Le donne lavorano gratis tre ore più degli uomini

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ROMA – Tanto lavoro a casa gratis, poco lavoro fuori retribuito. Le italiane fanno i salti mortali per mettere assieme ufficio e famiglie, per coprire con la loro doppia attività  l’assenza di servizi dedicati ai bambini e agli anziani e la persistenza di una discriminazione di ruoli dura a morire. Il risultato è che ogni giorno sono occupate per oltre cinque ore in attività  che non garantiscono loro nemmeno un euro di paga. Tre ore e quaranta minuti in più di lavoro gratis rispetto agli uomini, che alle attività  non retribuite dedicano una media di un’ora e quaranta al giorno. A mettere in cifre la vita quotidiana di donne e uomini ci ha pensato l’Ocse (organizzazioni per la cooperazione e lo sviluppo economico) che, nel rapporto Society at glance fa i conti in tasca al lavoro delle famiglie compilando la graduatoria delle disparità  fra ruoli e paesi. Una classifica dove l’Italia spicca, visto che quanto a gap uomini e donne, nell’Ocse peggio di noi fanno solo l’India, il Messico, la Turchia e il Portogallo. Rispetto al passato, va detto, stiamo recuperando: le indagini Istat segnalano che se negli anni Novanta oltre l’80 per cento del lavoro domestico era svolto dalle donne, oggi quella quota si ferma al 71,5. Ma è indubbio che la corsa alla parità  da noi ha ritmi troppo lenti e che tanto resta da fare. In tutto il mondo, il lavoro non retribuito (che occupa circa il 15 per cento di una giornata) è considerato «cosa» da donne, più che da uomini, ma la differenza fra sessi, nella media Ocse si ferma a poco meno di due ore e mezza e i tutti nostri confinanti stano sotto quella quota. Nella Francia che fa tanti bambini e pure in Gran Bretagna, il gap uomo e donna è contenuto nelle due ore, in Germania si riduce di un altro quarto d’ora e che dire dei paesi nordici dove la differenza si dimezza? In Danimarca, per esempio, sia donne che uomini dedicano alle mansioni non pagate meno tempo, la differenza fra i due sessi c’è , ma si riduce a 57 minuti. Dietro le tabelle dell’Ocse c’è una diversa concezione della vita (in Italia si dedica più tempo alla cucina, ma in assenza di alternative assistenziali anche a bambini e anziani), dei ruoli, dell’occupazione e degli stipendi. Da noi le madri stanno a casa non sempre per gioiosa scelta, ma perché gli asili nido non ci sono e quando ci sono costano troppo: vista la differenza di stipendio fra uomo e donna, a lei, in termini economici può con convenire lavorare fuori. Una sorta di «compensazione» in realtà  c’è: le italiane vanno in pensione prima delle colleghe straniere e ci restano più a lungo. L’assegno non sarà  alto, visti i minori contributi, ma è destinato a durare nel tempo. Dal mix di minore anzianità  lavorativa e buona prospettiva di vita deriva infatti un record previdenziale: le donne italiane godono della pensione per 27 anni, la media Ocse si ferma a 23,3 anni. Per l’uomo italiano si parla invece di 22,4 anni, al secondo posto della classifica dopo la Grecia. La media Ocse si attesta appena sotto i 18 anni. L’alta divergenza fra uomini e donne è un fatto incide negativamente sulla crescita del paese e sulla natalità , pur se va precisato che il lavoro non retribuito dà  di per sé un contributo alla ricchezza nazionale: l’Ocse stima che valga in media un terzo del Pil, ma l’intervallo oscilla fra il 19 per cento della Corea e il 53 del Portogallo.


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