La soluzione boomerang

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E se la Francia decidesse di chiudere i valichi con l’Italia, inevitabilmente anche gli altri sarebbero spinti a prendere una misura analoga per salvaguardare il principio della libera circolazione almeno nel resto d’Europa. Non è un caso che ieri il ministro dell’Interno tedesco abbia definito «contraria allo spirito di Schengen» la decisione italiana di concedere la protezione temporanea agli immigrati irregolari provenienti dalla Tunisia. La Germania non sarà  la sola. Persino la commissaria europea, Cecilia Malmstrom, ha fatto parzialmente marcia indietro spiegando che la concessione della protezione temporanea a immigrati che, per ammissione stessa del nostro governo, non hanno alcun diritto all’asilo, è illegale e contraria alle norme europee. Nel giro di poche settimane il governo italiano è riuscito nell’impresa non facile di farsi dare torto da tutti, pur avendo buone ragioni sulla questione di fondo. Ma la strumentalizzazione cinica di una questione delicata come quella dell’immigrazione, se può fruttare un dividendo politico alla Lega sul fronte interno, suscita solo irritazione e ritorsioni quando viene usata a livello europeo. Tanto più che un governo conservatore come quello di Sarkozy, tallonato nei sondaggi dall’estrema destra di Marine Le Pen, non si fa certo dare lezioni da Maroni su come capitalizzare consensi strumentalizzando le paure della gente. Aveva ragione, inizialmente, l’Italia, quando ripeteva che la nuova ondata migratoria proveniente dal Nord Africa era un problema europeo che andava risolto in modo congiunto e solidale. Ma ha avuto torto Maroni quando, ai primi moti di piazza in Tunisia, è venuto a Bruxelles preannunciando l’arrivo di «centinaia di migliaia di profughi». Ad oggi i profughi arrivati in Italia sono circa ventimila. E meno del dieci per cento possono con qualche ragione invocare il diritto d’asilo. Gli altri, come riconosce il governo, sono «migranti economici» e, secondo le norme europee, devono essere rimpatriati. A questo punto avremmo avuto ancora ragione se avessimo chiesto, e preteso, l’aiuto dell’Europa per convincere la Tunisia a riammettere gli irregolari che aveva lasciato partire. Per questo la commissaria Malmstrom si è recata a Tunisi a negoziare con il governo. E aveva anche ottenuto un primo generico impegno alla riammissione. E invece, proprio quando si cominciava a intravedere una luce in fondo al tunnel, il governo ha giocato la carta furbetta dei permessi temporanei per favorire l’esodo degli irregolari verso la Francia e il resto d’Europa. La Lega non ha saputo resistere alla tentazione di utilizzare una contro l’altra le due realtà  che odia di più: gli immigrati e l’Europa. Bossi del resto lo aveva predetto: «Se Bruxelles non ci aiuta, li mandiamo in Francia e in Germania». Una mossa che rischia di ritorcersi contro di noi. Gli irregolari, infatti, che senza documenti di identità  e senza soldi verranno respinti dai Paesi confinanti, saranno rimandati in Italia. Ma a questo punto avremo perso le loro tracce e non potremo neppure rimpatriarli nei Paesi di provenienza. Ora è vero che, sulla questione emigrazione, l’Europa potrebbe e dovrebbe fare di più. Ma la storia di questa impotenza europea non comincia a Lampedusa. Ai tempi della guerra in Kosovo la Germania e l’Austria si sono prese centinaia di migliaia di profughi dai Balcani, senza che l’Italia muovesse un dito. Ai tempi della guerra in Iraq è stata la Grecia a subire l’invasione degli irregolari, e ancora la solidarietà  italiana non si è fatta vedere. Poi è toccato alla Spagna con l’esodo dal Marocco e dal Senegal. E nessuno dimentica l’esodo dall’Albania, che l’Italia affrontò e risolse con impegno e buona volontà  senza demonizzare Bruxelles. Ora pretendiamo che un Paese di sessanta milioni di abitanti, una potenza economica che fa parte del G7, venga messa in ginocchio da ventimila irregolari che non riesce a rimpatriare a tambur battente. Il problema è grave e reale, ma non abbastanza da farci isolare dal resto d’Europa.


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