Nel cimitero dei clandestini dove le lapidi sono di carta

by Editore | 4 Aprile 2011 6:37

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Oggi, queste storie sono di bruciante attualità : fughe di massa, tensioni, morti. Persone. (Anche a Lampedusa ci sono migranti sottoterra, senza nome. In 13 anni, il guardiano del cimitero ha provveduto alla sepoltura di un’ottantina di corpi. E il settimanale Famiglia Cristiana, qualche giorno fa, ha invitato polemicamente il premier Berlusconi «a restaurare queste tombe, invece di pensare alla villa e al golf» ). Le foto scattate nel cimitero di Sicilia sono arrivate a noi, per caso. Non da un professionista. L’autore è Carlo Ottaviano, direttore del mensile Gambero Rosso, ragusano d’origine. Ma i suoi cari sono sepolti a Scicli. Racconta: «Avevo visto altre volte quelle lapidi. Avevo portato anche un fiore, come talvolta fanno altri visitatori. Lo scorso gennaio, d’istinto, mi è venuta l’idea di fermare le immagini» . Brandelli di vite misteriose come leggiamo sul foglio bianco di una delle tombe: cadavere di persona sconosciuta, sbarco Donnalucata. 04.12.2004. Con Sampieri e Cava d’Aliga, Donnalucata è una delle località  del comune di Scicli, dove approdano le barche degli extracomunitari. «Siamo più a sud di Tunisi e le spiagge sono uguali a quelle nordafricane — dice Ottaviano—. Ve n’è una, nei pressi di Punta Corvo, un tempo chiamata costa dei contrabbandieri, che è diventata punto di sbarco dei migranti» . Ma succede anche che il mare, oltre ai vivi, porti sulla sabbia i morti annegati. «Il naufragio dei senza nome che a Scicli tutti ricordano avvenne nel novembre del 2005 — spiega Adolfo Padua, ex sindaco della città  â€”. La carretta del mare proveniva da Malta, e numerosi furono i cadaveri ripescati vicino alla costa» . Aggiunge altri dettagli Giuseppe Savà , curatore di Scicli news: «Erano cinesi, tutti molto giovani, sui vent’anni. Non furono mai identificati e nessuno ha mai reclamato i loro corpi» . Così i ragazzi dell’Estremo Oriente finirono nel piccolo cimitero, accanto agli altri senza nome. Aggiunge Savà : «A onor del vero, si fece di più. Sulla facciata di un brutto palazzo di Scicli, uno degli sciagurati prezzi pagati alla modernità  edilizia, l’amministrazione comunale, il Natale dello stesso anno, provvide a collocare le luci, in loro memoria, che brillano nella notte» . E per tutti i morti che riposano nel cimitero siciliano, da qualche tempo si sta pensando a una sistemazione più degna. Forse una lapide collettiva, che ne tenga vivo il ricordo. Ma anche la comunità  dei vivi conta molti cittadini che sbarcarono sulla costa dei contrabbandieri. Lavorano nelle serre, gente tra la gente dei luogo. Elio Vittorini, ne Le città  del mondo (1969, uscito postumo), a proposito di Scicli scriveva: «Qui, ciascuno dev’essere come se fosse un re o un barone. Con tutti che lo chiamano Vossignoria. Con nessuno che può dargli del tu o trattarlo male. Con nemmeno il maresciallo che lo possa sgridare e insultare. Con niente che sia costretto a fare o non fare per paura…» .

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