La retromarcia del governo stop alle nuove centrali nucleari

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ROMA – Il governo dice addio definitivamente al nucleare in Italia: il programma di realizzazione di centrali atomiche tramonta ancora prima di vedere la luce. La decisione è arrivata ieri con un emendamento al cosiddetto decreto omnibus in discussione al Senato: lo stesso che già  un mese fa aveva dato un primo parziale stop. La moratoria di un anno, infatti, decisa dopo la tragedia di Fukushima, è stata sostituita da un’abrogazione definitiva delle norme previste per la realizzazione di nuovi impianti. Ora il governo ha deciso di concentrarsi sulle fonti rinnovabili, con una strategia di politica energetica nuova e tutta da definire. E lo stop, di fatto, cancella anche il referendum del 12-13 giugno. La decisione, ancora prima che l’emendamento arrivasse in aula a Palazzo Madama, era stata anticipata da Giulio Tremonti. Parlando all’Europarlamento, il ministro dell’Economia aveva osservato come la tragedia giapponese imponesse «una riflessione economica e non solo» sul nucleare, ipotizzando anche il ricorso agli eurobond (i fondi garantiti dalla Ue) «per finanziare la ricerca di energie alternative». Poi è arrivato l’emendamento, che il Senato voterà  oggi, e che recita: «Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare». Il riferimento è al decreto del 2008, che fissava appunto i criteri per la scelta dei siti adatti alle nuove centrali. Il governo voleva realizzarne 8 entro il 2020 e addirittura aveva ipotizzato la posa della prima pietra entro la fine della legislatura nel 2013. In quel provvedimento, che nel tempo aveva già  subìto diverse modifiche, era stata inserita un mese fa la moratoria, trasformata ieri in un addio definitivo al nucleare. Ora il governo, che nei primi mesi di legislatura aveva puntato fortemente sul nucleare, resta di fatto con una politica energetica da rifare. «Con l’emendamento – ha precisato una nota di Palazzo Chigi – viene affidato al Consiglio dei ministri la definizione di una nuova strategia energetica nazionale che terrà  conto delle indicazioni stabilite dall’Ue e dai competenti organismi internazionali». Mandato al Consiglio dei ministri, dunque. E il ministro competente per l’energia, Paolo Romani, ha spiegato che «ora è importante andare avanti e guardare al futuro, impiegando le migliori tecnologie disponibili sul mercato per la produzione di energia pulita, in particolar modo per quanto riguarda il comparto delle rinnovabili». È già  pronta una nuova bozza del provvedimento sugli incentivi al fotovoltaico: sette miliardi all’anno e un obiettivo di 23 mila megawatt (il 25% del fabbisogno italiano) nel 2016. Intanto opposizione e fronte anti-nucleare esultano. Ma c’è chi avverte: la retromarcia del governo serve solo ad affossare i referendum. Quello sul nucleare e quello politicamente più delicato sul legittimo impedimento.


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