La protesta arriva a Damasco scontri con le forze di sicurezza

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DAMASCO – Lo spettro di una rivolta che afferri al cuore Damasco, balena ieri alle soglie della Città  vecchia si materializza quando un serpentone di giovani si avvicina a piazza Abbassyin, alle spalle di Bab Sharqi, la porta orientale nelle antiche mura. Venuti da Duma, la città -satellite a 20 chilometri di distanza, vogliono sfondare la “linea rossa” finora invalicabile: marciare sulla capitale. Sono un centinaio (Twitter parla di 100mila, le agenzie di stampa migliaia), ma al di là  del bisticcio sui numeri, l’audacia del drappello fa clamore perché non ha precedenti. Il fumo dei lacrimogeni arriva alla chiesa di Notre Dame, dietro l’angolo. Gli scontri a Damasco arrivano al termine di una giornata che vede migliaia sfilare in altre città , dal Nord al Sud, da Banias a Latakya, da Homs a Deir Ez Zor, dalla curda Qamishli a Harasta. Ma la scena è diversa dall’ultimo venerdì di sangue, quello dei 26 morti. Rispetto ai venerdì precedenti, quello odierno, sui social network ribattezzato «della tenacia», ha visto le forze di sicurezza comportarsi in modo relativamente meno violento nei confronti dei manifestanti, che in alcuni casi si sono limitati a scandire slogan «per la libertà » e in solidarietà  delle vittime «di Daraa e Banias», due delle tre città , rispettivamente a sud e nel nord-ovest, ancora assediate dall’esercito e presidiate da un massiccio schieramento di agenti. In altri casi, come a Homs, 180 km a nord di Damasco, e a Latakia, porto a nord-ovest di Damasco e terza città  ancora controllata dai blindati dell’esercito, testimoni oculari e numerosi video amatoriali pubblicati su Youtube – la cui autenticità  non può esser sempre verificata – riferiscono del ferimento di un numero imprecisato di dimostranti raggiunti da colpi di arma da fuoco sparati dalle forze di sicurezza. Da Berlino ieri sera, al termine di una riunione Nato, il segretario di stato americano Hillary Clinton ha esortato la Siria a interrompere la repressione delle manifestazioni di oppositori e a soddisfare le aspirazioni democratiche del paese. «Il governo siriano non ha risposto alle esigenze legittime del popolo siriano. E’ tempo che il governo siriano smetta di reprimere i suoi cittadini e inizi a soddisfare le loro aspirazioni», ha aggiunto Clinton. E Human Rights Watch, l’organizzazione di difesa dei diritti dell’uomo, ha accusato i servizi di sicurezza siriani di aver torturato numerosi manifestanti tra le centinaia di arrestati dall’inizio del movimento di contestazione un mese fa. Ieri a Dera’a dalla folla è spuntato anche Maen Aloudat, 51 anni, fratello di Haytham Manna, l’oppositore forse più virulento del regime e in esilio a Parigi. Fino a ieri Aloudat era fra i “desaparecidos”. E’ tornato con altri centinaia liberati dopo l’intesa di Dera’a. Per prima cosa, ringrazia gli shabab che hanno difeso la sua «liberazione, la Siria e la dignità ». Scandisce: «Suryia hurra li qul abnayha, Siria libera per tutti i suoi figli».


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