Mills, Parmalat e strage di Viareggio ecco l’amnistia del “Salva-Silvio”

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ROMA – È più di un’amnistia quella che colpisce la giustizia italiana con l’ingresso, nel codice di procedura penale, della prescrizione breve per gli incensurati. Sarà  del massimo della pena più un sesto, anziché un quarto, il tempo dato per esercitare l’azione penale. È un lutto gravissimo non solo numerico – almeno 15mila reati cancellati d’emblée da un giorno all’altro secondo il calcolo del Csm – ma qualitativo. Nonostante gli sia stato espressamente richiesto a Montecitorio, il Guardasigilli Angelino Alfano non ha ritenuto di fornire i dati dell’impatto della legge su tutti gli altri dibattimenti in corso in Italia, visto che è stata scritta per favorire Berlusconi e cancellare subito il processo Mills e tra un anno il caso Mediaset. Ieri, il ministro della Giustizia ha liquidato con un semplice «dissento» il parere del Csm sulla prescrizione breve in cui si parla di «amnistia». E i dati, secondo i suoi uffici, non sarebbero comunque facilmente reperibili. Al di là  del dato globale del Csm, è importante capire quanti e soprattutto quali processi saranno cancellati. Se il Consiglio parte dai 150mila processi che vengono azzerati per prescrizione in un anno e ritiene che un ulteriore 10% sarà  cancellato, il viaggio in periferia tra i fascicoli dimostra che l’impatto potrebbe essere maggiore. Il risultato è devastante non solo per il rilievo dei casi e per l’importanza degli imputati, ma soprattutto per le attese che i cittadini avevano riposto sulla certezza di avere giustizia. Eccoli, i processi di cui non vedremo la fine. Rilevantissimi. Hanno occupato la cronaca giudiziaria degli ultimi anni. Per fatti gravissimi che tutti gli italiani ricordano. Un colpo di spugna micidiale. A Firenze, il processo per il disastro ferroviario di Viareggio, 32 morti del tutto incolpevoli. A Napoli lo scandalo di Calciopoli, i processi per l’emergenza rifiuti, le truffe dei falsi invalidi, ma anche i reati di riciclaggio addebitabili alla camorra. A Bari, i due processi contro il ministro Raffaele Fitto e lo scandalo della sanità  dell’imprenditore Tarantini, quello che portava le ragazze a casa di Berlusconi. A Bologna al macero il caso di corruzione dell’ex sindaco Delbono, che ha diviso la città  in due, e quello per l’appalto dei tram su gomma in cui è finito anche l’altro ex sindaco Guazzaloca. Ma è a Milano e a Roma che la falcidie ingiustificata delle inchieste, di anni di lavoro di magistrati, diventa ancora più pesante. Perfino la truffa da 170 milioni di euro del Madof dei Parioli, quel Gianfranco Lande finito in manette solo pochi giorni fa, potrebbe finire in un flop. Sette anni di prescrizione fanno in fretta a passare, e sei mesi di sconto si fanno sentire. Tant’è che a Milano sono a rischio processi “pesanti” come Enipower, Parmalat, Antonveneta, Hdc. E a Roma il soffio di una possibile chiusura sibila sul crack Cirio, sul caso Bnl che vede alla sbarra i furbetti del Quartierino, su quello Billè. Si difende, chi ha sottoscritto la legge, dicendo che essa esclude i reati gravi e gravissimi. Ma è normale che a Palermo possa finire nel nulla un processo come quello per i 40 operai dei cantieri navali che sono morti d’amianto con addebito per i vertici della Fincantieri? O che possa chiudersi d’un colpo quello sul clamoroso buco finanziario dell’azienda municipalizzata dei rifiuti? Questo è politicamente singolare. Che chi ha votato contro l’indulto del 2006, polemizzando con la sinistra, adesso imponga a maggioranza semplice l’amnistia del 2011.


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