L’ultima sfida degli Ogm in Cina il latte delle mucche diventa come quello umano

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ROMA – Il nome è efficace, e rinnova vecchi fantasmi: “Franken-mucca”. E come tutto ciò che è geneticamente modificato, in Europa scatena angosce. Di “Franken-mucche” in Cina ce ne sono già  trecento e, assicura lo scienziato Ning Ly della China Agricultural University (ovviamente pubblica), fra dieci anni avremo il loro latte nei supermercati del mondo. E il latte di mucca Ogm cosa offre in più? Grazie all’inserimento di proteine umane come il lisozima che protegge dalle infezioni e la lattoferrina che rafforza il sistema immunitario gli scienziati di Pechino sono convinti di aver trovato un latte paragonabile a quello materno. Il “latte di mamma” di derivazione vaccina potrà  essere dato ai neonati dalle donne che non possono allattare: nel “frank-milk”, infatti, si è alzato del 20 per cento il contenuto di grasso approdando a un prodotto, sostengono alla State Key laboratories for AgroBiotechnology, «sicuro come il latte materno». Le prime reazioni sono arrivate dal Regno Unito, patria della prima pecora clonata, Dolly. Helen Wallace di GeneWatch, organizzazione britannica che tiene sotto controllo gli sviluppi delle biotecnologie, dice: «Ci sono milioni di interrogativi sul fatto che il latte di queste mucche sia sicuro per gli esseri umani, è difficile verificarlo se non si fanno test su larga scala». La Reale società  per la protezione degli animali ha espresso dubbi sul processo di produzione delle mucche Ogm: «La prole degli animali clonati spesso ha problemi di salute, abbiamo veramente bisogno di questo latte?». In Italia la “filiera contro” si nutre dei sondaggi della Coldiretti: rivelano che tre italiani su quattro non vogliono il latte ottenuto da mucche biotech. «Gli Ogm oggi in commercio riguardano pochi prodotti, mais, soia e cotone, e sono diffusi nell’interesse di alcune multinazionali senza benefici riscontrabili dai cittadini». Poi c’è Federconsumatori, che con il presidente Rosario Trefiletti attacca: «Dico che sono quattro su quattro gli italiani contrari a qualsiasi forma di modificazione genetica dei prodotti alimentari, a maggior ragione per infanti: nessuno ha presentato studi che, rispetto all’Ogm, ci possono definitivamente tranquillizzare». Si dice tranquillo il professor Gilberto Corbellini, ordinario di storia della medicina (corso di laurea in biotecnologie) alla Sapienza di Roma: «Tonnellate di studi ci dicono che, dopo vent’anni, l’Ogm non ha provocato danni all’uomo. Appoggio la ricerca cinese, ogni disponibilità  di alimenti utilizzabili per nutrire neonati deve essere considerata una risorsa. Certo, immaginare di rifare il latte materno con due geni umani inseriti nelle mucche è pretenzioso, ma basta con le paranoie anti-Ogm. L’Unione europea ha speso 70 milioni di euro per arrivare alla conclusione che non c’è un solo esempio, oggi, che possa dirci che il “geneticamente modificato” è pericoloso. I farmaci che produciamo prendendo geni da pecore e mucche sono liberamente in commercio, il cibo no. Gli alimenti modificati non hanno le sostanze inquinanti dell’agricoltura chimica né batteri e tossine del cosiddetto cibo biologico. L’Ogm costa meno e fa guadagnare gli agricoltori: non è un caso che ci siano 15 milioni di contadini nel mondo che lo coltivano e che crescono ogni anno del 15%. Grazie alla lobby Coldiretti-Verdi-Slow food-Barilla fra cinque anni l’agricoltura italiana sarà  fuori dal mercato».


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