Ore 10.30, inizia la missione dei top gun poi i caccia sganciano bombe su Tripoli
Un’ora per arrivare sugli obiettivi. “Ma per centrare i tank serviranno gli Harrier II” «Noi eravamo pronti da tempo: oggi abbiamo fatto per la prima volta quello che il governo ci ha autorizzato a fare solo da qualche ora: proteggere i civili libici massacrati da giorni e giorni dall’esercito di Gheddafi». Il colonnello dell’Aeronautica che parla a Repubblica non rivela nessuno dei dettagli più riservati che il governo vuole tenere segreti (per paura di Umberto Bossi). «Certo, c’è una seria questione di politica interna, sappiamo che c’è tensione con la Lega, ma noi eseguiamo solo gli ordini», aggiunge l’ufficiale, che poi però precisa: «Io però come tecnico e come cittadino devo dire che questa operazione militare non solo è giusta, ma viene anche condotta con una cura, con un’attenzione che voi neppure potete immaginare. E allora limitare a un ruolo accessorio gli aerei di una nazione in prima linea come l’Italia diventava sempre più un controsenso. Continuava ad alimentare la leggenda dell’Italia sempre incerta, schierata un po’ qui un po’ lì, come se stessimo con gli insorti e con Gheddafi allo stesso tempo. O magari con nessuno dei due…». I piloti dei due Tornado che ieri mattina sono decollati da Trapani-Birgi per colpire obiettivi militari in Libia quindi non avevano bisogno di nessun adattamento al nuovo tipo di missione. «Avevano volato nello stesso modo, sulle stesse rotte, verso gli stessi obiettivi che sino a ieri venivano soltanto sorvolati senza colpire», dice un ufficiale: i velivoli sono due Tornado IDS (interdition and strike), la versione multiruolo del 50esimo stormo della base di Ghedi. Sono velivoli costruiti per il bombardamento e per la «recco», la ricognizione supersonica. Come ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa, nel mirino sono finiti «obiettivi militari specifici e selezionati, o quelli che rappresentino una chiara e immediata minaccia o pericolo». Precisazione ripetuta in maniera ossessiva da La Russa al suo capo di Stato maggiore Biagio Abrate, che così l’ha ritrasmessa lungo tutta la catena di comando. Gli aerei sono decollati verso le 10,30, proprio mentre un caccia da difesa aerea F-16 era costretto ad abortire il decollo per un’anomalia (la pista di Trapani è rimasta bloccata per un’ora e mazza). In un’ora i Tornado sono arrivati nell’area di Tripoli, hanno sganciato le loro bombe guidate dal sistema Gps e in un’ora hanno fatto ritorno alla base. Un ufficiale dell’Aeronautica ormai fuori dalla forza armata (e molto scettico dell’uso che il governo ha fatto sino ad oggi dello strumento militare) ragiona sul tipo di obiettivi che potrebbero essere stati colpiti dai caccia italiani: «Sicuramente saranno ritornati ancora una volta su un centro di comando e controllo o su una caserma, perché con le bombe a guida GPS, che per quanto precise possono avere un errore anche di 2 metri, provare a colpire altro è molto difficile». Gli ordigni adoperati sono proprio bombe, non missili come pretendeva Silvio Berlusconi, perché non ci sono più in Libia target per i costosissimi missili del Tornado. «Sono le GBU-32 JDAM (Joint direct attack munition) a guida Gps, in grado di colpire uno o più obiettivi anche a 10 chilometri di distanza dalla verticale del lancio», dice un ufficiale dell’Aeronautica. Ma nei prossimi giorni l’Aeronautica e la Marina potrebbero essere chiamate a passare a una fase più aggressiva: per colpire i carri armati appostati nelle strade di Misurata o Zenten c’è bisogno degli «Harrier II» imbarcati sul Garibaldi o delle bombe GBU-16 «Paveway» a guida laser agganciate ai piloni dei Tornado. «Sarebbe una prosecuzione naturale delle operazioni», dice un colonnello dell’Aeronautica, «ma nessuno di noi militari sa capire cosa succederebbe nel governo».
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