La Nato: “Libia, gli alleati diano più aerei”

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La guerra di Libia da giorni è entrata in una fase di stallo. E’ una fase che dura da giorni, e che di fatto avvantaggia sempre più il regime di Gheddafi rispetto ai ribelli ma anche di fronte alla coalizione Nato che prova a colpire dall’alto il suo esercito. Per questo il vertice della prossima settimana a Berlino (una «ministeriale» fissata per il 14 e 15) sarà  il luogo giusto per prendere nuove decisioni. Il segretario generale dell’Alleanza Rasmussen anche con una serie di telefonate (per l’Italia Frattini) ha chiesto a tutti gli alleati di offrire nuovi aerei alla coalizione. Per sostituire i circa 100 aerei americani che sono stati ritirati dal teatro libico, ma soprattutto per rilanciare la campagna aerea contro obiettivi militari che sembrano sempre più imprendibili. «All’Italia non sono stati chiesti soltanto nuovi aerei, ma soprattutto un comportamento diverso», dice una fonte della Difesa: ovvero abbandonare la limitazione che non permette ai Tornado dell’Aeronautica e agli AV-8B della Marina di colpire i carri armati di Gheddafi. Ma ieri sera due agenzie di stampa, l’Ansa e l’Agi, fra mille cautele hanno anche rilanciato l’ipotesi che la coalizione possa prevedere una forza di terra, da schierare con un ruolo «umanitario». La risoluzione 1973 vieta espressamente le forze d’occupazione, ma poi prevede che tutte le misure possono essere prese per difendere la popolazione libica. Secondo qualcuno – quindi – una forza militare umanitaria, per proteggere la distribuzione di aiuti o l’evacuazione dei feriti, sarebbe possibile. «Al momento è assolutamente fuori dalla nostra programmazione», dice una fonte militare italiana, «per il momento pensiamo solo alla no-fly zone, alla missione di embargo marittimo e soprattutto alla gestione dei rapporti con i ribelli». E anche la Farnesina, rispondendo a una domanda della stessa Ansa, sostiene che al momento non sono allo studio della nato ipotesi che prevedono l’impiego di forze di terra». Vedremo come andrà  a finire: il dibattito sulla possibilità  di avere soldati in terra di Libia non è da scartare, soprattutto di fronte allo stallo e alla sopravvivenza di Gheddafi. E tra l’altro di sicuro la Nato i suoi piani li avrà  già  fatti, e anche da tempo. Quel che resta da capire è invece se davvero qualcuno degli alleati o dei paesi associati all’operazione Libia abbia iniziato a considerare politicamente l’eventualità  di dover essere costretti a schierare truppe di terra. Fino a ieri le polemiche e i problemi nella Nato continuavano ad essere sull’efficacia dei raid aerei e sugli errori che per la seconda volta in poche ore hanno portato all’uccisione di alcuni ribelli colpiti per sbaglio. Da Napoli il contrammiraglio Rass Harding (vicecapo dell’operazione) ha affermato che «la Nato non ha intenzione di chiedere scusa ai ribelli» per le vittime nell’attacco di Brega. Più tardi è dovuto intervenire il segretario generale Rasmussen in persona per attenuare la durezza delle dichiarazioni dell’ammiraglio inglese, evitando comunque di pronunciare la parola «scuse»: «Quello di Brega è stato un incidente molto sfortunato, mi rammarico profondamente per le vittime».


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