare sulle istituzioni per superare le gravi difficoltà  provocate dalla crisi economica, lo Stato batte in ritirata, lascia completamente sole le persone e le famiglie” – sostengono le associazioni nel manifesto diffuso in piazza (in .pdf). “Siamo al collasso. Saranno le persone più a rischio di emarginazione a pagare queste sciagurate scelte politiche” – sottolineano. La spesa sociale pro-capite, che finanzia interventi di assistenza e sostegno sociale, va infatti dai circa 33 euro della Campania ai 344 euro della Valle d’Aosta e continua ad essere molto più bassa nel Sud, nonostante da otto anni il Mezzogiorno cresca meno del Centro-Nord, con una povertà  diffusa che coinvolge quasi il 23% delle famiglie.

“C’è un disinteresse per i diritti sociali da parte della politica nazionale e locale che sta raggiungendo livelli particolarmente gravi” – ha detto Lucio Babolin, portavoce della campagna ‘I Diritti alzano la voce’. “Dinanzi a servizi che chiudono, bisogni fondamentali che non trovano risposta, organizzazioni sociali al collasso, non possiamo limitarci a esprimere una generica insoddisfazione. È necessario e urgente far sentire forte la propria voce. Vanno trovate risorse economiche significative per la tutela dei diritti sociali, definiti i livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, varato un piano contro la povertà , introducendo quel reddito minimo di inserimento di cui si è persa ogni traccia nel nostro paese. La carità  e il dono non bastano e non sono la risposta più adeguata a questioni che rimandano a ben precisi diritti, costituzionalmente sanciti”.

La manifestazione nella capitale si è svolta sotto il Campidoglio dove nel bel mezzo della scalinata campeggiava la scritta “Il welfare è un diritto, non è elemosina”. Sotto la sede del Comune gli operatori sociali e le famiglie di disabili si sono uniti per protestare contro i tagli ai servizi sociali. “Subiamo tutti tagli nazionali che colpiscono in primis il territorio e le sue persone: l’associazionismo locale, l’organizzazione e la qualità  dei servizi, la rete del lavoro di welfare” – ha spiegato Carlo De Angelis, portavoce del Roma Social Pride. “Roma poi ci ha messo del suo, attivando nuove politiche di organizzazione del welfare: tutto torna centralizzato e appaltato a macrostrutture. Sparisce il territorio, la persona, il servizio come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi. L’esempio è il bilancio di previsione 2011 che stanzia 187 milioni per le politiche sociali, con una spesa annua a persona di 53 euro rispetto ai 270 milioni del 2009 per un corrispettivo a persona di 77. Se questa tendenza venisse confermata è la vittoria della logica del risparmio”.

In un convegno l’Auser, ha presentato il IV Rapporto Nazionale sulla relazione fra Enti Locali e Terzo Settore (qui il Rapporto integrale) nel quale descrive un “quadro allarmante”: “I tagli inferti ai trasferimenti statali ai Comuni, la progressiva riduzione dei Fondi sociali, le nuove misure restrittive introdotte nel pubblico impiego, il dimagrimento degli organici pubblici imposto dal Patto di Stabilità , stanno provocando conseguenze devastanti nel sistema dei Servizi Sociali del nostro Paese” – sostiene l’Auser. “Per il 2011 si va verso un impoverimento dei servizi pubblici dei Comuni o l’innalzamento delle tariffe dei servizi. Con i comuni che puntano sempre di più sull’affidamento all’esterno dei servizi socio assistenziali, soprattutto alle associazioni, allo scopo di abbassare i costi con il ricorso al volontariato”.

Mentre, quindi, i cittadini possono contare sempre meno su una efficace rete di servizi socio-assistenziali pubblici, gli Enti locali sono spesso costretti a ricorrere alle associazioni di volontariato per la gestione di servizi sociali cosiddetti “integrativi”. Ma – denuncia l’associazione – “la legge di riforma dell’assistenza (328/2000) risulta largamente inapplicata, la co-progettazione e le capacità  progettuali del Terzo Settore sono mortificate”. Infatti i rapporti tra enti territoriali ed imprese sociali spesso si limitano all’affidamento della gestione dei servizi sociali in assenza di procedure codificate che promuovano la partecipazione di tali strutture alla fase di programmazione territoriale”.

E, come se non bastasse, spesso gli operatori sociali sono senza stipendio da mesi. Come a Napoli dove i lavoratori del settore non prendono lo stipendio anche sei-sette mesi mentre gli enti pubblici hanno ritardi insostenibili dei pagamenti a fronte di servizi già  erogati (anche di 24 mesi e non i 60 giorni delle direttive europee). “Se non si interviene entro qualche settimana, rischiano di restare senza lavoro tra i 7mila e i 9mila operatori sociali e senza assistenza circa 20mila persone, 50mila in Campania” – riporta una nota diffusa durante la manifestazione. “Quella del welfare sta diventando una questione di ordine pubblico” –ha spiegato Sergio D’Angelo, dal portavoce del movimento. “Molti servizi stanno andando avanti solo per la buona volontà  degli operatori, che hanno deciso di portarli avanti anche senza ricevere lo stipendio da mesi. Nessuno dei rappresentanti istituzionali, né locali né nazionali, si è reso conto di che cosa stiamo parlando: non si tratta di qualche progetto che rischia di saltare, ma della capacità  pubblica, vale a dire dello Stato e delle amministrazioni locali, di dare risposte adeguate ai bisogni delle persone”. Gli operatori sono decisi a tornare in piazza e a occupare altri monumenti (oggi uno striscione è stato esposto da un davanzale di Palazzo Reale) fino a quando non ci sarà  una risposta concreta alla loro vertenza. 


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