La collera infinita della città  martire

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Dopo le immolazioni ci saranno le morti per inedia? Sono già  troppi i morti di Kasserine per i quali i familiari chiedono giustizia al governatore, senza essere ascoltati. Qui, il nuovo governatore è un militare, mentre tutta l’amministrazione è ancora nelle mani degli ex nominati da Ben Ali. Anche se gli avvocati sono andati, carte in mano, a provare al governatore la corruzione di alcuni degli amministratori, sono stati invitati a rivolgersi al ministero dell’interno. Qui non è stata fatta nessuna inchiesta sui responsabili delle morti di tanti giovani e la popolazione è esasperata. Nessuno del governo, del dopo Ben Ali, è mai venuto in visita, almeno per conoscere i problemi della popolazione: disoccupazione e povertà . Che provoca molta collera, soprattutto fra i giovani. Cosa farete per ottenere qualche cambiamento? C’è chi fa lo sciopero della fame, chi sta preparando una seconda rivoluzione e chi pensa di andarsene. Dove? A Lampedusa, naturalmente. Un passaggio per Lampedusa «Ormai sono un morto vivente», ci dice un giovane. «A questo punto ci hanno ucciso anche la speranza – continua -, non posso continuare a sopravvivere solo grazie al contrabbando di hashish con l’Algeria». Kasserine è diventato il centro di passaggio del traffico verso l’Algeria. Ma quei soldi, dice il giovane, possono servire anche per partire. Come fai a trovare un passaggio per Lampedusa? «Ci sono gli organizzatori anche qui, basta avere 1.000-1.500 euro». E chi non li fa con l’hashish come li trova? «Vendendo gli elettrodomestici o qualsiasi cosa riesca a trovare nella casa dei genitori», è la risposta. La determinazione è la stessa in chi è pronto a morire di fame e chi a morire nella traversata verso Lampedusa, in chi è disposto a farsi uccidere dai cecchini che erano in azione durante la prima rivoluzione. Anche se la madre di uno dei martiri sostiene che non si possono vedere dei figli morire così per il paese senza ottenere nulla. oppure in mare mentre scappano dalla miseria. «Questa è una zona nel centro del paese che da sempre è abbandonata dai governi di Tunisi, fin dai tempi di Burghiba», dice un’avvocata. Anche lei ha avuto la tentazione di andarsene, ma non a Lampedusa bensì in Canada. Ma perché andarsene? In fondo lei ha un lavoro, ha vissuto la rivoluzione e non vuole abbandonare il campo. Le risorse ci sarebbero Eppure Kasserine è una zona con delle risorse: cave di marmo, cellulosa di buona qualità , le montagne sono una risorsa turistica oltre che luogo di sport e di cura per malattie respiratorie; la terra è molto fertile, quindi adatta all’agricoltura e si esporta un’ottima qualità  di mele. C’è inoltre un giacimento di petrolio, ma secondo alcuni studi le riserve sarebbero molto più ampie di quelle finora sfruttate. Risorse e quindi potenzialità  di lavoro, ma occorrono investimenti e progetti. Proviamo a suggerire ad alcuni giovani che protestano sulla piazza il fatto che il governo è fragile e di transizione, non si può pretendere che risolva problemi annosi in poco tempo. «Non vogliamo subito la soluzione, possiamo aspettare, ma vogliamo che i problemi vengano affrontati, non vogliamo sentirci abbandonati», racconta Ishawi, che si è laureato in economia nel 2005 ma non ha mai trovato lavoro. Ishawi e altri giovani con lui non si fidano più dei politici, anche di quelli nuovi ma che per loro sono comunque vecchi, e nemmeno del sindacato. Ma poi uno di loro viene a presentare un appello proprio mentre siamo riuniti (con la delegazione italiana che partecipa agli incontri del Forum Maghreb) nella sede del sindacato, l’Ugtt, che ha organizzato la visita nella città  dei martiri. La rivoluzione è in pericolo La situazione è molto tesa, la rivoluzione è in pericolo, ci dicono in molti, è appena all’inizio e bisogna stare attenti, «anche perché qui siamo stretti tra la Libia e l’Algeria, e poi nessun paese arabo vuole una Tunisia democratica», ci dice Salma. Una seconda rivoluzione servirà  a salvare la prima? A Tunisi è già  in corso la Kasbah 3, la terza fase. Come aiutare questi tunisini che danno grande prova di dignità  e volontà  di portare la loro rivoluzione al successo? Innanzitutto non screditandola come sta facendo Berlusconi, respingendo i migranti e imponendo ai tunisini, in cambio di una manciata di soldi, di organizzare forze per impedire la traversata. Tanto non ci riuscirebbero, anche se lo volessero. Se i soldi ci sono si possono investire in Tunisia, in molti modi che possono creare posti di lavoro. Ma innanzitutto i tunisini che incontriamo ci dicono di contribuire a dare una buona immagine del loro paese in modo che almeno il turismo possa riprendere, e questo sarebbe già  un grosso aiuto – il turismo è una voce importante del Pil – per una economia che sta languendo e un tasso di sviluppo che si avvicina allo zero.


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